Da Sicilia ed Emilia-Romagna le associazioni finaliste del premio Spreco zero 2024
Da 14 anni Spreco zero è l’unica campagna permanente di sensibilizzazione contro lo spreco di cibo in Italia, promossa da Last minute market – l’iniziativa fondata da Andrea Segrè, ordinario di Politica agraria internazionale e comparata all’Università di Bologna – e realizzata in partnership col ministero dell’Ambiente.
Quest’anno sono due le associazioni italiane in finale per il premio Spreco zero 2024, scelte per le loro buone pratiche che possono ispirare i comportamenti quotidiani dei cittadini.
La prima è il progetto Pasta e fagioli… con l’olio – La dieta mediterranea ti fa bene, che nasce in Sicilia attraverso la legge regionale 12/2022 per la valorizzazione della dieta mediterranea come simbolo dell’identità dell’isola, e sottolinea l’importanza di uno stile di vita salutare. Il progetto, coordinato da Francesco Cancellieri, è di AssoCea Messina aps in coorganizzazione col Nodo InFea della Città metropolitana di Messina.
Merenda sana e sostenibile ha invece realizzato la consegna di quasi 2500 porta merenda distribuiti a tutti gli studenti dei Comuni di Scandiano e Viano - Reggio Emilia: riduzione dei rifiuti, consumo consapevole e alimentazione sana e sostenibile sono gli obiettivi del progetto che ha anche promosso l’educazione all’alimentazione sana grazie al Ceas Terre reggiane Tresianro Secchai, col contributo di Iren.
A prescindere dal risultato finale, entrambe le associazioni rappresentano la necessità di voltare pagina contro lo spreco di cibo, che nel nostro Paese continua ad essere una piaga. Secondo i più recenti dati dell’Osservatorio Waste watcher international, elaborati con la consueta direzione scientifica di Andrea Segrè, lo spreco di cibo in Italia vale 13.155.161.999 euro l’anno.
Un dato vertiginoso, che include lo spreco a livello domestico (7,445 miliardi di euro), quello nella distribuzione (3,996 mld di euro), oltre al ben più contenuto spreco in campo e nell’industria.
Ciò significa che nel 2024 lo spreco alimentare costa circa 290 euro annui a famiglia, o 126 euro procapite, ma oltre allo spreco di denaro c’è quello di natura. Dai 75 gr buttati procapite nel 2023 si passa in questo inizio 2024 a quasi 81 gr di cibo gettato giornalmente nelle nostre case, pari a 566,3 grammi settimanali.
Tutto questo mentre l’effetto inflazione comporta scelte eloquenti e l’acquisizione di nuove abitudini alimentari. Un consumatore su due (49%) dichiara di potenziare l’acquisto del cibo online e 4 consumatori su 10 (39%) fanno la spesa cercando solo i prodotti alimentari in promozione.
Dal punto di vista socioeconomico, il ceto che si autodefinisce “popolare” (“mi sento povero e fatico ad arrivare alla fine del mese”) e che in Italia conta oltre 5,7 milioni di persone (oltre il 10% della popolazione, dati Istat) presenta un allarmante aumento del 280% di insicurezza alimentare rispetto alla media italiana.
«Se in un primo momento – spiega Segrè – l’effetto inflazione ha portato a misurare con decisione gli sprechi, prolungata nel tempo ha costretto i cittadini all’adozione di nuove abitudini ‘low cost’ per fronteggiare la crisi. Scegliere cibo scadente, meno salutare e spesso di facile deterioramento non comporta solo un aumento del cibo sprecato in pattumiera, ma anche un peggioramento nella propria dieta e nella sicurezza alimentare. Se la salute nasce a tavola, dal cibo scadente deriva l’aggravio dei costi sociali e ambientali. In definitiva: da poveri mangiamo e stiamo peggio, e sprechiamo persino di più. E questo circolo vizioso si riverbera sull’ambiente».
Che fare? «Se vogliamo davvero fare la differenza – argomenta Segrè – l’azione deve essere sinergica: ciascuno nel suo quotidiano, ma servono anche e soprattutto politiche pubbliche mirate a mitigare gli impatti dell’inflazione sulla sicurezza alimentare, con un focus particolare sulla tutela dei ceti sociali più vulnerabili».