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Ecco qual è la spesa sostenuta in Italia per gestione rifiuti e servizio idrico, spiegata da Arera

La spesa media di una famiglia per l’acqua è pari a 345 €/a, mentre la gestione dei rifiuti urbani costa in media circa 406 €/t
 |  Green economy

Nell’ambito della propria Relazione annuale 2023, l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) documenta progressi sul fronte della gestione del servizio idrico integrato, un’infrastruttura fondamentale al Paese oggi sotto particolare pressione anche a causa dell’avanzare della crisi climatica.

Gli investimenti programmati per il quadriennio 2020-2023 – al lordo delle previsioni in ordine alla disponibilità di finanziamenti pubblici per la realizzazione di infrastrutture idriche – risultano, in termini pro capite, pari a 275 euro/abitante a livello nazionale (corrispondenti a una spesa annuale per investimenti di 69 euro/abitante); il valore più elevato si riscontra nell’area del Centro, con 337 euro/abitante per il quadriennio 2020-2023.

Dai dati Arera emerge anche un avanzamento nel processo di miglioramento complessivo per gli indicatori di qualità tecnica individuati dall’Autorità: nello specifico, nel 2023 a livello nazionale il valore delle perdite idriche si attesta in media a 17,9 m3/km/gg e al 41,8%, con valori più contenuti al Nord e valori medi più elevati al Centro e nel Sud e Isole. Lo stesso disallineamento a livello territoriale si riscontra anche nei dati relativi alle interruzioni di servizio, fortemente condizionati da alcune situazioni critiche a livello territoriale.

Complessivamente, sempre nel 2023 la spesa media sostenuta da una famiglia di 3 persone, con consumo annuo pari a 150 mc, risulta a livello nazionale pari a 345 euro/anno (2,30 euro per metro cubo consumato): il 38,8% circa della spesa è imputabile al servizio di acquedotto, per il quale si spendono a livello nazionale 133,7 euro/anno, mentre la spesa media nazionale per i servizi di fognatura e depurazione ammonta, rispettivamente, a 41,4 euro/anno (12,0% del totale) e a 101,9 euro/anno (29,5%). Il dato complessivo vede un valore più contenuto nel Nord-Ovest (254,5 euro/anno) e più elevato nel Centro (421,8 euro/anno), mentre tocca 367 euro/abitante nell’area Sud e Isole.

Guardando le voci che compongono la bolletta degli utenti domestici, sempre con consumi pari a 150 mc/anno, risulta che il 38,8% circa della spesa è imputabile al servizio di acquedotto, per il quale si spendono a livello nazionale 133,7 euro/anno, il 12% è invece attribuibile al servizio di fognatura (41,4 euro/anno) e il 29,5% a quello di depurazione (101,9 euro/anno). Infine, la quota fissa pesa per il 10,6% (36,6 euro/anno) e le imposte per il 9,1% (31,4 euro/anno).

Passando ai servizi d’igiene urbana, giova ricordare che ogni Comune determina la Tari attraverso i Piani economici finanziari (Pef), ma seguendo rigide linee guida stabilite a livello nazionale dalla metodologia Arera, e pensate per far sì che – come stabilisce la legge – il costo del servizio rifiuti urbani sia interamente finanziato attraverso la tassa.

Per l’annualità 2023 complessivamente si è registrato un ammontare di costi ammissibili sottesi alle entrate tariffarie pari a circa 11,4 miliardi di euro, da cui deriva un totale entrate tariffarie validate pari a 10,8 miliardi di euro, registrando dunque registrando un valore medio unitario in termini di tonnellate pari a circa 406 €/t; valori inferiori si registrano nel Nord-Ovest (357 €/t) e nel Nord-Est (320 €/t), mentre le restanti aree registrano costi unitari nettamente sopra il valore medio e pari a 451 €/t per il Centro, 470 €/t per il Sud e 485 €/t per le Isole.

I costi operativi di gestione e costi comuni pesano circa l’80% dei costi complessivi, mentre i costi di capitale valgono quasi il 10%; la quota restante è costituita prevalentemente dall’Iva indetraibile a carico degli utenti finali.

Con quali risultati? Nel 2022 la produzione nazionale dei rifiuti urbani è stata pari a circa 29,1 milioni di tonnellate, in calo dell’1,8% rispetto al dato 2021, mentre si conferma il trend di crescita della raccolta differenziata che aumenta al 65,2%, superando per la prima volta l’obiettivo di legge fissato per… il 2012. Eppure si amplia la forbice tra raccolta differenziata e riciclo, il vero obiettivo.

Secondo la metodologia di calcolo in vigore, la percentuale di preparazione per il riutilizzo e il riciclo si attesta al 49,2%, mentre la vigente direttiva Ue impone di arrivare al 55% nel 2025, per raggiungere poi entro il 2030 il 60% ed entro il 2035 il 65%, riducendo al contempo l’uso della discarica a un massimo del 10%.

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Redazione Greenreport

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