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La sostituzione dell’attributo: perché la maggior parte delle persone fa costantemente delle scelte sostenibili sbagliate

I consumatori vogliono fare scelte sostenibili per contribuire a mitigare la crisi climatica, ma non hanno le conoscenze per farlo in modo affidabile
 |  Crisi climatica e adattamento

Nonostante i governi fatichino a raggiungere intese ai summit climatici – e soprattutto a metterle in atto – esiste un’ampia maggioranza dell’opinione pubblica globale che è convinta che sia necessaria un'azione per combattere i cambiamenti climatici. Ma per costruire davvero un futuro sostenibile è necessario comprendere quali azioni e comportamenti riducono efficacemente le nostre impronte di carbonio e identificare le imprese i settori più climate-friendly.
Lo studio “Widespread Misestimates of Greenhouse Gas Emissions Suggest Low Carbon Competence”, pubblicato su Nature Climate Change da Eric Johnson, Vicki Morwitz, Gita Johar, Michael Morris ed Eli Sugerman della Columbia Business School della Colombia University, rivela che «La maggior parte delle persone fa costantemente delle scelte sostenibili sbagliate. Questo suggerisce che, mentre gli individui aspirano a essere climate-friendly, spesso non hanno le conoscenze di base necessarie per farlo in modo affidabile».
Lo studio evidenzia le sfide che consumatori, governi e industrie devono affrontare nell'allineare le loro intenzioni di essere sostenibili con azioni che abbiano un impatto reale e dimostra che «Gli individui tendono a credere che le azioni per il clima di cui sentono parlare più frequentemente siano le più efficaci, anche se queste azioni possono avere un impatto limitato nell'invertire le tendenze climatiche».
SI tratta di un comportamento, noto come "sostituzione del’attributo", un processo attraverso il quale è possibile sostituire un concetto complesso - come la stima delle emissioni - con uno più semplice derivante dalla semplificazione dello stesso, sostituendolo con fattori più facili da valutare, ma spesso meno rilevanti. Alla Columbia Business School fanno un esempio: «Un consumatore potrebbe selezionare un prodotto per la pulizia dai colori vivaci commercializzato come "ecologico" per via del suo design e marketing accattivanti, trascurando il fatto che il suo processo di produzione è dannoso per l'ambiente. Questo rende i consumatori più vulnerabili al greenwashing aziendale, consentendo alle imprese che esagerano la loro eco-sostenibilità di prosperare, mentre le imprese realmente sostenibili potrebbero avere difficoltà a competere».
Johnson, professore di business r direttore del Center for the Decision Sciences, sottolinea che «Le intenzioni da sole non risolveranno la crisi climatica. Mentre molte persone vogliono davvero ridurre la propria impronta di carbonio, spesso non hanno le conoscenze per fare scelte efficaci e potrebbero inavvertitamente impegnarsi in azioni controproducenti. Dobbiamo colmare questa lacuna critica di conoscenza per trasformare la preoccupazione ambientale in un cambiamento comportamentale di impatto».
Per realizzare lo studio, i ricercatori hanno sviluppato 5 quiz per valutare la competenza dei partecipanti in materia di carbonio: 1, i partecipanti hanno classificato i comportamenti in base al loro potenziale di riduzione delle emissioni di carbonio. 2, 3 e 4, hanno classificato 27 compagnie e 7 industrie in base alle emissioni, 5 hanno esaminato la sostituzione dell’attributo come fattore che ha contribuito a questi risultati. I quiz da 1 a 4 hanno coinvolto circa 2.000 partecipanti negli Stati Uniti, rappresentando età, sesso ed etnie diverse. Il quiz 5 è stato inviato a circa 300 partecipanti in più, tra i quali utenti dei social media, partecipanti alla conferenza sul clima e lettori della rivista della Columbia Business School.
Il risultato è che «Nel complesso, i risultati indicano che i consumatori hanno difficoltà a valutare accuratamente le emissioni a causa della mancanza di informazioni e competenze pertinenti». I ricercatori hanno scoperto che «I consumatori tendono a valutare le emissioni in base ad attributi più facili da valutare, la sostituzione dell’attributo, che spesso li porta a sopravvalutare l'efficacia di comportamenti comunemente discussi, come il riciclaggio, che si è classificato al livello più basso nell'impatto effettivo sulla mitigazione climatica».
Nel valutare vari aspetti, come l’ideologia politica, la preoccupazione ambientale e la conoscenza auto-riportata, i ricercatori hanno scoperto che «Solo gli esperti di conservazione ambientale potrebbero giudicare accuratamente le emissioni di carbonio« rispondendo ai loro quiz.
Dallo studio emerge anche che «Lle persone spesso sottovalutano l'efficacia delle politiche climatiche. Ad esempio, tendono a favorire misure meno efficaci, come la riduzione delle emissioni di metano, mentre sottovalutano strategie più impattanti, come il miglioramento dell'efficienza energetica dei veicol»i.
Johnson conclude: «I governi e le imprese climate-friendly devono collaborare per colmare il gap di conoscenza sul clima, consentendo ai consumatori di comprendere quali azioni apportano realmente benefici all'ambiente».

Redazione Greenreport

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