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Per colmare il gap, una proposta di grande interesse è l'European climate Bond

In Germania sta cadendo il tabù del debito pubblico, ma spendere sulla difesa non basta

Per dare spinta alla competitività e sviluppo del continente europeo servono più investimenti in R&D e sull’innovazione green, diffondendo i benefici anche nei territori periferici
 |  Green economy

L’Europa è di fronte a scenari in parte nuovi in parte simili a quelli affrontati nel 2008-2010 e nel 2019-21, due congiunture critiche. La similarità è uno sviluppo economico frenato, con aspettative incerte; la diversità sta nella potenziale minore cooperazione internazionale e maggiore ‘lotta per la competitività’ tra le principali economie, in primis Usa, Europa, Cina (e sud est asiatico tutto, con le sue diversità).

Nel 2008-2009 la risposta pubblica fu ritardata, e basata solo sull’espansione monetaria del periodo Draghi. L’austerità (poco) felice si associò a una lunga stagnazione. Stagnazione che era presente ancora nel dicembre 2019, con la crescita del Pil in Germania allo 0 virgola, all’alba del Covid-19 e del Green deal. Si prese l’occasione di strutturare un importante piano di investimenti green e digital (twin transition), che ancora oggi è in fase di implementazione.

Oggi i dati macroeconomici del principale Paese europeo, la Germania, e dell’Olanda (che ha ovviamente meno rilevanza ma vede dati ancora più incoerenti con la situazione attuale) rimangono un vero nonsense macroeconomico difficile da spiegare. Uno studente del primo anno avrebbe già gli strumenti per porre domande critiche. A fronte di avanzi commerciali ingenti, e Pil tedesco ed europeo stagnante, permane l’assurdità di deficit di bilancio da ‘situazione quasi normale’: -1,8% in Germania, addirittura -0,9% in Olanda, con avanzo commerciale sopra il 10% del Pil. L’Olanda testimonia una forma mentis quasi assurda: nessun premio esiste per elevatissimi avanzi commerciali.

La storia è che i Paesi con maggiori avanzi commerciali e minore debito (in Germania ancora vicino al 60% del Pil) dovrebbero utilizzare maggiormente la leva fiscale per dare spinta alla competitività e sviluppo del continente europeo. Sono i noti deficit gemelli: chi ha avanzi commerciali ha maggiore spazio per usare la leva espansiva fiscale, rimanendo comunque in avanzo (minore, causa importazioni aumentate, ma avanzo) con l’estero.

Adesso la fase post elettorale in Germania sembra finalmente aprire a un cambiamento, allontanandosi dal mantra di deficit zero e debito vicino al 60% ad ogni costo (si ricorda che questi parametri sono scelte politiche e non trovano riscontro in nessuna teoria economica).

Gran parte di questa maggiore spesa (tedesca ed europea) potrebbe finanziare investimenti per la difesa. È vero che anche le spese per la difesa contengono elementi di innovazione e creano spillovers tecnologici, ma occorre ricordare ancora una volta il ruolo della R&D come leva primaria di sviluppo nel lungo periodo. Un compromesso tra spese per la difesa, spese sociali e spese di innovazione e formazione andrà cercato. Partendo dalla Germania, che finalmente deve prendersi le responsabilità di guidare e innescare l’Europa. Tra parentesi, nel film The First Man su Armstrong c’è una canzone rap ‘whitney on the moon’, che richiama il conflitto tra spese militari e spese sociali, oggi ancora una volta sul tavolo politico.

La Germania, come leader europeo, dovrebbe proporre dentro questo cambiamento fiscale, un nuovo target di R&D sul Pil al 5% per il continente, da raggiungere in 5-10 anni. È sempre bizzarro che si parli di target in spesa su Pil per la difesa, ma ancora molto poco, o mai, dell’obiettivo (la vecchia Agenda di Lisbona) del 3% di R&D su Pil. Di fatto la Germania spende ora il 3,3% in ricerca e sviluppo, con qualche altro Paese nordico sopra il 3. La proposta potrebbe essere semplicemente ‘raggiungere la Corea del Sud’ (ora quasi al 5%) e avvicinare già nel breve periodo Giappone e Usa.

Questo nuovo piano di R&D creerebbe nuova linfa per affrontare nuovi scenari di cooperazione/competizione globale. Investimenti in R&D che devono trovare forte complementarietà con le politiche d’innovazione nazionali e regionali, con un importante supporto alla diffusione di innovazione (green e digital) anche nei territori periferici, che sono presenti anche nelle aree più ricche d’Europa. Territori che devono riagganciare i ‘centri’, per mitigare le ripercussioni politiche delle divisioni territoriali, sempre più rilevanti, elezione dopo elezione, creando un fattore di instabilità ulteriore.

Pur nel mutato contesto globale e politico, il pilastro dello sviluppo e competitività green (e digital) deve rimanere centrale, anche per sostenere i fattori primari di attrattività per portare qui i ‘talenti globali’. L’attrattività è fortemente fondata su innovazione, ambiente e salute, dentro una dinamica demografica molto critica.

La Germania e l’Europa hanno costruito uno sviluppo economico potenzialmente sostenibile con buone direttive sui rifiuti e sulle strategie di economia circolare, prendendo sul serio più di altri la sfida climatica dai tempi del Protocollo di Kyoto.

Serve ora ancora più innovazione, più coesione e più coraggio nelle politiche e negli investimenti. Gli strumenti utilizzabili per il reperimento di risorse per lo sviluppo sostenibile, che deve trovare forza nella implementazione delle ‘regioni’ d’Europa, con uno spazio maggiore della leva centrale guidata da Bruxelles e dai principali paesi fondatori. Tra gli altri, un esempio interessante per colmare il gap di investimenti è lo European climate Bond (Monasterolo et al. Economic Policy, 2024).

Massimiliano Mazzanti

Massimiliano Mazzanti è professore ordinario in Politica economica nel dipartimento di Economia e management dell'università di Ferrara. Insegna Macroeconomia e Environmental economics all'università di Ferrara. È direttore del centro di ricerca interuniversitario SEEDS (Sustainability, environmental economics and dynamics studies) e di Cercis - Centro per la ricerca sull’economia circolare, l’innovazione e le Pmi. Si occupa di dinamiche di innovazione ambientale, politica ambientale per rifiuti e clima, relazioni tra performance economiche ed ambientali.