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Guerra Russia – Ucraina: la situazione alla centrale nucleare di Kursk è seria

La guerra sta facendo emergere il rapporto incestuoso tra nucleare civile e militare
 |  Inquinamenti e disinquinamenti

Il direttore generale dell’International atomic energy agency (Iaea), Rafael Maiano Grossi, ha ritenuto così grave k la situazione della centrale nucleare di Kursk (KNPP), nel territorio della Federazione Russa sotto attacco ucraino, da dover guidare personalmente la missione dell'Iaea chiesta da Mosca.

Grossi ha sottolineato che «La sicurezza di tutte le centrali nucleari è di fondamentale importanza per l'Iaea. Da quando si sono verificati nuovi sviluppi e sono aumentati i livelli di attività militare nelle vicinanze della KNPP, ho seguito da vicino gli sviluppi sul campo, in particolare per quanto riguarda l'impianto. E’ importante che quando l'Agenzia è chiamata a svolgere il suo mandato per garantire che il nucleare venga utilizzato in modo pacifico, noi siamo presenti. E’ anche importante che quando la comunità internazionale avrà bisogno di una valutazione indipendente della sicurezza e della protezione di un impianto nucleare, noi saremo lì. L'unico modo in cui l'Iaea può convalidare le informazioni è quando avremo l'opportunità di valutare in modo indipendente cosa sta accadendo».

Il direttore generale dell’Iaea ha ribadito che «La sicurezza e la protezione degli impianti nucleari non devono, in nessun caso, essere messe a repentaglio. E’ fondamentale che ven9gano rispettati i sette  pilastri indispensabili della sicurezza nucleare durante un conflitto armato e i cinque principi concreti , stabiliti per proteggere la centrale nucleare di Zaporizhzhya ma applicabili a qualsiasi centrale nucleare».

Ma la situazione che ha trovato Grossi a Kursk non rispetta i pilastri e i principi dell’Iaea: «Le azioni militari in corso nei pressi della centrale nucleare russa di Kursk comportano il rischio di un incidente nucleare», ha dichiarato dopo aver visitato l’impianto vicino alla città di Kurchatov, dove Kiev ha lanciato un'offensiva  all'inizio di agosto. Il governo russo ha accusato le truppe ucraine di aver preso di mira la centrale nucleare con dei droni, uno dei quali sarebbe caduto accanto al deposito di combustibile esaurito la scorsa settimana.

Grossi ha confermato che gli attacchi sono avvenuti e ha ribadito che la centrale nucleare di Kursk è così vecchia che il suo design non include alcune delle protezioni che avrebbe un impianto nucleare più moderno: «Ad esempio, non ha cupole per proteggere i suoi 4 reattori in caso di un incidente grave, come un aereo che si schianta contro di essa».

In un comunicato la compagnia statale atomica russ Rosatom  sottolinea che «Rafael Grossi si è assicurato che l'unità n. 3 della centrale nucleare di Kursk continui a funzionare alla sua capacità installata e che l'unità n. 4 sia sottoposta a manutenzione programmata. Al direttore generale dell'Iaea sono state mostrate le caratteristiche di progettazione dei reattori di tipo RBMK. La delegazione ha inoltre preso conoscenza dello stato di avanzamento della costruzione della centrale nucleare di Kursk-2, che prosegue come previsto.

Il direttore generale dell'Iaea ha visto personalmente le tracce degli attacchi effettuati dalle forze armate ucraine sul sito industriale della centrale nucleare di Kursk e ha avuto l'opportunità di valutare i rischi per la sicurezza nucleare creati dagli attacchi all'impianto».

Il capo dell'Iaea ha spiegato che il paragone da lui fatto in precedenza tra la centrale di Kursk e la centrale nucleare di Chernobyl «Non dovrebbe essere interpretato nel senso che un incidente presso la struttura di Kursk sarebbe della stessa portata del disastro di Chernobyl del 1986. Tuttavia, l'agenzia è determinata a mitigare i rischi. Questo conflitto, questa guerra non è responsabilità dell'Iaea. Quel che è responsabilità dell'Iaea - e noi ci assumeremo questa responsabilità - è assicurarsi che non si verifichi alcun incidente nucleare. Il mio messaggio sarebbe stato lo stesso ovunque».

Quel che però Grossi evita sempre di affrontare è l’enorme rischio rappresentato dalle centrali nucleari in caso di guerra e il rapporto incestuoso tra nucleare civile e militare che la guerra in Ucraina – e ira in Russia – sta facendo emergere in maniera eclatante.  Pensare di realizzare nuove centrali nucleari in altri Paesi instabili politicamente o in guerra – come se non bastassero Israele, Pakistan e India – non sembra una buona idea per il futuro del pianeta.

Nikolai N. Sokov  un ricercatore senior del Vienna Center for Disarmament and Non-Proliferation che ha lavorato al ministero degli esteri dell’Unione Sovietica e poi della Russia, partecipando ai negoziati START I e START II, scrive su Bullettin of the Atomic Scientists che «La minaccia nucleare russa è stata persistente, con alti e bassi per tutta la guerra, con picchi nell'autunno del 2022 e nella primavera del 2024, quando la retorica ufficiale russa era più forte. (La retorica non ufficiale e semi-ufficiale non si è mai fermata.) Questa minaccia tuttavia, è stata rivolta esclusivamente ed esplicitamente all'Occidente, agli Stati Uniti e ai suoi alleati. Anche la primissima dichiarazione di Putin che annunciava l’"operazione militare speciale" conteneva un messaggio all'Occidente: "Non interferire". Questo non sorprende: in Russia la guerra è concettualizzata come una guerra per procura con la NATO. Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha ripetutamente affermato, più di recente a marzo e giugno di quest'anno, che il coinvolgimento dell'Occidente ha trasformato la cosiddetta "operazione militare speciale" della Russia ("SVO" in Russia) in una guerra su vasta scala. Di conseguenza, l’avvertimento nucleare è stato rivolto all'Occidente».

Per Sokov, «L'operazione ucraina a Kursk può comportare alcuni rischi, ma tali rischi sono diversi da quelli comunemente e frettolosamente ipotizzati in merito all'uso del nucleare contro l'Ucraina. La preoccupazione principale della Russia è il possibile coinvolgimento occidentale nella guerra a fianco dell'Ucraina, che può cambiare le sorti della prima linea. La causa più visibile di tale preoccupazione è la fornitura di moderne armi occidentali all'Ucraina, tra cui missili a lungo raggio in grado di colpire in profondità il territorio russo».

Sokov ricorda che «I russi ripetono spesso che uno stato nucleare non può essere sconfitto. Questo è vero solo in una certa misura, ma c'è consapevolezza al Cremlino e oltre che la sconfitta nella guerra in corso non può essere tattica. Non solo porrà fine al regime politico, che il Cremlino equipara alla sovranità, ma le conseguenze influenzeranno l'intero Paese per decenni. Se la Russia si considera di fatto in guerra con gli Stati Uniti e la NATO e crede che l'Occidente cerchi la sua "sconfitta strategica", allora le armi nucleari entrano legittimamente in gioco ai sensi dell'attuale decreto del 2020 sulla deterrenza nucleare e della dottrina militare del 2014. Questa è esattamente la situazione che gli Stati Uniti hanno cercato di evitare: all'inizio della guerra, il presidente Joe Biden ha preso una posizione ferma sul fatto che gli Stati Uniti non erano in guerra con la Russia, riferendosi direttamente al rischio di escalation. Nell'autunno del 2022, quando Washington era più preoccupata per un uso del nucleare russo contro l'Ucraina, Biden ha stimato che il rischio di una guerra nucleare fosse al massimo dalla crisi missilistica cubana del 1962. Dopo che la situazione si fu in qualche modo calmata, rivide tale valutazione e nell'estate del 2023 dichiarò che non vi era alcuna prospettiva che la Russia utilizzasse armi nucleari».

Sokov conclude: La dottrina nucleare russa stessa offre un criterio, la minaccia alla sovranità e all'integrità territoriale, che è molto vago e soggetto a interpretazione. Gli avversari sono costretti a indovinare cosa la leadership russa potrebbe determinare come una situazione critica. Un comportamento razionale in condizioni di incertezza è muoversi con cautela. Ad esempio, nonostante le critiche da più parti, gli Stati Uniti hanno aumentato l'assistenza all'Ucraina in modo frammentario, assicurandosi di valutare la reazione russa a ogni nuovo passo. La stessa leadership russa potrebbe non sapere cosa costituisca esattamente una linea rossa. Finora, sembra esprimere tale giudizio a posteriori, valutando ogni nuovo livello di assistenza per determinarne l'impatto sul corso della guerra. Se e quando tale impatto raggiungesse un livello che mette la Russia sull'orlo di una "sconfitta strategica", potrebbe essere classificato come se avesse oltrepassato una linea rossa (…) L'attraversamento di una linea rossa nella guerra in Ucraina potrebbe non comportare l'uso nucleare. Un'eventualità più probabile è un'escalation che inizia con qualcosa di relativamente piccolo, ma visibilmente consequenziale. Ad esempio, la Russia potrebbe abbattere un veicolo aereo senza pilota Global Hawk sul Mar Nero o impegnarsi in uno scontro sul o sopra il Mar Baltico o colpire le risorse ucraine fuori dall'Ucraina, poiché la possibilità di basare gli F-16 fuori dall'Ucraina è ancora in discussione. La NATO non sarà in grado di rifiutarsi di reagire, forse avviando un'escalation, su cui Mosca probabilmente continuerebbe a premere, indicando chiaramente che la scala dell'escalation termina con l'uso del nucleare. Tale comportamento sarebbe in linea con il concetto di "de-escalation". Questo termine non esiste nei documenti ufficiali russi, ma l'essenza è lì: si prevede che la minaccia dell'uso del nucleare costringerà l'Occidente a ritirarsi, perché si ritiene che la sua posta in gioco nel conflitto sia inferiore a quella della Russia nella guerra in Ucraina. Mentre l'offensiva di Kursk è ancora in corso, la situazione sul campo rimane difficile e fluida. Ma almeno finora, non sembra sufficientemente minacciosa per la Russia, suggerendo agli alleati occidentali che la probabilità di un'escalation è bassa».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.