Istat aggiorna i conti dei flussi di materia, l’Italia consuma sempre più risorse naturali
Il metabolismo economico dell’Italia è alimentato da un flusso continuo di risorse naturali, che l’Istat misura aggiornando regolarmente l’andamento dei flussi di materia.
I dati resi adesso disponibili sulla banca dati dell’Istituto IstatData e aggiornati al 2022 mostrano consumi in crescita.
In particolare, il consumo di materiale interno (Dmc) registra un aumento di circa 7 milioni di tonnellate sull’anno, pari a poco più del 1%, dopo l’aumento considerevole (circa il 10%) registrato nel 2021 rispetto al 2020, che lo aveva portato a superare nuovamente le 500 mln ton per la prima volta dal 2013.
Un accresciuto consumo di risorse, col segno più tutto a carico delle importazioni. A fronte di una diminuzione della estrazione interna di materiali di circa 8 mln ton, quasi tutta dovuta al ridotto prelievo di biomasse, vi è infatti un aumento delle importazioni di circa 14 mln ton, delle quali circa 6 mln ton proprio di biomasse.
«Questo dato – osserva Istat – si inscrive in una tendenza di lungo periodo alla sostituzione “dell’estrazione” di biomasse con la loro importazione: nel 1991 l’estrazione interna di materiali (De) e il saldo della bilancia commerciale fisica (Ptb) erano rispettivamente di 138 e 46 mln ton, nel 2022 sono di 95 e 70 mln ton».
Mentre cresce il consumo di risorse, il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo (Cmu) nazionale misurato da Eurostat risulta in calo, con la peggiore performance dal 2016. In Italia, infatti, solo il 18,7% delle materie prime impiegate arriva da riciclo (si tratta comunque del 4° dato migliore in Ue).
Certo, il Cmu è un indicatore problematico dato che vi pesa il valore dei combustibili fossili e biomassa usati e trasformati in emissioni e lo stock di materiale accumulato ogni anno in beni e manufatti di lunga durata; si stima dunque che, se anche l’Italia riciclasse tutti i suoi rifiuti, il tasso di circolarità così calcolato non potrebbe salire oltre il 20,5%.
Servirebbe piuttosto domandarsi quanti dei materiali avviati a riciclo rientrino poi concretamente sul mercato come prodotti (ancora oggi non sappiamo neanche qual è l’effettivo riciclo della maggiore frazione di rifiuti generata ogni anno, quelli da costruzione e demolizione), ma la necessità di un piano industriale (italiano ed europeo) che promuova l’impiego dei materiali riciclati, come proposto dalla Fead, resta indifferibile.