La biodiversità può diventare un lavoro?
Spesso abbiamo sentito che la biodiversità è in crisi e che le specie stanno scomparendo. Tutto vero. Per invertire questa tendenza c’è una ricetta che viene dal mondo scientifico e che si basa su tre concetti chiave: conservare la biodiversità e mantenere l’ambiente in buono stato; monitorare le diverse specie e habitat per prevenire rischi di estinzione e riportare la biodiversità in aree degradate o rafforzarla in contesti dove è stata alterata (restoration ecology) affiche si possano creare degli ecosistemi robusti e resilienti.
Tutte queste indicazioni vanno messe in atto immediatamente per poter salvare la nostra preziosa biodiversità e per questo è stato creato un centro nazionale, il National Biodiversty Future Center (NBFC), che ha il compito di studiare e mettere in pratica le migliori strategie per tutelare la natura del Mediterraneo.
Così più di 2000 ricercatori lavorano insieme sulla biodiversità marina e delle coste, per proteggere le foreste, le aree umide e le zone di transizione. In NBFC c’è anche chi si occupa di biodiversità urbana, perché le città possono e devono diventare più verdi e ospitare ecosistemi resistenti all’uomo e capaci di promuovere servizi di valore come l’abbattimento dell’inquinamento, la riduzione delle temperature e supportare il benessere della persona.
In NBFC ci siamo tuttavia chiesti chi può fare tutto questo lavoro. La Comunità Europea ci chiede infatti uno sforzo importante: proteggere almeno il 30% del territorio e ripristinarne una quota analoga. Tutto questo entro il 2030.
La risposta di NBFC sono i giovani che hanno a cuore la natura. Per questo nel nostro centro sono quasi 600 i giovani arruolati e altrettanti collaborano con il centro per le attività di studio, ricerca e innovazione. Li vediamo all’opera in mare a monitorare pesci e praterie di alghe e piante, sono immersi nella macchia mediterranea a valutare i rischi di erosione e studiare strategie di conservazione.
Ragazze e ragazzi di NBFC sono impegnati a piantare alberi nelle città e nei laboratori di biotecnologie per studiare strategie per rigenerare biomasse di scarto o per progettare processi industriali sostenibili.
Tutte queste pratiche rientrano nei “green job” che sono le professioni alla base della transizione ecologica e che permetteranno la riconversione sostenibile delle imprese, e degli enti, e che, agendo sul territorio, genereranno valore dalla biodiversità e dall’ambiente.
Si va dal progettista del verde al tecnico degli ecosistemi. Troviamo poi l’esperto digitale che opera nei parchi e nelle risorse per un monitoraggio tecnologico. C’è chi si occupa di individuare composti e molecole utili dalla natura (Bioprospezione) e chi progetta e crea nuove specie per riforestare le città partendo dalle esigenze dell’ambiente. L’ingegnere del verde che progetta come riqualificare le coste ma anche quello che si ispira alla natura per generare nuovi materiali e robot (Biomimetica – biorobotica). Poi c’è chi si occupa di energia pulita studiando la fotosintesi delle piante, che è un processo perfetto, per trasformare energia luminosa in energia chimica.
I green job impattano in tutti i settori e NBFC sostiene anche attività rivolte al benessere della persona, promuovendo i percorsi formativi per giovani che vogliono occuparsi di fitotecnologie atte a ridurre l’inquinamento oppure per introdurre la biodiversità nei percorsi di riabilitazione e migliorare la qualità della vita dei cittadini.
Quanto vale questo contesto? Secondo Unioncamere, nei prossimi 5 anni il mercato richiederà 1,6 milioni di lavoratori in questo ambito oltre che l’acquisizione di competenze green anche da parte di coloro che sono già inseriti nel mercato.
Per NBFC significa poter dare un futuro di qualità a molti giovani e allo stesso tempo un impegno in formazione e comunicazione perché le tecnologie della biodiversità possano diventare una valida alternativa alle attuali pratiche produttive, inquinanti e insostenibili.
a cura di Massimo Labra e Ilaria Bruni