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Sussidi fossili, tra il 2016 e il 2023 +15% dai Paesi G7. Maglia nera all’Italia: +166%
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L’analisi è stata commissionata da Greenpeace Germania, ma il dato più allarmante riguarda l’Italia. L’argomento sono i sussidi ai combustibili fossili. L’arco di tempo messo sotto la lente è quello compreso tra il 2016 e il 2023. Ovvero, dall’anno in cui i Paesi del G7 si erano impegnati a ridurre questa voce di spesa entro il 2025. Ebbene, secondo quanto emerge dal rapporto realizzato dalla sezione tedesca dell’associazione ambientalista, le sovvenzioni ambientalmente dannose invece non hanno fatto altro che aumentare, arrivando due anni fa alla cifra record di 1.360 miliardi di dollari.
Per quel che riguarda il complesso dei membri del G7, l’aumento in questi sette anni è stato del 15%. Ma la nazione che ha fatto peggio è proprio la nostra, facendo registrare un incremento dei sussidi ai combustibili fossili del 166%. Seconda, staccata di gran lunga, la Germania, che ha fatto segnare +49%. È vero che in termini assoluti siamo quinti dietro Stati Uniti, Giappone, Germania e Regno Unito, (dietro di noi Francia e Canada) ma è altrettanto vero che gli oltre 46 miliardi di dollari segnalati dal report per l’Italia evidenziano quanto siamo indietro nella lotta al cambiamento climatico. E se pure è vero che manca a tutt’oggi una definizione comune per i sussidi e una metodologia internazionalmente condivisa sul tipo di calcolo per individuare l’ammontare esatto di queste sovvenzioni (nello stesso documento di Greenpeace si sottolinea che «questa ambiguità definitoria ha implicazioni di vasta portata»), è in base agli stessi calcoli del governo italiano che emerge la necessità di tagliare, anziché aumentare, i sussidi ambientalmente dannosi.
Commissionato da Greenpeace Germania e realizzato dal Forum per un’economia di mercato ecologica e sociale con i dati del Fondo monetario internazionale, lo studio indica nell’Italia «il peggior trasgressore» tra i Paesi del G7 che si erano impegnati a ridurre queste sovvenzioni. Delle nazioni del G7, solo il Canada ha ridotto leggermente i sussidi fossili dal 2016 (-11% a 39,021 miliardi). Per il resto, sono soltanto segni più, con il dato eclatante dell’Italia e il suo +166%.
Complessivamente, si legge nel report, la pandemia da Covid-19 ha temporaneamente ridotto il volume dei sussidi a causa del minor consumo di energia, ma la crisi dei prezzi dell’energia innescata dalla guerra della Russia in Ucraina ha poi fatto aumentare in modo significativo i sostegni per carbone, petrolio e gas. E alcune misure presentate come emergenziali, come l’introduzione di aliquote Iva più basse sul gas o altro, sono a tutt’oggi in vigore.
«I Paesi del G7, alcune delle nazioni più ricche e potenti della Terra, si sono dati quasi un decennio per compiere passi verso l’eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili entro il 2025», ha commentato Virag Kaufer, responsabile del programma Clima ed energia di Greenpeace International. «Ora siamo nel 2025 – l’anno è iniziato con devastanti calamità climatiche – e non solo stanno mancando l’obiettivo, ma hanno anche aumentato la spesa pubblica per i combustibili che distruggono il clima. I governi devono controllare la spesa pubblica e dirottarla urgentemente dagli incentivi ai combustibili fossili verso una transizione giusta e sostenibile».
Il G7, è il monito che emerge dallo studio diffuso da Greenpeace Germania, «deve intraprendere un’azione decisiva e dare l’esempio»: «La continua incapacità di eliminare gradualmente i sussidi ai combustibili fossili non solo mina gli obiettivi climatici, ma perpetua anche le inefficienze economiche e le disuguaglianze sociali».
Un ultimo fattore di cui tener conto, che riguarda l’Italia e che rende ancora più allarmante il report nel suo complesso, è questo: gli autori dell’indagine segnalano che l’espansione estremamente dannosa per il clima degli impianti di gas naturale liquefatto (Gnl) non è stata presa in considerazione nello studio a causa della mancanza di dati.
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