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Papua Nuova Guinea: strage per una frana, si temono almeno 670 morti

Il villaggio di Yambali è sepolto sotto 6 - 8 metri di terra. Difficoltà a portare gli aiuti
 |  Crisi climatica e adattamento

Una frana ha spazzato via il villaggio di Yambali, nel distretto di Lagaip Porgera della provincia di Enga, in Papua Nuova Guinea. In un comunicato l’Onu spiega che «lLa frana si è verificata in una zona remota della Papua Nuova Guinea alle 03:00 di venerdì 24 maggio. Le strade di accesso al sito interessato sono state danneggiate, così come le infrastrutture di comunicazione. Anche se il numero totale delle vittime deve ancora essere determinato, i rapporti preliminari indicano che il bilancio delle vittime potrebbe essere significativo. Sono in corso attività di ricerca e salvataggio, anche se continue frane e caduta di massi stanno influenzando questi sforzi». 

La tragedia si è verificata quando un versante del Monte Mungalo si è staccato e  ha cancellato il villaggio di Yambali ricoprendolo di rocce, fango e alberi sradicati. Secondo una dichiarazione emessa sabato del Dipartimento degli Affari Esteri australiano, «Più di 6 comuni sono stati colpiti in una certa misura.

La zona del disastro si trova a circa 600 chilometri dalla capitale di Paua Nuova Guinea Port Moresby.

Il team a di coordinamento della risposta alle emergenze, composto dall’Enga Provincial Disaster Coordination Office, dal Department of Health, Department of Provincial Works, police, Defence Force e dall’Onu,  sta coordinando e guidando gli sforzi di soccorso. Una prima valutazione d’impatto rapida condotta dal team  di coordinamento individuato, tra le altre cose, «La necessità immediata di cibo, ripari e forniture mediche». 

L e agenzie Onu stanno monitorando la situazione molto da vicino, in collaborazione con le autorità nazionali e provinciali di Papua Nuova Guinea e si altri partner, per determinare l’entità dei danni, delle vittime e dell’eventuale assistenza che potrebbe essere necessaria per le persone colpite.

Ma ieri Serhan Aktoprak, a capo dell’International Organization for Migration (IOM) in Papua Nuova Guinea aveva avvertito che  «La frana di venerdì nel nord della Papua Nuova Guinea è stata probabilmente molto più mortale di quanto si pensasse. La comunità del villaggio di Yambali, situato ai piedi di una montagna nella remota provincia di Enga, è sepolta sotto dai 6 agli 8 metri di terra. Si ritiene che siano sepolte 150 case, circa 90 in più rispetto a quanto riportato in precedenza. Si ritiene che circa 670 persone siano sotto terra e le speranze di trovarle vive si stanno riducendo». Inizialmente, le autorità locali avevano stimato più di 100 vittime, ma poi hanno riconosciuto che nell’area colpita vivevano almeno 4.000 persone e che quindi il bilancio delle vittime potrebbe essere molto più alto.

L’IOM ha 6 operatori umanitari sul posto, che sono al lavoro insieme al personale di altre agenzie delle Onu, ONG e agenzie governative. Ma le condizioni restano pericolose per i soccorritori: «L'acqua continua a scorrere giù dalla montagna e la terra continua a franare. Anche la caduta di massi sta mettendo a dura prova i soccorsi – ha detto Aktoprak - La frana ha provocato lo sfollamento di circa 1.000 persone e si teme che il numero delle vittime aumenti. I soccorritori stanno utilizzando tutti gli strumenti disponibili, come vanghe e bastoni, nel tentativo di localizzare i corpi». 

I detriti che ricoprono ampi tratti della strada nella provincia di Enga hanno limitato l'accesso dei soccorritori ai luoghi del disastro, ma ieri sono cominciati ad arrivare mezzi pesanti per assistere gli sforzi di recupero.

Secondo l’Associated Press, fino a ieri i soccorritori erano riusciti a recuperare solo cinque corpi e parte dei resti di una sesta vittima e «Le squadre di ricerca non sperano più di trovare sopravvissuti sotto le macerie».

Anche il numero dei feriti e dei dispersi è ancora in fase di valutazione.

Oltre alle case completamente sepolte dalla gigantesca frana, altre 250 abitazioni sono danneggiate irreparabilmente. lasciando almeno 1.250 persone senza casa.

Il governo ha iniziato a creare centri di evacuazione a una certa distanza dalla zona di pericolo, dove le condizioni del terreno rimangono instabili.  

L’arrivo di aiuti umanitari è ulteriormente aggravata dalle ostilità tribali nella regione e i convogli di aiuti viaggiano scortati dai militari.

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.