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Clima: le persone ascoltano i consigli degli esperti anche quando sono complicati e controintuitivi
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Per le persone che non sono ben informate sulla politica climatica è difficile comprendere i quali siano le scelte da fare – e le ricadute delle diverse azioni - per determinare cosa sarà veramente efficace, ma secondo il nuovo studio “General public takes up counterintuitive expert advice on effective climate action”, pubblicato su Scientific Reports da un team di ricercatori tedeschi guidato da Johannes Jarke-Neuert dell’Institute of Climate and Energy Systems—Jülich Systems Analysis (ICE-2) e dell’Universität Hamburg, a differenza di quanto si pensa, i cittadini sono disposti ad ascoltare e seguire i consigli degli esperti su quali azioni per il clima siano più efficaci. I ricerczatori fanno notare che« Questi risultati sono una buona notizia per gli sforzi volti ad aumentare l'efficacia dell'azione volontaria per il clima».
I ricercatori avvertono che «Non è semplice capire quanto debbano essere estesi i consigli degli esperti per innescare un cambiamento comportamentale negli individui. Se sono troppo brevi, potrebbero non essere convincenti, mentre spiegazioni lunghe potrebbero generare reazioni negative».
Per capire come trovare il giusto equilibrio informativo, i ricercatori hanno dato a 4.139 tedeschi che hanno partecipato a un sondaggio pubblico l'opportunità di annullare le European Union Allowances (EUA), i permessi di emissione di carbonio che, nell'ambito del mercato del carbonio cap-and-trade dell'Ue, permettono di acquistare quote di emissione e poi annullarle, riducendo in modo permanente il budget totale del carbonio. Ma come farlo nel modo più efficace è normativamente complicato: annullare immediatamente un'EUA è meno efficace che ritardare la cancellazione di uno più anni, cosa che non è nota ai più e che è complicato da spiegare e probabilmente controintuitivo. Inoltre, sulle cancellazioni EUA circolano molte informazioni confuse in giro
Come spiega Sarah DeWeerdt su Anthropocene, «I ricercatori hanno suddiviso casualmente i partecipanti in 5 gruppi e hanno dato loro diverse possibilità di scelta per determinare la quantità minima di informazioni necessarie per indurre le persone ad adottare misure efficaci e affidabili per ridurre le emissioni. A un gruppo è stato semplicemente chiesto di scegliere tra annullare un EUA o ricevere un buono Amazon del valore di 5 euro. In questo gruppo, 386 persone su 491 hanno scelto di annullare un EUA, stabilendo la linea di base della "volontà di contribuire" delle persone. Al secondo gruppo è stata data la stessa scelta, ma è stato detto loro che potevano scegliere di annullare l'EUA immediatamente o entro un anno; al terzo gruppo sono state date le stesse scelte del secondo, ma è stato detto loro che ritardare l'annullamento è più efficace; al quarto gruppo è stata data una spiegazione dettagliata dei vantaggi dell'annullamento ritardato; e all'ultimo gruppo è stata data la stessa spiegazione dettagliata, ma è stata data loro la possibilità di ritardare l'annullamento per un periodo non specificato, superiore a un anno (in realtà l'opzione più efficace, ma l'incertezza può essere difficile da accettare). Nessuna di queste altre condizioni ha avuto un effetto significativo sulla propensione delle persone a scegliere l'annullamento rispetto al buono nominale di Amazon: una gradita prova del fatto che anche le spiegazioni complesse e controintuitive non allontanano necessariamente le persone dall'azione climatica».
I ricercatori concludono: «Non sorprende che le persone siano più propense a scegliere la cancellazione posticipata se viene detto loro che è più efficace. Infatti, questo consiglio minimo produce il più grande aumento di efficacia dell'azione climatica. Ma fornire più consigli non ha prodotto una reazione negativa: spiegazioni più estese hanno prodotto una probabilità ancora maggiore che le persone facessero la scelta più efficace per ridurre le emissioni».
Ma lo studio “Does artificial intelligence bias perceptions of environmental challenges?”, pubblicato su Environmental Research Letters da un team dell’università della British Columbia guidato da Hamish van der Ven mette in guardia su un nuovo pericolo: «I chatbot basati sull'intelligenza artificiale tendono a suggerire soluzioni prudenti e incrementali ai problemi ambientali che potrebbero non essere sufficienti per soddisfare l'entità e la scala temporale incombente di queste sfide». Lo studio suggerisce che i modelli linguistici di grandi dimensioni (large language models - LLM) che alimentano i chatbot probabilmente plasmeranno il discorso pubblico in un modo che serva lo status quo».
Van der Ven, che studia le catene di fornitura sostenibili e l'attivismo ambientale online, evidenzia che «L'utilizzo di energia è una piccola parte dell'impatto ambientale più ampio dell'IA. Il vero danno deriva dal modo in cui l'IA modifica il comportamento umano: ad esempio, rendendo più facile per gli inserzionisti venderci prodotti di cui non abbiamo bisogno o facendoci vedere le sfide ambientali come cose che possono essere affrontate con modeste modifiche incrementali alle politiche o al comportamento».
Il team di ricercatori canadesi hasviluppato una serie di 14 prompt sulla definizione, le prove, le cause, le conseguenze e le potenziali soluzioni ai problemi ambientali. Tre ricercatori hanno posto separatamente a ciascuno dei 4 chatbot - ChatGPT e GPT4 di OpenAI e Claude-Instant e Claude2 di Anthropic - queste domande su ciascuna delle 9 principali sfide ambientali: cambiamento climatico, perdita di biodiversità, deforestazione, inquinamento atmosferico, scarsità d'acqua, acidificazione degli oceani, erosione e degrado del suolo, declino della pesca e inquinamento marino da plastica. Poi gli scienziati hanno analizzato le 1.512 risposte di chatbot e hanno codificato diverse fonti di bias in base a un elenco che avevano assemblato in base a precedenti studi di bias. Hanno anche contato l'occorrenza di parole specifiche nelle risposte per una misura quantitativa di bias di chatbot.
Quel che ne è emerso è che «Le risposte di più chatbot a domande su una serie eterogenea di sfide ambientali contengono fonti coerenti di pregiudizio e i chatbot aggiornati sono altrettanto parziali di quelli più vecchi. Innanzitutto, i chatbot tendono a proporre soluzioni incrementali ai problemi ambientali piuttosto che prendere in considerazione soluzioni più radicali che potrebbero sovvertire lo status quo economico, sociale o politico».
Van der Ven aggiunge: «Mi ha sorpreso quanto l'intelligenza artificiale raccomandi la sensibilizzazione e l'istruzione dell’opinione pubblica come soluzioni a sfide come il cambiamento climatico, nonostante le prove schiaccianti suggeriscano che la sensibilizzazione dell’opinione pubblica non funziona».
Infatti, secondo i chatbot le imprese mostrano una certa responsabilità per i problemi ambientali, ma trascurano il ruolo degli investitori e della finanza. In termini di cambiamenti per risolvere i problemi ambientali, i chatbot sottolineano la responsabilità dei governi e delle politiche pubbliche, mentre menzionano raramente imprese o investitori.
Lo studio fa anche notare che l’intelligenza artificiale fornisce soprattutto informazioni quantitative prodotte da scienziati, in prevalenza uomini, delle società industrializzate, attraverso il metodo scientifico occidentale, minimizzando le conoscenze locali e indigene.
I chatbot menzionano il fatto che i popoli indigeni sono particolarmente vulnerabili alle sfide ambientali, ma tralasciano altri gruppi emarginati come le donne e le comunità nere che sono anch'essi a rischio. In generale, i chatbot tendono a non collegare i problemi ambientali con questioni più ampie di giustizia sociale.
I ricercatori scrivono: «Il modo oracolare in cui i chatbot presentano le informazioni li rende una fonte di pregiudizio particolarmente insidiosa. I chatbot forniscono risposte concise e pertinenti all'interno di una singola casella di testo, spesso in un tono autorevole che può infondere loro un'aria di saggezza». Di conseguenza, le persone tendono a vedere i chatbot come fornitori neutrali di fatti, quando in realtà riflettono pregiudizi e valori impliciti proprio come qualsiasi altra fonte mediatica. Le conseguenze di tutto questo richiederanno ulteriori ricerche per essere analizzate
Van der Ven conclude: «Una grande domanda è quanto gli LLM siano ampiamente utilizzati dai decisori politici e dalle persone in posizioni di potere in relazione alle sfide ambientali. Più ampiamente vengono utilizzati gli LLM, più problematici diventano i loro pregiudizi».
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