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Left pubblica il nuovo libro del giornalista ecologista Giacomo Pellini

Un nuovo cordone sanitario per resistere a ecofascisti e mercanti del clima

Per l’estrema destra la difesa dell’ambiente, nel migliore dei casi, coincide con quella della Nazione. Un approccio fallimentare in partenza contro il riscaldamento globale
 |  Crisi climatica e adattamento

La XX edizione del Global risks report, che il World economic forum (Wef) aggiorna ogni anno per delineare la mappa dei rischi che l’umanità ha di fronte nel breve quanto nel lungo periodo, è stata presentata a Davos nel gennaio di quest’anno.

Per il 2025 gli eventi meteo estremi vengono valutati come il rischio più grave, la disinformazione e la misinformazione sono al quarto posto e la polarizzazione sociale al quinto. Allargando l’orizzonte ai prossimi due anni, la disinformazione conquista il primo posto seguita dagli estremi climatici, mentre la polarizzazione sociale sale al quarto posto – subito dopo le guerre tra Stati. A 10 anni, a dominare lo scenario del rischio sono gli eventi meteo estremi.

È dunque sempre più urgente riconoscere (e agire di conseguenza) che crisi climatica, polarizzazione della società, disinformazione (l’attività di chi costruisce consapevolmente notizie false per raggiungere uno scopo) e misinformazione (la diffusione e condivisione di informazioni inattendibili che possono manipolare l’opinione pubblica, fatta però senza dolo) sono rischi che si toccano, alimentandosi a vicenda.

Un prezioso passo in questa direzione l’ha compiuto il giornalista ed ecologista di lungo corso Giacomo Pellini, che ha appena portato in libreria il nuovo Contro i mercanti del clima, pubblicato dai tipi di Left. Già dal titolo richiama l’ormai celebre Merchants of doubt, dove ormai tre lustri fa gli storici della scienza Conway e Oreskes hanno portato alla luce la nuova – e più subdola – forma di disinformazione che sta infettando il dibattito sulla crisi climatica, riciclando la stessa tecnica usata negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso dall’industria del insieme a pochi scienziati compiacenti e forze politiche conservatrici: vendere dubbi.

Dato che il riscaldamento globale coi suoi eventi meteo estremi (aumentati del 485% in Italia dal 2015 a oggi) è ormai innegabile, si vendono dubbi sulle responsabilità – è davvero umana? Per circa il 99% degli studi climatici sì, ma per par condicio sui media si dà voce ai pochissimi scettici – come anche sulle soluzioni disponibili: sicuri che le fonti rinnovabili siano così efficienti e non uno sfregio al paesaggio? E la mobilità elettrica è davvero affidabile? Non sarebbe meglio continuare ad affidarci al gas fossile per una lunghissima transizione verso l’eterno ritorno del nucleare?

E così via, a ogni livello politico e d’informazione, sfruttando i punti deboli della psicologia umana nonché gli elevati tassi di analfabetismo funzionale. Tutti siamo comunque esposti a bias (pregiudizi) cognitivi, come anche a chiuderci in tribù autoreferenziali che polarizzano le opinioni, soprattutto su piattaforme come i social network che favoriscono la formazione delle cosiddette echochamber (camere dell’eco).

«Il nuovo modo di fare negazionismo – spiega Pellini – prevede il rinvio continuo di decisione chiave per contenere gli impatti del riscaldamento globale. Alcuni scienziati e attivisti hanno coniato i termini inattivismo o dilazionismo», cui si affiancano ormai sporadici casi di negazionismo puro.

Pellini offre un’ampia rassegna del problema. Da giornali italiani come Il Giornale, La Verità, Libero alle politiche climatiche ambigue dell’Eni; dalle sparate del vicepremier Matteo Salvini all’ex sindaco leghista Joe Formaggio fino alla presidente (proveniente dalle fila Fdi) dell’Arpa Lombardia; dal ministro dell’Ambiente Pichetto secondo cui sul clima «è sbagliato tanto il negazionismo quanto il catastrofismo» agli attacchi della presidente Meloni al «fanatismo ultraecologista» e al Green deal. Un arco che dall’estrema destra italiana tocca quella francese (Le Pen), tedesca (Afd), ungherese (Orban) attraversando l’Europarlamento – dove ha infettato anche una parte consistente della destra moderata (Ppe) – fino ovviamente ad abbracciare oltreoceano Donald Trump.

Non che all’estrema destra non interessi la causa ambientale, anzi. I più raffinati ne riconoscono il valore: Adolf Hitler, ad esempio, era uno splendido animalista vegetariano. «L’ambiente va protetto ma la sua difesa coincide con quella della Nazione, dei suoi confini, della sua identità e delle sue tradizione. E tutto ciò che viene considerato “estraneo” a questo spazio etnico, viene considerato un virus da scacciare», ricorda Pellini richiamando l’ecofascismo già esplorato da Francesca Santolini tra petro-machismo e patriottismo verde.

Che fare? Non resta che resistere, come sintetizza Pellini già in copertina. Unendo le forze dei molti che ancora confidano nell’ambientalismo scientifico quanto nella sostenibilità socioeconomica – anche investendo nelle forme di informazione che sappiamo essere più efficaci – per alzare un cordone sanitario contro l’estrema destra rinata in salsa fossile ed ecofascista.

«Ai negazionisti – conclude Pellini – non resta che farsene una ragione: il mondo va avanti, con o senza di loro. E mentre loro restano ancorati a false certezze e teorie screditate, noi scegliamo di agire di costruire un futuro migliore, dove il progresso cammina di pari passo con la sostenibilità. Perché il tempo delle chiacchiere è finito: ora è il momento del coraggio».

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.