Il raccolto di grano italiano crolla sotto i 3,5 milioni di tonnellate
Secondo la prima stima diffusa da Coldiretti e Cai – Consorzi Agrari d’Italia a un mese dal via alla trebbiatura, «La produzione di grano duro scenderà quest’anno sotto i 3,5 milioni di tonnellate (rischiando di essere ricordata come la più bassa degli ultimi 10 anni) per effetto della riduzione delle superfici coltivate, causata dalla concorrenza sleale di prodotto straniero, e della siccità che ha colpito le regioni del Sud Italia. Le superfici coltivate si sono ridotte per il grano duro dell’11% rispetto all’anno precedente, scendendo sotto gli 1,2 milioni di ettari – affermano Coldiretti e Cai – con punte del 17% nelle aree del Centro Sud, da dove viene circa il 90% del raccolto nazionale».
Leggero aumento (+1,4%) per le superfici coltivate a grano tenero, che si attestano poco sopra i 600mila ettari, per una produzione stimata di circa 3 milioni di tonnellate. Calo dell’8% dei terreni coltivati a orzo.
Coldiretti cerca di tenere insieme calo produttivo dovuto al clima con la continuazione della campagna contro l’importazione di grano dall’estero e denuncia nuovamente che «La concorrenza sleale dall’estero. E’ l’effetto in primis del crollo dei prezzi causato proprio al momento delle semine dall’invasione di prodotto straniero. Nel 2023 sono arrivati quasi 900 milioni di chili di grano russo e turco, un’invasione mai registrata nella storia del nostro Paese, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga. Un vero e proprio fiume di prodotto che, aggiunto a quello di grano canadese, arrivato a superare il miliardo di chili, ha impattato sui prezzi del grano nazionale. Si tratta peraltro, come nel caso del Canada, di cereale trattato in pre raccolta con il glifosato, una modalità vietata nel nostro Paese. Alla concorrenza straniera – affermano Coldiretti e Cai – si sono aggiunti gli effetti del clima con la siccità che ha ridotto la produzione di grano duro in Puglia con cali tra il 20 e il 30%, mentre in alcune aree della Sicilia si arriva addirittura al -70%».
La polemica contro l’importazione di prodotti agricoli alimentari e quelli falsamente etichettati rischia di essere “scivolosa” e di esporsi a rappresaglie in un Paese che si vanta di esportare gran parte del suo made in Italy eno-gastronomico e che e tra i maggiori spacciatori di prodotti “doc” falsificati al mondo, ma trova solide sponde politiche, a cominciare dal ministro Lollobrigida che la sostiene con le sue a volte pittoresche dichiarazioni.
E’ però certamente vero che gli agricoltori sono vittime delle oscillazioni dei prezzi di mercato e per tutelarli Consorzi Agrari d’Italia ha messo in campo contratti di filiera e future sul grano, oltre ad importanti investimenti in ricerca.
Una regione simbolo dell’impatto del cambiamento climatico sul grano duro è la Toscana con stime al ribasso per la produzione di grano duro che dovrebbe ridursi quest’anno del 20%, ma con differenze, anche sostanziali, tra la parte Sud, Maremma, aretino e livornese in particolare, dove le aspettative sono per rese superiori, e la parte Nord, Pisa, Lucca e Pistoia dove, al contrario, le abbondanti precipitazioni tra novembre e dicembre hanno reso complicato rispettare i programmi di semina con gli agricoltori che ora puntano a recuperare il terreno perso con varietà primaverili come il girasole, la soia, il mais ed il sorgo.
Coldiretti Toscana sottolinea che «L’exploit della passata annata cerealicola con l’aumento delle superfici coltivate (+6%) dopo un lungo periodo di progressive riduzioni, 10 mila ettari in meno in un quinquennio, aveva fatto sperare in un risveglio del granaio regionale anche sulla forte spinta dei contratti di filiera che garantiscono quotazioni sicure agli agricoltori. Ma a tagliare le “gambe” ci si è messo ancora una volta il clima».
Fabio Lombardi, direttore del Consorzio Agrario del Tirreno, conferma: «Prevediamo buone rese nella fascia che da Livorno va fino in Maremma che non sono state interessate dalle persistenti piogge tra ottobre e dicembre che hanno reso invece nella parte nord della regione impossibili lavorare i terreni e seminarli.– Rispetto allo scorso anno gli eventi climatici si sono invertiti: le semine erano avvenute nei tempi ma a rovinare tutto era stata la pioggia tra maggio e giugno che aveva abbassato le rese e favorito lo sviluppo di fitopatie. I cambiamenti climatici hanno avuto, negli ultimi anni, un ruolo determinate nei programmi degli agricoltori che hanno dovuto fare i conti anche con costi di produzione schizzati alle stelle».
E anche in Toscana si accusa l’invasione del grano straniero. Secondo Letizia Cesani, presidente Coldiretti Toscana, «Occorre lavorare uniti per pretendere dal prossimo parlamento Ue una etichetta di origine per tutti i prodotti alimentari comunitari e dire basta alla concorrenza sleale introducendo con decisione il principio di reciprocità per fare in modo che tutti i prodotti che entrano nell’Unione rispettino gli stessi standard dal punto di vista ambientale, sanitario e del rispetto delle norme sul lavoro previsti nel mercato interno anche alla luce degli accordi di libero scambio in discussione. Il grano è un prodotto-driver delle filiere della pasta, un alimento per noi italiani immancabile sulle tavole, che dobbiamo tornare a produrre riconoscendo un prezzo giusto ai nostri agricoltori che non deve mai essere al di sotto dei costi di produzione così come previsto dalla legge contro le pratiche sleali da noi voluta».
Per Coldiretti il modello da seguire è quello dell’accordo siglato nel 2019 tra Filiera Agricola Italiana ed il Pastificio Fabianelli di Castiglione Fiorentino (AR) per la produzione di pasta al 100% toscana che assicura agli agricoltori un prezzo minimo garantito che si trova sempre al di sopra dei costi di produzione. E recentemente quello sottoscritto con lo storico Pastificio Chelucci di Pistoia che valorizza il grano Made in Maremma.