Stati generali della green economy, in Italia emissioni di CO2 in calo ma meno della media Ue
Nel corso dell’ultimo anno l’Italia ha tagliato le proprie emissioni di CO2 di oltre il 6% e 26 milioni di tonnellate, scendendo per la prima volta sotto la soglia delle 390 milioni di tonnellate di gas serra: mantenendo questo trend l’Italia raggiungerebbe l’obiettivo Ue del -55% al 2030 rispetto al 1990, pari a circa -20 milioni di tonnellate di gas serra all’anno.
È questo il dato più importante a spiccare dagli Stati generali della green economy, che hanno presentato oggi la nuova relazione in apertura di Ecomondo (Rimini), sottolineando come il calo sia la più grande riduzione delle emissioni di gas serra registrata in Italia dal 1990 ad oggi – se escludiamo il 2009, il 2013 e il 2020, tutti anni di importanti crisi economiche. Eppure la performance italiana resta sotto quella media Ue, dato che nello stesso periodo – informa l’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) – nel Vecchio continente le emissioni sono calate dell’8%.
Il quadro non cambia ampliando il periodo d’osservazione. «Tra il 1990 e il 2023, al netto degli assorbimenti – si legge nella relazione – l’Italia avrebbe tagliato le proprie emissioni del 25% circa: meno della media europea che è del -29% e, soprattutto, della Germania (-41%), ma decisamente meglio di Francia e Polonia (entrambe a -21%) e della Spagna (che nel 2023 presenta le stesse emissioni del 1990)».
A smorzare ulteriormente gli entusiasmi ci sono le motivazioni che sottendono il calo, imputabile non solo alla crescita delle energie rinnovabili (nel 2023 è arrivato da qui circa il 45% dell’elettricità prodotta) ma anche da un’economia in frenata (il Pil italiano si è fermato a +0,7% nel 2023, dopo il +4,7% del 2022).
«La buona performance emissiva del 2023 deriva da una concomitanza di fattori che, come illustra anche l’analisi dell’Enea – informa la relazione – hanno portato sia a un miglioramento del mix energetico, sia a una contrazione non trascurabile dei consumi energetici. Quello dei trasporti si conferma un settore particolarmente hard to abate, ed è l’unico che nel 2023 non ha quasi ridotto le emissioni. La produzione industriale, invece, complice anche una contrazione della produzione (tra il 2 e il 3%), insieme al riscaldamento degli edifici, su cui ha inciso anche un inverno particolarmente mite, hanno ridotto le emissioni tra il 4 e il 6%. Ma la performance migliore riguarda il settore della generazione elettrica che, secondo le stime preliminari di Ispra, avrebbe tagliato le proprie emissioni di quasi il 20%, grazie a un calo nel consumo di carbone e a un aumento significativo del contributo delle rinnovabili che hanno superato la soglia 45% della produzione nazionale di elettricità».
La relazione evidenzia però come la crescita degli impianti rinnovabili installati sul territorio (con circa +6 GW messi a terra nel 2023) sia ancora ampiamente insufficiente per raggiungere gli obiettivi europei al 2030: la potenza installata dei nuovi impianti dovrebbe infatti aumentare a circa +11-12 GW annui, il doppio del dato 2023.
«La relazione sullo Stato della green economy del 2024 – commenta Edo Ronchi, presidente della Fondazione sviluppo sostenibile – registra un aggravamento della crisi climatica, molto rapido in Italia, confermando che questo aggravamento resta la principale sfida che dobbiamo affrontare. Alcune cose si stanno facendo e alcuni risultati ci sono: le emissioni di gas serra sono diminuite, le rinnovabili elettriche hanno ripreso a crescere e facciamo passi avanti anche nella circolarità della nostra economia. Ma ancora troppo poco, non solo perché la sfida è globale e di vasta portata, ma perché non remiamo insieme, tutti nella stessa direzione. Alcuni rallentano l’impegno in questo cambiamento per altri obiettivi e altre priorità, così il quadro complessivo della transizione ecologica, risulta variegato, con alti e bassi, con poco slancio».
Andando nel dettaglio dei singoli settori economici, la relazione informa che nel 2023 i consumi di energia in Italia sono calati di 4 Mtep: quelli di gas di ben 5,6 Mtep, di carbone di 2,2 Mtep e di prodotti petroliferi di 1 Mtep, compensati da un aumento delle importazioni di energia elettrica (+1,8 Mtep) e, soprattutto, da un aumento delle fonti rinnovabili (+3,3 Mtep). Gli edifici nel 2023 sono il settore più energivoro, con oltre il 40% della domanda nazionale di energia, anche se hanno ridotto i propri consumi del 5,5%. I trasporti sono il secondo settore per consumi di energia, con il 35% del totale e sono l’unico settore in cui anche nel 2023 i consumi di energia sono aumentati del 2,2%. L’industria, col 21% dei consumi finali nazionali, ha fatto registrare un taglio del 6%.
Nell’anno in cui 3.400 eventi meteoclimatici estremi hanno colpito l’Italia, inoltre, continua a crescere il consumo di suolo. Tra il 2021 e il 2022 il consumo di suolo è stato di 70,8 kmq, pari a 19,4 ettari al giorno e non ha risparmiato neanche le aree a pericolosità idraulica: è il valore più elevato a partire dal 2012, a fronte di una diminuzione della popolazione nazionale di circa 206 mila unità. Per adattare i territori agli effetti dei cambiamenti climatici non si può pensare di reiterare esclusivamente le misure usate in passato, serve un ventaglio più ampio di soluzioni, con una maggiore ricorso a quelle basate sulla natura che prevedono di diminuire la pressione del cemento per aumentare la permeabilità dei terreni; eppure il suolo consumato copre oggi il 7,14% del territorio nazionale.
In profondo rosso infine l’industria dell’auto, non solo elettrica. In Italia nel 2023 si sono raggiunte 41 milioni di auto circolanti, l’84% a benzina o diesel, mentre le immatricolazioni segnano +19%. Ma resta bassa la quota di auto elettriche circolanti nel 2023: circa 66.000 a batteria (BEV), pari al 4,2% del totale immatricolato, e 69.000, plug-in.
Con 694 auto ogni 1.000 abitanti è il nostro il Paese europeo con più auto (per stare nella media Ue di 560, ci dovrebbero essere 8 milioni di auto in meno). Ciononostante, l’industria automobilistica in Italia è in declino da anni, a fronte di politiche industriali assenti, anche se nel 2023 le immatricolazioni delle auto alimentate a benzina sono aumentale del 22,5%, quelle dei diesel del 6% e quelle delle auto con alimentazioni alternative solo dell’1%. In questo scenario sono aumentate anche le emissioni. Oltre alla crisi dell’auto tradizionale, in Italia si sta perdendo così anche l’occasione dello sviluppo dell’auto elettrica, col conseguente miglioramento delle emissioni climalteranti e inquinanti).
«L'accento su neuralità tecnologica sembra una pigrizia per tutelare l'esistente – conclude nel merito Ronchi – Puntiamo sulle migliori tecnologie esistenti. Le auto elettriche sono più efficienti e non hanno emissioni. E il trend delle auto elettriche a basso costo è avviato».