La lotta alla crisi climatica? Alessandro Gassmann: «Può portare posti di lavoro e benessere»
Dal 2019 il celebre attore Alessandro Gassmann ha scelto di accendere un faro – insieme al supporto scientifico del Kyoto club e in particolare di Annalisa Corrado, oggi europarlamentare – per valorizzare i buoni esempi della transizione ecologica: è nata così la comunità dei GreenHeroes, che da allora continua a crescere raccogliendo le migliori esperienze della green economy italiana.
Nel febbraio di quest’anno anche greenreport è stato chiamato a far parte dei GreenHeroes, come primo e finora unico giornale italiano, un’affiliazione che si è nuovamente consolidata a maggio in seno al nostro nuovo editore Sicrea.
Intervista
Com’è nato il sodalizio tra lei e Annalisa Corrado, che dal 2019 portate avanti il progetto GreenHeroes col supporto scientifico del Kyoto club?
«È una bella storia nata in rete, sul social che una volta si chiamava Twitter. Stavo cercando qualcuno che mi aiutasse a utilizzare la mia notorietà per una causa importante come la lotta ai cambiamenti climatici, per trovare soluzioni ai danni che abbiamo arrecato al nostro ecosistema. Così ho conosciuto Annalisa, sono stato fortunato: le ho chiesto di farmi incontrare chi affronta scientificamente il problema, per capire qual è davvero la situazione e quali sono le possibilità per aiutare. Lei mi ha portato al Kyoto club e da lì è nata l’idea dei GreenHeroes, per fare informazione su quali sono le soluzioni che si possono dare alla crisi climatica. Si tratta di mostrare che non solo è possibile rallentare i cambiamenti climatici ma anche che farlo può portare posti di lavoro e benessere».
Con l’elezione di Annalisa Corrado all’Europarlamento, adesso una nuova voce dell’ambientalismo scientifico può rappresentare l’Italia in Ue.
«Sì, ha fatto un grande risultato con circa 50mila preferenze. Annalisa è una persona seria, perbene, onesta e una grande divulgatrice: penso che la sua presenza in Europa sarà molto utile, non soltanto all’Italia ma anche al continente, perché come vediamo i tempi sono maturi per affrontare un cambiamento che ancora i governi stentano ad offrire ai propri cittadini».
Ogni settimana presenta su Il venerdì di Repubblica un nuovo eroe verde. Si aspettava di scoprire così tante, singole eccellenze lungo lo Stivale?
«Non me l'aspettavo, anche se era auspicabile. Mi fa piacere vedere che spesso voi GreenHeroes siete giovani, e in molti casi donne. Anche se disorganizzato e in alcuni casi disastroso, il nostro Paese in questo senso è virtuoso e ha sempre dimostrato di avere esempi straordinari da offrire; sono molto contento di poter continuare a raccontarlo, con l'aiuto di Annalisa, Francesco Ferrante, Roberto Bragalone e di tutti gli altri che partecipano alla ricerca dei GreenHeroes che si impegnano sul campo».
In cinque anni però un solo giornale, greenreport, è stato scelto tra i GreenHeroes. Cosa servirebbe per migliorare l’informazione e la comunicazione sullo sviluppo sostenibile?
«Secondo me ci vuole ci vuole lungimiranza, ci vuole cultura, cosa che ad esempio questo governo stenta a dimostrare forse ancora più di chi l'ha preceduto, anche se pure gli esecutivi precedenti non hanno particolarmente brillato in questo senso. Ci vogliono rispetto e attenzione verso i giovani, che saranno poi i principali beneficiari delle eventuali soluzioni adottate per lottare contro i cambiamenti climatici: i giovani non hanno ancora vissuto il proprio futuro, e rischiano di trovarlo fortemente compromesso se continueremo a comportarci come facciamo ancora oggi. Non stupisce che siano soprattutto i giovani e giovanissimi a creare movimenti e a scendere in piazza per porre l’accento su questi problemi che saranno a un certo punto, non troppo lontano, i problemi di tutti».
“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”, scriveva Brecht. Cosa manca all’Italia per rendere la green economy la nuova normalità, anziché una pratica eroica?
«Ci vorrebbe meno disinformazione, meno greenwashing, più attenzione a partire dalle scuole. Bisogna fare sensibilizzazione, ma farla senza spaventare. Non si convince un negazionista ripetendogli che morirà sotto un'alluvione o di siccità: bisogna spiegargli che il cambiamento porterà ricchezza, posti di lavoro e possibilità per il futuro maggiori, anche per lui».
Non c’è transizione ecologica senza lotta alle disuguaglianze, ed è in crescita il consenso (scientifico, istituzionale e popolare) verso una tassazione maggiore e progressiva verso i grandi redditi e patrimoni. Cosa ne pensa?
«Sono totalmente d’accordo. Questo è proprio il momento in cui chi ha di più deve aiutare chi ha di meno, e quindi colmare le disuguaglianze. Le democrazie occidentali perdono terreno perché si stanno letteralmente trasformando in forme quasi aristocratiche di governo, dove ci sono manager-politici che guadagnano migliaia di volte più di un normale operaio o di un normale contadino o bracciante. Non è possibile un atteggiamento simile, soprattutto in momenti difficili come questi. Tutte le proposte che vanno verso una tassazione dei super ricchi o anche dei molto benestanti, nei quali rientro anch'io, sono auspicabili e necessarie».
È un approccio che fa onore al portabandiera dei GreenHeroes.
«Dico delle cose che per me appaiono come delle banalità, che non vogliono applausi. La mia è veramente una sincera preoccupazione e una voglia di partecipare a un cambiamento che sento – perché mi sono informato e continuo ad informarmi da anni – fondamentale per il futuro, essenzialmente di mio figlio. Questo è un discorso molto meno generoso, che però dovrebbero fare tutti coloro che hanno figli, nipoti o comunque qualche giovane caro; altrimenti il loro affetto verso queste persone sarebbe ingiustificato, o comunque molto meno di valore».
Anche il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, osserva che una sensibilità ambientale è in crescita nel Paese, anche se i cittadini-elettori tendono spesso a dimenticarsene quando sono chiamati a esprimere il proprio voto.
«Diciamo che le ultime tornate elettorali hanno dato risultati contraddittori in questo senso, in alcuni casi confortanti ma in altri sconfortanti. In questi giorni leggevo ad esempio della proposta avanzata dalla Lega per inserire lo stambecco tra le specie cacciabili, così come anche i lupi… si tratta di un ritorno alle barbarie, allo smettere di ragionare per cedere all’istinto animale, che è proprio quanto non ci serve – e va combattuto – in questo momento».
Al contempo si stanno sviluppando anche polemiche pretestuose, magari contro le fonti rinnovabili per il loro presunto assalto al paesaggio, che vede invece come prima minaccia la crisi climatica.
«Il nostro Paese non può più essere devastato nella sua bellezza perché lo è già stato dall’abuso di cementificazione e dall’inquinamento; in un contesto simile additare il necessario cambiamento verso le rinnovabili come se fosse una rovina per il paesaggio è assolutamente fuori luogo. È uno stratagemma utilizzato da chi non ha informazioni precise al riguardo o da chi è in malafede e colluso con quanti producono e vendono le energie fossili dannose per il nostro pianeta. Basti osservare quanto sta accadendo in Sicilia a causa della siccità».
Quella in Sicilia è una crisi che ci ricorda quanto potremmo fare contro la crisi climatica: non solo tagliare le emissioni di gas serra usando fonti rinnovabili anziché fossili, ma anche mettere in campo un Piano nazionale per la sicurezza idrica e idrogeologica.
«Leggevo che in Sicilia oltre il 51% dell’acqua immessa in rete viene persa a causa di acquedotti colabrodo. È l’ennesima dimostrazione che, se vogliamo farci considerare un Paese serio, dobbiamo aggiustare e riparare anziché pensare a infrastrutture del tutto inutili come il ponte sullo Stretto di Messina».