Il riciclo meccanico della plastica taglia le emissioni di CO2, ma servono incentivi a sostegno
L’Italia incentiva giustamente da lungo tempo la produzione di energia rinnovabile (Arera stima incentivi per circa 7 mld€/a, a fronte di sussidi ai combustibili fossili per decine di mld di euro annui in base a stime Fmi), eppure non ha la stessa premura per la materia rinnovabile: quella da riciclo.
Si tratta di un freno enorme all’economia circolare soprattutto lungo filiere particolarmente complesse da gestire, come quella della plastica, dove l’Italia avvia a riciclo il 56,15% degli imballaggi anche se con forti rischi – afferma la Corte dei conti Ue – che non tutti questi rifiuti vengano poi effettivamente riciclati, proprio per la bassa sostenibilità economica del processo.
Eppure i benefici ambientali sono cristallini. Un recente studio condotto dal Joint research center della Commissione Ue, e passato in rassegna nel nostro Paese dal Laboratorio Ref ricerche, informa che il riciclo meccanico delle plastiche può evitare fino a 7,2 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 all'anno solo in Italia, per arrivare a un beneficio complessivo pari a 36 mln t/a di CO2eq di emissioni evitate a livello europeo.
Per ogni tonnellata di polimero riciclato, infatti, la riduzione delle emissioni è compresa tra 1,1 e 3,6 tonnellate rispetto all'incenerimento, allo smaltimento in discarica e alla produzione di polimeri vergini: tale valore da solo permetterebbe al nostro paese di raggiungere l’obiettivo di abbattimento delle emissioni fissato dal Piano nazionale per l’energia e il clima (Pniec) per il settore della gestione dei rifiuti entro il 2040.
Per questo le associazioni di filiera Assorimap, Assoambiente e Utilitalia chiedono oggi alle istituzioni di riconoscere formalmente il contributo del riciclo meccanico, di premiare l’azione virtuosa delle aziende impegnate nel recupero di materia, mantenendo la competitività delle materie plastiche riciclate e introducendo un fattore di stabilità e certezza nelle congiunture di maggior volatilità del mercato.
«Anche alla luce dell’attuale difficile situazione di mercato , è ormai inderogabile il riconoscimento di incentivi da parte delle istituzioni e dei decisori politici del contributo ambientale, in termini di riduzione delle emissioni di anidride carbonica, fornito dal processo di riciclo meccanico delle plastiche», spiega il presidente di Assorimap, Walter Regis.
Anche il presidente di Utilitalia chiede «misure per dare continuità e garanzia alla produzione di queste materie prime seconde, che devono misurarsi, ora asimmetricamente, nel mercato delle materie vergini. Per questo proponiamo che sia riconosciuto il contributo all’economia circolare e alla decarbonizzazione attraverso misure innovative e di sostegno».
«Una proposta che di certo fa bene alla sostenibilità economico-industriale ma anche ambientale – chiosa Chicco Testa, presidente di Assoambiente – il supporto alla decarbonizzazione della nostra economia rende ancora più strategico il settore della gestione dei rifiuti che già contribuisce, in linea con la gerarchia europea del trattamento dei rifiuti, non solo alla salubrità delle nostre città ma anche a risparmiare materie prime vergini».
La stessa Federazione europea per la gestione dei rifiuti, in vista delle ultime elezioni europee, aveva messo in campo un manifesto di proposte che comprendeva incentivi mirati al riciclo, in quanto «fino ad oggi i materiali riciclati non hanno avuto lo stesso supporto dell’energia rinnovabile, sia in termini politici che economici», per dirla con le parole di Claudia Mensi, la laboratory manager di A2A Ambiente e rappresentante di Assoambiente che dal 2023 guida la Fead.
Certo, il riciclo meccanico da solo non basta. Sempre il Jrc informa che per i rifiuti plastici non riciclabili meccanicamente l’opzione del riciclo chimico è migliore rispetto a quella del recupero energetico; sappiamo anche che l’inquinamento da plastica che ammorba il pianeta è dovuto soprattutto alla dispersione dei rifiuti nell’ambiente o alla loro combustione all’aperto – ovvero al di fuori di ogni criterio di legge, oltre che di sostenibilità –, ma anche che per eliminarlo non possiamo limitarci a raccogliere e riciclare sempre meglio i rifiuti plastici che generiamo. Serve partire dall’inizio della filiera industriale ammonisce l’Ocse, investendo sull’ecodesign dei prodotti ma anche riducendo la domanda di materie plastiche, a partire da quelle monouso. Eppure anche su questo fronte l’Italia è carente, avendo rinviato (per la settima volta) al 2026 la plastic tax sull’usa e getta.