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Lo sviluppo delle fonti rinnovabili e del riciclo è sempre più essenziale per la sicurezza Ue

Materie prime critiche e combustibili fossili, la guerra in Ucraina ora passa dalle vene della Terra

La maledizione delle risorse torna a colpire, stavolta nel cuore di un’Europa schiacciata nell’inedita morsa tra Usa e Russia
 |  Green economy

Com’è evidente dopo appena un mese dall’insediamento di Donald Trump come 47esimo presidente Usa, la guerra iniziata con l’invasione russa dell’Ucraina è entrata in una nuova fase: Trump ha riabilitato il presidente russo Vladimir Putin avviando discussioni trilaterali in Arabia Saudita tra funzionari dei tre Stati, per avviare dei negoziati di “pace” che al momento stanno tenendo ai margini sia l’Ue sia soprattutto la stessa Ucraina. A margine dell’incontro a Riyadh, Putin ha colto la palla al balzo affermando che queste discussioni trilaterali dovrebbero essere replicate anche per quanto riguarda il mercato energetico globale, ancora dominato dai combustibili fossili nonostante la rapida crescita delle fonti rinnovabili.

I combustibili fossili rappresentano il naturale terreno di confronto tra Russia (che detiene le maggiori riserve di metano al mondo) e Arabia Saudita (al secondo posto dietro il Venezuela per riserve di petrolio), due dittature cui adesso rischia di affiancarsi un Paese che sta rapidamente scivolando verso l’autoritarismo: gli Usa, ovvero il primo produttore di metano e petrolio al mondo. Fino a un mese fa sarebbe stata fantascienza vedere gli Stati uniti seduti al tavolo dell’Opec+, il cartello che controlla il prezzo del petrolio chiudendo o aprendo alla bisogna i rubinetti della produzione, ma con Donald Trump nessuno scenario può essere escluso.

L’Ucraina sta rapidamente affondando in questo pantano politico, mostrando una versione 2.0 della maledizione delle risorse, che si verifica quando l’abbondanza di materie prime porta all’instabilità politica – se non al collasso – dello Stato che le custodisce. Nel caso ucraino, le risorse in ballo sono particolarmente cospicue, spaziando dai combustibili fossili alle materie prime critiche.

Dopo aver minacciato di prendersi con la forza la Groenlandia – anch’essa una potenza mineraria, ancora inesplorata – Trump ha chiesto all’Ucraina l’equivalente di 500 miliardi di dollari in risorse naturali come compenso per gli aiuti militari forniti dagli Usa, un’ipotesi rifiutata dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky (che ha ricordato come gli Usa abbiano peraltro fornito aiuti per “soli” 98 mld di dollari finora).

Non è un caso che, sin dall’invasione iniziata nel 2022, anche la Russia abbia concentrato gli attacchi in Ucraina nelle regioni ricche di risorse di Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporizhzhia, dopo la Crimea e il Mar Nero aggrediti nel 2014: «Queste aree marine e territori di confine, ricchi di idrocarburi e minerali critici come grafite, litio e uranio, non sono solo fondamentali per la sovranità dell'Ucraina, ma anche per l'indipendenza energetica dell'Europa e la competizione tra Stati Uniti e Cina per il predominio tecnologico», spiega il Center for international relations and sustainable development (Cirsd), prestigioso think tank con doppia sede a New York e Belgrado.

Nel merito, il Cirsd ricorda che l’Ucraina ha i più grandi depositi europei d’uranio – un metallo pesante fondamentale per l’industria nucleare – e tra le più vaste riserve di materie prime critiche come litio, terre rare, manganese, gallio, berillio, oltre ad altre importanti risorse come carbone, gas, ferro, nichel, titanio.

Prima dell'invasione russa del 2022, l'Ucraina registrava 20.000 depositi (di cui 8.700 accertati) minerali, comprendenti 117 dei 120 metalli e minerali più utilizzati a livello globale; si stima inoltre che le riserve ucraine del Mar Nero contengano fino a 2 trilioni di metri cubi di gas naturale, e la Russia ora controlla circa l'80% di questi depositi.

«Il 2025 potrebbe essere uno spartiacque per la sicurezza globale – evidenzia il Cirsd – Supponendo che persista una situazione di stallo dolorosa sul fronte di battaglia e che l'assistenza militare degli Stati Uniti venga ritirata, le probabilità sono che la Russia manterrà gran parte del circa 20% dell'Ucraina che ha occupato dal 2022. Tuttavia il probabile esito della guerra, una zona demilitarizzata in stile penisola coreana, difficilmente soddisferà gli ucraini, i russi o molti dei rispettivi sostenitori».

Per evitare di finire schiacciata tra il nuovo autoritarismo statunitense e la storica dittatura russa, l’Ue è chiamata a ritrovare rapidamente compattezza promuovendo una prassi politica che non consista solo nel garantire sostegno militare e diplomatico all’Ucraina, ma anche nell’accelerare la transizione ecologica per liberarsi al più presto dal giogo dell’imperialismo energetico: un tema che tocca direttamente anche l’Italia, che avrebbe le carte in regola per arrivare a produrre il 100% di elettricità economica da fonti rinnovabili oltre a poter soddisfare un terzo del proprio fabbisogno di materie prime critiche grazie al riciclo.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.