I bacini di laminazione salvano il Veneto da un'alluvione storica, mentre in Lombardia il vento rovescia un treno
Dopo l’allerta meteo rossa diramata ieri e lo stato di emergenza già firmato dal presidente della Regione, Luca Zaia, il nubifragio sta concedendo una tregua al territorio: non piove da almeno sei ore.
In giornata è atteso il passaggio dei colmi di piena alle sezioni di pianura/foce di Piave, Livenza, Brenta e Bacchiglione; anche il Bisatto e il Fratta-Gorzone potranno mantenere livelli sostenuti dovuti allo smaltimento delle acque presenti nella rete secondaria. E secondo la Protezione civile veneta, in assenza di ulteriori precipitazioni, i tratti montani dei corsi d’acqua continueranno a presentare decrementi dei livelli.
È dunque il momento di iniziare a contare i danni, vagliando le diverse situazioni critiche per le precipitazioni intense di ieri sera, in quasi tutte le province venete.
«Possiamo dire che l’efficienza della macchina, insieme alle opere infrastrutturali dai bacini di laminazione alle diaframmature e ai 2.500 cantieri per difesa idrogeologica, ci hanno permesso di evitare il peggio – commenta Zaia – La situazione è stata davvero critica in gran parte della regione. Solo per dare un’idea ieri sera alla Protezione civile sono arrivate 2.400 chiamate Questa notte si è registrata rottura arginale del Muson dei Sassi in comune di Camposampiero (PD), con la fortuna che il fiume è esondato in argine sinistro, mentre l’abitato si trova a destra. I danni sono ingenti. Dal momento che già ieri ho siglato lo stato di emergenza, invito i cittadini che sono stati colpiti dagli eventi a recuperare foto e materiali per attestare i danni. La raccolta documentale sarà indispensabile al fine della richiesta di risarcimento. Ho sentito il direttore nazionale del dipartimento di Protezione civile Fabrizio Curcio, al quale chiederò l’accesso al fondo di solidarietà nazionale per gli eventi di Protezione civile».
Decisivo il funzionamento e invaso dei bacini attivati per contenere la furia delle acque: Montebello (riempito al 50% dell’invaso, comandato), Colombaretta (100%, innesco naturale a sfioro), Caldogno (50%, comandato), Orolo (100%, innesco naturale a sfioro), Trissino (40%, innesco naturale), Viale Diaz (40% invaso, innesco naturale), Muson dei Sassi (80%).
«Siamo di fronte ad un fenomeno eccezionale», conferma l’assessore regionale alla Protezione civile, Gianpaolo Bottacin. E non solo in Veneto.
Ieri sera a Borgo Mantovano, in Lombardia, un evento meteo estremo simile a un tornado ha provocato ingenti danni, tanto da ribaltare un treno merci a Villa Poma. Tecnicamente la meteorologia lo definisce “supercella temporalesca con vortice tornadico”: di fatto, gli effetti a terra sono stati quelli di un tornado o un downburst, con raffiche di vento arrivate tra i 150 e i 200km/h.
«In tanti anni da sindaco non avevo mai visto i treni rovesciati per effetto del vento», commenta attonito il primo cittadino, Alberto Borsari, parlando di «scene incredibili con tetti scoperchiati e distruzione di ogni cosa», anche se fortunatamente non si registrano feriti. Ma si tratta di una roulette russa.
La crisi climatica in corso porta a un aumento in frequenza e intensità degli eventi meteo estremi, che solo nell’ultimo anno sono cresciuti in Italia del 22% (e l’anno prima del 55%), col Veneto al sesto posto tra le Regioni più colpite, e la Lombardia a svettare in cima al triste podio. Per questo è sempre più urgente investire sulla resilienza dei territori da un lato, e per il taglio dei gas serra – abbandonando i combustibili fossili in favore degli impianti rinnovabili – dall’altro.
Già oggi, a livello globale i costi della crisi climatica sono sei volte più ingenti di quelli richiesti dagli investimenti per la transizione ecologica. E più la transizione tarderà a completarsi, più salato sarà il conto finale.