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Sorpresa, gli agricoltori italiani vogliono la transizione ecologica e gli impianti rinnovabili
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Dalle interviste a un campione rappresentativo di seicento manager di aziende agricole di tutta Italia effettuate da More in Common, un’organizzazione internazionale no-profit che utilizza lo strumento della ricerca scientifica per ridurre le crescenti polarizzazioni sociali, emerge una posizione del mondo agricolo su cambiamenti climatici e transizione ecologica molto diversa dalle proteste dei trattori che hanno scosso mezza Europa un anno fa, prima delle elezioni Ue.
Qualche esempio? Il rapporto Europe Talks FarmingEurope Talks Farming mostra che solo il 4% degli agricoltori nega l’esistenza del cambiamento climatico, l’8% non sa esprimere un’opinione, il 15% nega la causa umana – quando invece circa il 99% degli studi climatici è concorde su questo punto – mentre il 74% crede che la crisi climatica esista e sia responsabilità delle attività umane.
Gli agricoltori e allevatori che si ritengono molto o abbastanza preoccupati per i cambiamenti climatici sono l’82%, mentre la transizione ecologica è necessaria per il 62%, un’opportunità per il 25% e solo il 14% la considera un errore: particolarmente attenti a questi temi sono i piccoli imprenditori (che dispongono di meno di 20 ettari), gli under 45, chi risiede nelle Isole, in Campania, nel Lazio e in Toscana.
Di più: solo il 26% non si dimostra interessato all’installazione di impianti rinnovabili sulle proprie produzioni, mentre la maggior parte si divide tra chi li ha già installati (38%) o si è detto disponibile a farlo in futuro (di quest’ultima fattispecie fa parte il 33% degli intervistati, che diventa il 44% tra quelli più giovani).
Non è dunque la transizione ecologica, quanto il quadro dello stato di salute del settore delineato da allevatori e produttori agricoli, a non essere confortante. “Pessima”, “difficile”, “fallimentare”, “abbandonata” sono stati i termini più utilizzati per definire la situazione attuale. Le responsabilità vanno imputate per il 26% al ministero dell’Agricoltura e al Governo Meloni, per il 14% ai politici in generale e all’Unione europea, per l’8% invece la colpa è del mercato. In generale, il 78% si sente poco o per nulla rappresentato nelle decisioni e nei dibattiti pubblici: basti osservare che sono i sindacati agricoli, col 38%, il soggetto che gode di maggior fiducia.
Da questo scoramento generale all’ampio sostegno alle proteste – confermato anche dal rapporto di More in common – il passo è breve: solo il 14% non le appoggia, mentre il livello di soddisfazione verso le risposte emerse a valle della mobilitazione (da Governo, Ue, governi regionali e sindacati agricoli) non soddisfa.
Proprio la transizione ecologica emerge come un ottimo modo per risalire la china. Perché sia realizzata appieno, secondo gli agricoltori serve che vengano però superati alcuni ostacoli. Quello economico è indicato come seconda necessità: il 45% del campione infatti (a cui è stato chiesto di indicare due opzioni) ha evidenziato il bisogno di più aiuti economici, mentre per il 68% occorre abbattere il muro rappresentato dalla burocrazia. Per l’11% servono più tecnologia e innovazione.
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