Poca neve in alta quota, Legambiente: «Servono più politiche di mitigazione e adattamento»
Le precipitazioni arrivano sempre più di rado e sempre meno abbondanti. Non solo. Quando ci sono, le temperature più alte rispetto alla media invernale fanno arrivare al suolo acqua, non neve. Risultato: anche in alta quota né si può godere dei caratteristici paesaggi innevati né, soprattutto, ci si può garantire una riserva idrica che sarà sfruttabile nei caldi mesi estivi.
Il 19 gennaio è la Giornata mondiale della neve, ma quest’anno c’è poco da festeggiare. Nevica sempre meno e sulle Alpi la durata del manto nevoso nell’ultimo secolo, secondo gli ultimi studi disponibili, si è accorciata in media di un mese a causa del riscaldamento atmosferico. Legambiente approfitta della ricorrenza e segnala che «servono più politiche di mitigazione e di adattamento, una maggiore presa di coscienza delle comunità locali, un turismo invernale montano più sostenibile e dolce».
L’associazione ambientalista mette sotto i riflettori i dati diffusi dalla Fondazione Cima e l’allarmante -63% di equivalente idrico nivale per invitare tutti a riflettere su quanto stia accadendo ad alta quota ma anche a valle. Il Cigno verde indica anche tre priorità di intervento su cui bisogna lavorare sempre di più: servono più politiche e strategie di mitigazione e di adattamento a livello nazionale e territoriale, una maggiore presa di coscienza e confronto da parte delle località alpine e appenniniche sulla diminuzione delle nevicate e sugli effetti della crisi climatica, ma allo stesso tempo occorre “vivere” la montagna d’inverno in modo più sostenibile senza rincorrere la neve. L’Italia, stando alle ultime stime disponibili, è infatti tra i paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale con il 90% di piste innevate artificialmente. Occorre investire su un’offerta turistica invernale montana che punti su un turismo slow e dolce celebrando la bellezza della neve naturale con sobrietà e con mezzi altrettanto naturali, è il messaggio.
Sempre più studi tra l’altro indicano e confermano come sulle Alpi ci sia sempre meno neve. Secondo uno studio pubblicato a dicembre 2024 sull'International journal of climatology, condotto da ricercatori dell'Università di Trento e dell'Eurac research di Bolzano, sulle Alpi italiane la quantità di neve è diminuita del 50% rispetto a 100 anni fa. In particolare, tra il 1920 e il 2020, la neve è calata del 34%, con differenze marcate tra le Alpi settentrionali e quelle sudoccidentali: rispettivamente -23% e quasi -50%. E non sono pochi i campanelli d’allarme che stanno confermando questo drammatico trend.
Come ricorda Legambiente, nel suo ultimo report di Nevediversa, il ginepro comune (Juniperus communis L.) è un arbusto che cresce lentamente, e benché sia longevo – spesso pluricentenario – sopra i 2000 metri in montagna si sviluppa per pochi decimetri da terra con portamento strisciante a causa delle severe condizioni ambientali (vento, gelo, neve), di conseguenza viene facilmente sepolto fin dalle prime nevicate autunnali. Più la neve si mantiene a lungo, meno l’arbusto compie fotosintesi e cresce. Viceversa, meno neve, più l’arbusto cresce ed è quello che sta succedendo sulle montagne.
«Negli ultimi secoli a causa del riscaldamento globale – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – stiamo assistendo a una riduzione costante e senza precedenti del manto nevoso. Oggi non vedere il cambiamento in atto e non modificare di conseguenza abitudini e modalità di fruizione degli ambienti montani nei mesi invernali, crea ripercussioni destinate ad impattare su ambiente ed economie locali. Per questo è fondamentale una maggiore presa di coscienza di quanto sta accadendo in alta quota ma anche a valle, lavorando su politiche di mitigazione e adattamento alla crisi climatica facendo rete con ricercatori ed esperti, e al tempo stesso definendo una road map europea, di cui la nostra associazione si sta facendo da tempo portavoce, per promuovere una protezione adeguata delle aree montane, importanti e fragili ecosistemi, insieme ai ghiacciai».
«Il manto nevoso – dichiara Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia - agisce anche come serbatoio di acqua superficiale, determinando i tempi di deflusso che sostengono le richieste idriche ambientali e umane a valle. Miliardi di persone in tutto il mondo dipendono da queste risorse e le catene montuose Miliardi di persone in tutto il mondo - dipendono da queste risorse e le catene montuose sono oggi riconosciute come le "torri d'acqua del mondo", in quanto forniscono, con i ghiacciai e la fusione delle nevi, un notevole apporto idrico alle aree a valle durante le stagioni secche e calde. Una riduzione persistente della quantità e della durata della neve produrrà probabilmente effetti profondi sugli ecosistemi, con gravi ripercussioni a cascata sul benessere umano e sulla fruibilità della montagna. Questo aspetto non può più essere ignorato nella pianificazione politica della gestione delle risorse idriche, con una particolare attenzione alle Alpi come agli Appennini».