C’è Puzza di Gas: preoccupanti le dispersioni di metano in Piemonte
La seconda edizione di “C’è Puzza di Gas. Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso”, la campagna d’informazione e sensibilizzazione sui rischi legati alle dispersioni e agli sprechi di gas fossile promossa da Legambiente con il supporto di Clean Air Task Force (Catf), fa tappa in Piemonte e denuncia dati preoccupanti emersi dai monitoraggi condotti tra il 9 e l’11 maggio in diversi impianti da fonti fossili nella regione, tra Torino, Novara e Domodossola: «Su 15 impianti monitorati grazie alla termocamera per la rilevazione ottica di gas “Flir GF320” sono state trovate emissioni in 12 di questi, individuati in totale circa 42 punti di emissione, dei quali 9 casi di venting (rilascio diretto di metano in atmosfera) e circa 33 perdite in differenti componenti delle infrastrutture (bulloni, valvole, giunture, connettori, flange e contatori)».
Gli ambientalisti avevano due osservati speciali: «La centrale di compressione di Masera (Vco), porta di accesso del gas proveniente da Olanda e Norvegia, gestita da Snam in cui, nonostante la distanza dalla componentistica, sono stati individuati 5 casi di venting e una perdita. E l’impianto di Regolazione e misura nei pressi di Pernate (NO) dove sono stati trovati 2 venting e almeno 10 perdite (ma potrebbero esserne molte di più poiché l'identificazione delle perdite è stata resa difficile dalla nube di gas data dalla quantità ingente di metano emesso da più punti dell'infrastruttura che ha saturato le immagini della termocamera)».
Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente, sottolinea che «i monitoraggi in Piemonte che si aggiungono a quelli già condotti tra Sicilia, Basilicata, Campania e Abruzzo testimoniano come il problema delle dispersioni di gas metano riguardi l’intera filiera del gas fossile in tutto il Paese. Un tema prioritario, su cui è urgente intervenire per ragioni climatiche e di sprechi di risorse, e oggi al centro di tutte le politiche energetiche italiane con in programma nuove infrastrutture e nuovi accordi. Pertanto, l’Italia può giocare un ruolo ambizioso e da protagonista, non solo recependo in tempi brevi il nuovo Regolamento europeo in tema di emissioni appena concluso il suo iter di approvazione, ma anche migliorandolo nei diversi aspetti ancora critici».
Il Piemonte è la terza Regione a produrre più energia a livello nazionale, con 26,1 TWh di elettricità generata nel 2022, della quale il 75,8% proveniente dal comparto Termoelettrico dove il gas fossile è la principale fonte energetica utilizzata, con 17,4 TWh prodotti responsabili di 6,60 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Non a caso, il Piemonte è la terza regione italiana con i consumi più alti di gas: ben 7,3 miliardi di metri cubi nel 2022, dei quali la maggior parte vengono distribuiti per uso domestico (3,1 miliardi) e utilizzati nel comparto termoelettrico (3 miliardi). Un comparto, quello termoelettrico fossile, destinato ad espandersi: 5 i progetti di revamping su centrali a gas già esistenti approvati dal Mase dal 2020 ad oggi, di cui 4 si sono aggiudicati l’asta del Capacity Market del 2024 e quindi godranno di incentivi statali. Senza considerare poi che la Regione è la porta di accesso del gas proveniente da Olanda e Norvegia, che passando attraverso la Centrale di Compressione di Masera entra nella rete nazionale di gasdotti italiana. Un nodo che, dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina e in linea con la strategia di diversificazione delle forniture dalla Russia, ha visto la quantità di gas trasportata più che triplicata con 7,6 miliardi di metri cubi importati nel 2022 e 6,6 miliardi di metri cubi nel 2023.
Sergio Capelli, direttore Legambiente Piemonte, dice «no alle fonti fossili in Piemonte e ai nuovi 5 progetti approvati dal Mase di revamping su centrali a gas già esistenti di cui 4 già aggiudicatori di incentivi statali –Vogliamo che altri siano i motivi per cui venga riconosciuto il Piemonte, non porta d’accesso del gas, ma terreno fertile delle rinnovabili e promotore del futuro energetico e sostenibile del Belpaese. La nostra Regione è in deficit energetico, ovvero produce meno energia di quella che consuma e solo il 31,5% (al 2022) proviene da fonti rinnovabili, in maggioranza da idroelettrico. È tempo di fare un salto in avanti con decisione e coraggio verso la decarbonizzazione».
Il regolamento europeo sulle emissioni di metano è stato votato ad aprile dal Parlamento Europeo e passerà per il Consiglio per l’approvazione finale. Però, per il Cigno Verde «nonostante sia un importante passo in avanti, prevede delle tempistiche troppo dilatate e non interviene in maniera sufficientemente ambiziosa. Prima del 2030 non verranno introdotti standard sulle importazioni di gas. Standard che se applicati immediatamente potrebbero garantire un risparmio di 90 miliardi di metri cubi di gas, pari a 54 miliardi di euro l’anno, evitando il 30% delle emissioni di metano globali dal settore del gas e del petrolio. L’introduzione di questi standard dopo il 2030 è in pieno conflitto con gli obiettivi fissati nell’ambito della Global Methane Pledge, oltre che un’enorme occasione persa in termini di risparmio di risorse. A queste si aggiunge l’intenzione di scaricare i costi dell’implementazione del regolamento sulla cittadinanza e un diffuso ricorso alle eccezioni (tra le più preoccupati la possibilità per l’operatore di ridurre la frequenza delle attività di rilevamento e riparazione delle perdite, anche fino a 36-60 mesi, qualora dimostrasse una bassa percentuale di perdite su una determinata infrastruttura nei precedenti 5 anni)».