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I dati del report Città Clima - Speciale Agricoltura di Legambiente al centro del VI Forum Agroecologia Circolare

In 10 anni in Italia 146 eventi meteo estremi che hanno causato danni al settore agricolo. 79 negli ultimi due anni

L’agricoltura italiana è una delle vittime più vulnerabili agli effetti della crisi climatica. 10 proposte al governo
 |  Crisi climatica e adattamento

Secondo il nuovo report Città Clima - Speciale Agricoltura, realizzato da Legambiente in collaborazione con il Gruppo Unipol e presentato oggi a Roma in occasione del VI Forum Agroecologia Circolare, «In Italia negli ultimi dieci anni, dal 2015 al 20 settembre 2024, si sono registrati 146 eventi meteo estremi che hanno causato danni all’agricoltura, il 7,4% del totale degli eventi avvenuti nello stesso periodo in Italia. Preoccupa in particolare l’accelerata degli ultimi due anni 2023 - 2024 (quest’ultimo con dati parziali relativi da gennaio a settembre), con 79 eventi meteo estremi con danni al settore, oltre la metà del totale registrato negli ultimi 10 anni».
Il rapporto del Cigno Verde evidenzia che «Negli ultimi dieci anni, tra gli eventi meteo estremi principali si sono verificati: 64 danni da grandinate, 31 da siccità prolungata, 24 da raffiche di vento e trombe d’aria, 15 allagamenti da piogge intense e 10 esondazioni fluviali».
6 le regioni più colpite: Piemonte con 20 eventi, seguito da Emilia-Romagna (19), la Puglia con 17, la Sicilia e il Veneto con 14, la Sardegna con 11. Territori dalla grande vocazione agricola sempre più in difficoltà con danni alle produzioni di frutta, ortaggi, mais, barbabietole, frutteti e vigneti sradicati.
Legambiente denuncia anche «Ritardi inaccettabili legati al Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC): ad oggi continuano a mancare all’appello le risorse economiche per attuare le 361 misure su scala nazionale e regionale previste. Di queste 28 riguardano il comparto agricolo, a cui se ne aggiungono 9 per il settore acquacoltura. E pensare che lo stesso Piano ricorda che al 2050 il settore dell’agroalimentare italiano rischia perdite economiche di 12,5 miliardi di euro all’anno in assenza di interventi di mitigazione e adattamento. Di questo passo, oltre ai danni alla produzione e ai territori, la crisi climatica costerà sempre più cara nella spesa per le famiglie. Si stima, secondo uno studio pubblicato su Nature, che entro il 2035, a livello globale, l’aumento delle temperature dovuto al cambiamento climatico potrebbe causare un conseguente aumento dei prezzi dei prodotti alimentari di oltre il 3% all’anno».
Per questo Legambiente indirizza al Governo Meloni 10 proposte che hanno al centro l’agroecologia, per un’agricoltura resiliente alla crisi climatica e di qualità, puntando su innovazione e buone pratiche agricole, come quelle raccontate nel report che arrivano dall’Italia e dall’estero e dai premiati nell’ambito del Premio Ambasciatori dell’Agroecologia.
I primi pilastri, al centro delle proposte di Legambiente, sono: «Dare piena attuazione al PNACC con adeguate risorse economiche, stanziando i primi finanziamenti entro l’anno, ed emanando al più presto il decreto per l’insediamento dell’Osservatorio Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici; garantire il pieno sviluppo del biologico, fornendo risorse specifiche per l’attuazione della legge approvata due anni fa per raggiungere gli obiettivi delle strategie “From Farm to Fork” e “Biodiversity 2030”; approvare una legge per fermare il consumo di suolo, che il Paese aspetta da 12 anni, e il disegno di legge contro le agromafie incomprensibilmente ancora fermo in Parlamento; nel piano italiano della PAC, prevedere un massiccio spostamento di risorse a favore delle aree interne, collinari e montane per contrastare e prevenire il fenomeno dell’abbandono in un’ottica di adattamento e resilienza ai danni causati dalla crisi climatica e allo scopo di rivitalizzare il comparto delle piccole e medie aziende; approvare al più presto il regolamento europeo sull’uso di fitofarmaci (SUR) e il PAN (Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari) che non è aggiornato dal 2014; prevedere un piano straordinario sul biologico che garantisca accesso al mercato e politiche di sostegno attraverso la promozione di cibo bio nelle mense scolastiche e universitarie, negli ospedali e per mezzo di bonus specifici destinati alle categorie vulnerabili e fornendo crediti d’imposta alle aziende che si convertono al biologico».
Tra le altre proposte, Legambiente chiede di «Moltiplicare le pratiche colturali e i sistemi di micro-irrigazione attraverso l’uso di acque reflue civili depurate e l’utilizzo di colture meno idroesigenti, oltre alle buone pratiche agricole (inerbimento, rotazioni, sovesci, minime lavorazioni); ridurre il carico zootecnico unitamente alla differenziazione delle colture e incentivare chi pratica un allevamento sostenibile, capace di garantire il benessere degli animali e rispettare gli ecosistemi. E inoltre: lavorare sull’occupazione giovanile nel settore agricolo dove purtroppo assistiamo a una diminuzione degli occupati (da 12 milioni a 2 milioni dal dopoguerra a oggi) e a una forte rarefazione delle piccole aziende; spingere su innovazione e tecnologie per ridurre gli input negativi e gli impatti sull’ecosistema, fornendo servizi e strumenti specifici agli operatori agricoli e favorendo lo sviluppo del biometano e dell’agrivoltaico, che permette di creare una sinergia positiva tra produzione agricola ed energetica».
Angelo Gentili, responsabile nazionale agricoltura Legambiente, aggiunge che «Oggi, una delle grandi sfide da affrontare riguarda proprio l’agricoltura perché non solo subisce gli effetti negativi del riscaldamento globale e degli impatti degli eventi meteo estremi, ma contribuisce anche a una quota significativa delle emissioni di gas serra. Per questo è fondamentale ripensarla attraverso la chiave dell’agroecologia, riducendo gli impatti di agricoltura e zootecnia intensive, puntando su resilienza, innovazione e sostenibilità e al tempo stesso garantendo la piena applicazione del Green Deal in ambito agricolo delle strategie “From Farm to Fork” e “Biodiversity 2030”, fondamentali per sostenere una transizione ecologica efficace. Senza dimenticare che è importante investire su un cibo sempre più sano per i consumatori, sulle buone pratiche agricole a partire dal biologico, su tecnologie e rinnovabili con particolare attenzione all’agrivoltaico e contrastare l’illegalità nelle filiere agroalimentari, approvando la legge contro le agromafie».
Legambiente nel suo report ricorda anche come l’agricoltura sia uno dei temi al centro del PNRR e della strategia per la biodiversità: «Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede due investimenti specifici. Il primo destina risorse per l’economia circolare e l’agricoltura sostenibile. Il finanziamento, di poco più di 500 milioni di euro, mira a rinnovare il parco macchine delle imprese agricole e delle imprese agro-meccaniche, per investire in sistemi per rendere più efficiente la produzione. L’altro investimento ha una dotazione di 880 milioni di euro e riguarda la resilienza dell’agrosistema irriguo, con l’obiettivo di migliorare la gestione e l’efficienza dei sistemi irrigui, adeguare le reti di distribuzione per ridurre le perdite, installare tecnologie per un uso efficiente delle risorse idriche, quali contatori e sistemi di controllo a distanza. E poi c’è la Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030 che prevede 18 azioni tra cui alcune incentrate sul ruolo dell’agricoltura e della zootecnia. Per Legambiente è fondamentale accelerare il passo. Nell’ambito delle risorse stanziate dal PNRR, a oggi risultano 15.105 i progetti presentati con uno stanziamento complessivo di 2,35 miliardi di € per il bando Parco agrisolare (che prevede l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti dei capannoni e delle strutture del mondo agroalimentare per quasi 1.4 MW di nuovi impianti entro il 30 giugno 2026), mentre per i progetti di agrivoltaico sono stati invece stanziati 1,1 miliardi di € con 643 progetti presentati, per il 56% del totale presentati nel Sud e nelle Isole, per una potenza di 1,7 GW. Questo a dimostrazione della spinta propulsiva in termini di innovazione tecnologica e produzione di energia rinnovabili rappresentata da questo settore per l’intero comparto agricolo.
Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, commenta: «L’agricoltura italiana è una delle vittime più vulnerabili della crisi climatica. È tempo di agire con azioni e interventi concreti, cambiando passo, come ricorda anche il rapporto Germawacth diffuso oggi che vede l’Italia al 43esimo posto, nella parte bassa della classifica mondiale sulle politiche climatiche. Le buone pratiche aziendali già diffuse sul territorio, ma anche quelle che premiamo oggi con il premio Ambasciatori del Territorio 2024, testimoniano quanto e come sia praticabile l’agroecologia garantendo un’agricoltura di qualità, attenta alla salute dei territori, dei cittadini e alla qualità del cibo. Al Governo oggi indirizziamo 10 proposte per ricordare che la transizione ecologica non può non riguardare anche l’agricoltura, mentre al mondo agricolo chiediamo di cambiare narrazione e seguire il percorso tracciato dal Green Deal europeo, che costituisce il miglior alleato per tutelare il settore dai disastri climatici».
Dieci i vincitori dell’edizione 2024 del premio e che puntano su agroecologia e su una produzione biologica in equilibrio con gli ecosistemi. I premiati: le due aziende apistiche la veneta AD.APE in provincia di Treviso e la molisana Apicoltura Nazario Fania, in provincia di Campobasso, che grazie alla scelta di spostare gli sciami di impollinatori in varie zone di fioritura favoriscono il loro sviluppo, contribuiscono la conservazione della biodiversità e producono un miele pregiato. Le aziende agricole toscane InCandia Bio (a Carrara) e La Mursa (isola di Capraia), per essere esempi di viticoltura eroica in zone impervie e salvate dall’abbandono. In Abruzzo e in Emilia-Romagna il buon esempio arriva rispettivamente dall’Associazione di Promozione e Tutela della Ventricina del Vastese e la Santa Rita Bio 1964 (a Serramazzoni MO). La prima raccoglie ben nove aziende produttrici della ventricina del vastese, con l’obiettivo di valorizzare e far conoscere un’eccellenza enogastronomica del territorio che è anche un presidio slow food grazie all’utilizzo di suini nazionali allevati senza conservanti e in maniera estensiva. Impegnata da oltre 30 anni nel campo dell’agricoltura e della zootecnia biologica certificata AIAB/ICEA, l’azienda agricola Santa Rita Bio 1964, in provincia di Modena, collabora con altre 37 realtà nel campo dell’allevamento di bovini, tra cui la Frisona e la Bianca Modenese, in via d’estinzione e presidio Slow Food per il Parmigiano Reggiano. Tra gli Ambasciatori dell’Agroecologia 2024 anche le aziende agricole biologiche Terra di Ea in Abruzzo a Tortoreto (TE), Terra Forte nel Lazio in provincia di Viterbo e la pugliese Valle Ofanto, in provincia di Barletta, che nei loro territori incentivano metodi di produzione naturali a beneficio della fertilità dei suoli e degli equilibri ecosistemici. E poi l’azienda campana Il Dono dell’Erba, a Ottati in provincia di Salerno, che uniscono agroecologia ed economia circolare, applicando tecniche ecologiche e di soluzioni basate sulla natura e producendo anche carta dalla “tunica” dell’aglio utilizzando lo scarto.

Redazione Greenreport

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