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La partita ora si sposta sulle multe alle case automobilistiche che non tagliano le emissioni

Il Ppe tenta il rinvio, ma la vicepresidente Ue Ribera: «Elettrico dal 2035, nessuna retromarcia»

Il gruppo conservatore ha lavorato per far slittare il divieto ai motori a combustione, ma l’esponente del Pse ha giocato d’anticipo: non si discuterà nel 2025 una revisione della legge a favore degli Ev
 |  Crisi climatica e adattamento

Il Partito popolare europeo (Ppe) ha provato a giocare d’anticipo, sperando magari in qualche forma di lasciapassare messa in campo da una “di famiglia” come la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, tra l’altro recentemente rieletta dal Parlamento europeo grazie anche ai voti del gruppo conservatore di destra Ecr e senza invece il sostegno di Greens e di diversi europarlamentari del gruppo S&D. Ma la vicepresidente dell’organismo esecutivo, l’esponente del Pse Teresa Ribera, è stata più brava giocando ancor più d’anticipo. E lo stop alla produzione e alla vendita di auto con motori a combustione a partire dal 2035 resta in calendario. Un’altra partita si aprirà a breve, quella sulle multe alle case automobilistiche che non rispetteranno nei prossimi anni i graduali tagli alle emissioni, e su questo bisognerà vedere che tipo di equilibri si formeranno tra Bruxelles e Strasburgo.

La storia è questa. Il Ppe, dopo aver votato insieme alle forze di destra radicale per rinviare di un anno il regolamento comunitario contro la deforestazione, negli ultimi giorni ha nuovamente provato a fa slittare a data da destinarsi un altro provvedimento di contrasto alla crisi climatica: lo stop fissato per il 2035 alla vendita di vetture alimentate a benzina e diesel. L’industria automobilistica continentale, è la motivazione sollevata dalla famiglia dei conservatori europei, è al centro di «una pressione senza precedenti». In un documento visionato e pubblicato cinque giorni fa dal Financial Times, il Ppe sostiene che il divieto di vendita di nuove auto con motori a combustione nel 2035 dovrebbe essere rivisto e portare a una retromarcia.  

I motori tradizionali, è la tesi del Ppe, dovrebbero continuare a essere consentiti se alimentati con biocarburanti e altre alternative a basse emissioni. Non solo. Il gruppo di cui fa parte von der Leyen sostiene anche che le multe per i produttori di auto che superano i limiti di emissioni stabiliti a livello comunitario e che entrano in vigore dal prossimo anno dovrebbero essere riconsiderate. Il motivo? Le multe erano state pensate per incentivare la produzione di veicoli elettrici, ma alla luce dei deludenti dati di vendita registrati in Europa, insistere con le multe sarebbe soltanto un danno per l’industria comunitaria. Da qui la mossa di giocare d’anticipo per poter arrivare a un rinvio: con quel documento il Ppe chiede di affrontare una revisione della legge che impone lo stop alla vendita di auto tradizionali nel 2035 non nel 2026, come precedentemente stabilito, ma un anno prima, nel 2025, per «correggere» l’impostazione delle misure riguardanti le multe e soprattutto per «revocare» il divieto di produzione e vendita dei motori a combustione nel 2035, al fine di «fornire al settore certezza giuridica e sicurezza di pianificazione il prima possibile».

Ma se il Ppe pensava di bruciare i tempi accelerando sulla revisione e tradurre questo documento in un atto formale da discutere nel Parlamento Ue, la vicepresidente della Commissione Ue Ribera, contro la quale si erano schierati i conservatori nel lungo braccio di ferro che ha portato al varo dell’“Ursula bis”, è stata più rapida e ha approfittato della visita ufficiale a un grande impianto siderurgico in Belgio per ribadire che il rinvio dopo il 2035 dei motori termici «non è qualcosa che la Commissione europea sta prendendo in considerazione». Insomma, nessuna retromarcia. E, tanto per essere ancora più chiara, l’esponente del Pse ha aggiunto: «Direi che è una cosa che praticamente nessuno sta prendendo in considerazione». 

A questo punto è difficile che il gruppo del Ppe provi comunque a forzare la mano e presentare comunque un documento a Strasburgo per l’anticipazione della revisione funzionale al rinvio, sconfessando così le dichiarazioni della vicepresidente. Ma potrebbe aprirsi un’altra partita, tutta centrata sulle multe alle case automobilistiche che non rispettassero già dal 2025 i limiti ai livelli di emissioni delle auto: -19% per kilometro percorso dal prossimo anno, per arrivare a un taglio del 55% per kilometro nel 2030. Le forze conservatrici chiedono di cancellare il sistema delle multe per non colpire un settore che già sta subendo gravi danni, come dimostrano i casi VolksWagen e, in casa nostra, Stellantis, e bisognerà vedere se su un’ipotesi di moratoria e di incentivi all’utilizzo di carburanti alternativi si potrebbero creare delle maggioranze trasversali. Una cosa, invece, è già chiara: se a Strasburgo su elettrico e multe si procederà a colpi di maggioranza, grazie alle ripetute esternazioni del vicepremier Matteo Salvini e del ministro del made in Italy Adolfo Urso si sa già da che parte staranno gli europarlamentari italiani appartenenti alle forze che sostengono il governo Meloni.

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.