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Dal Governo 250 mln di euro per l'agrisolare al sud, ma tetti di stalle e fabbricati non bastano

Lollobrigida: «Migliorare la sostenibilità dell'intero comparto e nello stesso tempo incrementarne la competitività, azzerando i costi energetici»
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Il ministero dell’Agricoltura ha pubblicato il terzo bando Pnrr dedicato all’agrisolare, destinando così altri 250 milioni di euro – la dotazione complessiva arriva a 1 mld di euro – da dedicare alle imprese agricole che chiedono contributi a fondo perduto per installare pannelli fotovoltaici sui tetti di stalle e fabbricati rurali.

Il nuovo avviso è riservato alle imprese della produzione primaria per progetti localizzati nelle regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Confermate le novità e le regole introdotte con il secondo bando del 2023: il contributo a fondo perduto potrà raggiungere l'80% delle spese ammissibili; le imprese avranno la possibilità di adottare soluzioni di autoconsumo condiviso e potranno partecipare in forma aggregata.  Sarà possibile, inoltre, installare impianti fotovoltaici sui tetti dei fabbricati agricoli con una potenza massima di 1.000 kWp per impianto. La spesa massima per beneficiario è fissata a 2.330.000 euro.

«Si tratta di una fondamentale opportunità – dichiara  il ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida – che sono certo le imprese agricole del Mezzogiorno sapranno cogliere, al fine di migliorare la sostenibilità dell'intero comparto e nello stesso tempo incrementarne la competitività, azzerando i costi energetici che rappresentano in media il 20% dei costi variabili».

Le domande potranno essere presentate sul portale Gse dalle ore 12:00 del 16 settembre fino alle ore 12:00 del giorno 14 ottobre 2024.

«Il successo straordinario di questa misura conferma come sia possibile promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili senza alcun consumo di suolo agricolo che deve invece essere destinato alla produzione», conclude Lollobrigida. Sbagliando, però.

In primo luogo perché per le rinnovabili appare inopportuno parlare di “consumo” di suolo ma semmai di occupazione temporanea e reversibile, al contrario di quanto avviene con la cementificazione. In secondo luogo perché è impossibile rispettare i target di decarbonizzazione – particolarmente importanti proprio per contribuire a lottare contro la crisi climatica, che proprio in Mezzogiorno a causa della siccità ha distrutto 33mila posti di lavoro e portato via 4 mld di euro all’agricoltura solo nel primo trimestre di quest’anno – affidandosi solo ai tetti. L’elettricità prodotta con gli impianti fotovoltaici utility scale, infatti, costa circa un terzo dell’elettricità generata dagli impianti fotovoltaici sui tetti residenziali, e lo stesso vale per quelli delle stalle.

Come ricorda Elettricità futura, l’associazione confindustriale che rappresenta il 70% del mercato elettrico nazionale, su quasi 12,8 milioni di ettari disponibili in termini di Superficie agricola utilizzata (Sau), in Italia la percentuale di terreni agricoli dove è ad oggi presente il fotovoltaico si ferma allo 0,13%, ovvero circa 16mila ettari. Per raggiungere il target al  2030 del RePowerEu (installare nuovi 84 GW di rinnovabili) servirebbe «solo lo 0,5% dei terreni agricoli e, ovviamente, si installerebbero gli impianti nei terreni agricoli non di pregio – evidenziano da Elettricità futura – Per raggiungere il target sottoscritto dall'Italia al G7 di triplicare le rinnovabili (installare nuovi 140 GW) servirebbe meno dell’1% dei terreni agricoli, sempre evitando le aree agricole di pregio».

Redazione Greenreport

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