Riesplode la guerra dimenticata per le risorse della Repubblica democratica del Congo
L' International Organization for Migration (IOM) ha fatto appello a «Un'azione immediata e continua per rispondere alla grave crisi umanitaria nella Repubblica democratica del Congo (RDC) orientale. Mentre la situazione continua a deteriorarsi, gli sfollati a causa della violenza stanno subendo il peso di quella che è stata una delle crisi più trascurate al mondo».
Quella che gli africani chiamano la terza guerra mondiale è un conflitto per le risorse minerarie e petrolifere e per il traffico di fauna selvatica che vede protagonisti ormai da quasi 40 anni Stati, eserciti regolari, milizie di ogni tipo e livello di ferocia, bracconieri e multinazionali. A pagarne le conseguenze è la popolazione e l’ambiente.
l’IOM ricorda che «A ottobre dell'anno scorso, nella RDC erano sfollate 6,9 milioni di persone, un numero che si prevede aumenterà con i prossimi report. Solo nel Nord Kivu, entro la fine di maggio, 1,77 milioni di persone erano state sfollate a causa degli attacchi del gruppo ribelle M23, un sorprendente aumento del 16% rispetto al report precedente».
il Mouvement du 23 mars (M23) è una milizia armata creata nel 2012 da ufficiali delle Forces armées de la république démocratique du Congo (FARDC) ribellatisi al governo di Kinshasa e che da allora seminano morte e distruzione nel Nord-Kivu, trafficano in materie prime, soprattutto coltan. e avrebbero l’appoggio del Rwanda. L’M23 sembrava essersi sciolto per cnfluire in una più ampia coalizione antigovernativa ma ha fatto la sua sanguinosa ricomparsa.
E L’iom denuncia che «La situazione umanitaria è terribile. I gruppi armati continuano ad aggravare la violenza, causando un diffuso sfollamento e mettendo a dura prova un contesto già fragile». Il primo luglio c’è stato un massacro di 42 persone nel territorio di Lubero e negli ultimi giorni la città di Kanyabayonga, situata in posizione strategica, sarebbe stata conquistata dall’M23. A Goma, il capoluogo del Nord-Kivu, la situazione socioeconomica si sta rapidamente deteriorando, visto che la città rimane isolata dalle rotte di rifornimento. Nonostante gli sforzi per ridurre la criminalità, i civili, tra cui molti sfollati, subiscono furti, abusi e molestie.
L’agenzia Onu per i migranti fa notare che «La vicinanza delle linee del fronte e la presenza di armi nei siti di sfollamento e nei dintorni compromettono significativamente la sicurezza delle popolazioni sfollate. Solo nel 2024, sedici incidenti nei siti di sfollati interni (IDP) hanno causato la morte di almeno 37 persone e il ferimento di oltre 50. L'aumento della violenza di genere, in particolare della violenza sessuale e dello sfruttamento che colpisce donne e ragazze, è altrettanto allarmante».
E la guerra si è estesa oltre il Nord Kivu. Oltre 77.700 persone sono fuggite nel Sud Kivu e, da aprile, gli scontri armati nel territorio di Fizi hanno provocato la fuga di quasi 30.000 persone. La situazione nella provincia di Ituri rimane instabile e imprevedibile, con continue violenze e attacchi contro i civili.
Il coordinatore umanitario dell’Onu nella RDC, Bruno Lemarquis, ha condannato fermamente l'attacco contro un convoglio umanitario avvenuto il 30 giugno a Butembo, nel Nord Kivu, nel quale sono stati uccisi due operatori umanitari. Dall’inizio dell’anno, nel Nord Kivu più di 170 attacchi hanno preso di mira direttamente gli operatori umanitari, causando almeno 4 morti e 20 feriti. Nella prima metà del 2024 sono stati rapiti più di una dozzina di operatori umanitari.
Lemarquis ha detto che «In un momento in cui i bisogni umanitari sono immensi, è inaccettabile che coloro che lavorano per aiutare le persone colpite vengano attaccati e uccisi. Questi attacchi agli operatori e ai beni umanitari sono assolutamente riprovevoli. Minacciano la vita dei nostri team e privano molti civili congolesi dell’assistenza salvavita di cui hanno disperatamente bisogno per sopravvivere. Tutto questo deve finire».
Dal 27 giugno, un’escalation di violenza nel territorio del Lubero continua a portare a spostamenti di popolazione, creando ulteriori significativi bisogni umanitari. La provincia del Nord Kivu ospita un totale di 2,8 milioni di persone, di cui circa 518.000 erano già sfollate nel territorio di Lubero in seguito alla ripresa dei combattimenti nei territori di Rutshuru e Masisi a marzo.
Lemarquis chiede a tutte le parti in conflitto di garantire la libera circolazione e la sicurezza degli operatori umanitari: «E’ tempo che tutti gli attori coinvolti, così come coloro che hanno influenza sulle parti in conflitto, lavorino insieme per un’immediata riduzione della violenza e un ritorno al dialogo politico per trovare una soluzione duratura al conflitto. E’ anche importante aumentare gli sforzi per promuovere soluzioni durature per gli sfollati nelle aree in cui le condizioni per farlo sono soddisfatte».
Inoltre, i disastri naturali hanno aggravato la crisi umanitaria: L'aumento del livello dell’acqua del lago Tanganica, le forti piogge e i fiumi straripati hanno causato inondazioni e frane, in particolare nel Sud Kivu e nel Tanganica, costringendo oltre 50.000 persone a cercare rifugio altrove solo a maggio.
L’IOM sottolinea che «Nonostante le sfide significative, le organizzazioni umanitarie rimangono impegnate a fornire supporto salvavita. Tuttavia, la risposta attuale non è sufficiente a soddisfare le enormi necessità. La maggior parte delle popolazioni sfollate è ospitata da famiglie, mentre circa un milione risiede in siti sotto l'egida del Camp Coordination and Camp Management (CCCM). Di questi, 421.995 vivono in 81 siti gestiti dall'IOM, ricevendo riparo, acqua e servizi igienici. Sia gli sfollati interni nelle famiglie ospitanti che nei siti affrontano sovraffollamento, problemi di protezione e assistenza limitata. L'accesso a risorse essenziali come cibo, riparo e assistenza sanitaria rimane fondamentale. La raccolta continua di dati è essenziale per consentire un'assistenza basata sulle prove e migliorare il coordinamento e la gestione del sito».
L'Humanitarian Response Plan 2024 punta ad assistere 8,7 milioni di persone e ha bisogno di 2,6 miliardi di dollari, ma al 6 maggio era stato finanziato per nemmeno il il 16%. Il Crisis Response Plan 2024 dell'IOM chiede 190,5 milioni di dollari per raggiungere 2,4 milioni di persone, ma finora ne ha ricevuto solo 24,8 milioni.
L’IOM conclude: «La RDC è considerata una delle crisi dimenticate del mondo a causa della sua visibilità limitata e dell'inazione globale che deve affrontare. Senza un aumento della capacità e delle risorse umanitarie, la situazione catastrofica nella RDC continuerà a peggiorare. Le autorità provinciali, le organizzazioni umanitarie, di peacebuilding e di sviluppo devono collaborare per implementare una risposta più forte e coordinata. Questo include il fornire un soccorso immediato alle popolazioni sfollate e migliorare l'accesso ai servizi di base. Allo stesso tempo, sono necessarie soluzioni a medio e lungo termine, tra cui il supporto ai ritorni volontari degli sfollati interni quando sono sicuri e l'affrontare le cause profonde del conflitto. L'urgenza è chiara: è necessario agire subito per alleviare le sofferenze e proteggere la vita di milioni di persone nella Repubblica Democratica del Congo».