Skip to main content

La via maestra della transizione ecologica, per un clima di pace

Ciafani (Legambiente): «Non dobbiamo preoccuparci dei negazionisti climatici ma dei “rallentatori”, i quali trovano ancora più ascolto e sensibilità nell’attuale Governo»
 |  Crisi climatica e adattamento

Legambiente è tra i promotori della manifestazione nazionale La via maestra, insieme per la Costituzione che si terrà il 7 ottobre a Roma.

La nostra via maestra è la giusta transizione ecologica ed energetica, da realizzare velocemente e bene, per combattere l’acuirsi della crisi climatica, rendere più indipendente il nostro Paese dalle fonti fossili, innovare il nostro sistema produttivo, aumentare la qualità della vita delle persone.

Non è un libro dei sogni ma il risultato che può essere perseguito e raggiunto ponendosi subito obiettivi ambiziosi, perché i prossimi anni saranno decisivi. Lavorare in tal senso ci aiuta anche a prevenire conflitti armati e dare speranza ai giovani e alle future generazioni.

La strada dell’innovazione è tracciata e sono tante in Italia le proposte e le esperienze di riconversione industriale, capaci di abbattere inquinamento ed emissioni e di avviare filiere produttive innovative per creare lavoro con la circolarità delle risorse materiali e la riconversione del sistema energetico. Rischiano però di rimanere episodi isolati in mancanza di chiare scelte e investimenti industriali che aiutino a governare la transizione, con il concreto rischio di non riuscire a cogliere le opportunità di consolidare, e creare nuove, filiere produttive.

Non dobbiamo preoccuparci dei negazionisti climatici ma dei “rallentatori”, i quali trovano ancora più ascolto e sensibilità nell’attuale Governo. Ritardare la transizione verso un’economia a basse emissioni fa male non solo all’ambiente e al clima ma anche al nostro sistema produttivo.

E fa male anche al mondo del lavoro. La scelta conservatrice non produce nessun posto di lavoro ma solo una costosa e frustrante assistenza, come dimostrano le aree industriali siciliane o il Sulcis. La questione centrale è se fare dell’Italia un paese ad alto sviluppo tecnologico, che vende in tutto il mondo innovazioni di processo e prodotto, oppure condannarla a gestire la coda dell’innovazione e ad usare tecnologia straniera.

È pura strumentalizzazione capovolgere la realtà, come fa il Governo, addebitando alla transizione ecologica la perdita di posti di lavoro e danni ai cittadini meno abbienti, evocando “il bagno di sangue” da un punto di vista sociale.

Sono gli effetti dei cambiamenti climatici che faranno aumentare, oltre ai danni economici e alle vittime, le disuguaglianze non solo tra paesi ma anche all’interno del nostro stesso Paese, a scapito delle fasce più deboli. Lo vediamo già, non solo con gli eventi meteorologici estremi ma anche nella vita quotidiana, a partire dai luoghi di lavoro. Si parla orami di emergenza per chi lavora in fabbrica, in edilizia, in agricoltura a causa dell’aumento della temperatura.

A fronte di queste sfide si vagheggia di progetti velleitari e dispendiosi come il Ponte sullo Stretto e la costruzione di centrali nucleari, bocciate dagli italiani da ben due referendum del 1987 e 2011. Accanto a ciò, si vuole imporre un progetto di Autonomia regionale differenziata con pesanti conseguenze sull’unità del Paese e sui divari territoriali e sociali. Altro che patriottismo.

di Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.