Nuovo ciclo Ndc, se ne parla alla Cop29 e l’Ue al momento è in ritardo sui tempi previsti
Pochi giorni fa, con un timing che mirava proprio ad attirare l’attenzione sull’argomento alla vigilia della Cop29, il Segretariato delle Nazioni unite per i cambiamenti climatici (Unfccc) aveva diffuso un rapporto di sintesi sul Contributo nazionale determinato per il 2024 (Ndc). Il documento rende evidente che i piani governativi attuali porterebbero a emissioni pari a 51,5 gigatonnellate di anidride carbonica (CO2) equivalente entro il 2030, ovvero appena il 2,6% in meno rispetto ai livelli del 2019. Troppo poco, ovviamente, perché per evitare l’innalzamento della temperatura media terrestre e scongiurare una crisi climatica anche peggiore di quella attuale, le emissioni complessive di gas serra devono essere tagliate entro i prossimi sei anni del 43% e, entro i prossimi 11 anni, del 60%.
E ora, tra i temi al centro della Cop29 in corso a Baku, in Azerbaigian, c’è proprio la presentazione di un nuovo ciclo di Ndc (Nationally determined contributions), i piani nazionali con cui gli Stati presentano le proprie strategie di decarbonizzazione, che dovranno essere presentati tra 8 e 12 mesi prima della Cop30, a Belèm, dove ne verrà discussa impostazione e definizione di obiettivi. Il nuovo ciclo deve includere target più ambiziosi per il 2030 (orizzonte già incluso nei piani precedenti) e nuovi target per il 2035. Ecco quello che intanto sta emergendo mentre prosegue il vertice di Baku.
Il premier britannico Keir Starmer ha affermato ieri che il nuovo obiettivo del Regno Unito è un taglio delle emissioni dell’81% rispetto al livello del 1990 entro il 2035, ad esclusione delle emissioni del trasporto aereo e marittimo internazionale (aumentando così l’ambizione del target di Boris Johnson, che si fermavano al 78%).
Gli Emirati Arabi Uniti hanno presentato la scorsa settimana il loro nuovo piano per il clima che prevede una riduzione delle emissioni del 47% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2019 e in particolare le emissioni nette zero nel settore delle costruzioni entro il 2050.
Il Brasile ha dichiarato che consegnerà il suo Ndc aggiornato entro la fine della settimana. Il governo ha annunciato che il nuovo impegno nazionale copre ogni settore dell’economia, con un target di riduzione delle emissioni al 67% (rispetto al precedente 59%) rispetto ai livelli del 2005, entro il 2035 e raggiungendo la neutralità climatica entro il 2050. Un obiettivo che appare però in netto contrasto con quanto rilevato dall’ong Oil change international, secondo la quale «l'aumento previsto della produzione di petrolio e gas entro il 2035, data in cui termineranno gli Ndc attesi l'anno prossimo, è del 36% per il Brasile, del 34% per gli Emirati Arabi Uniti e del 14% per l'Azerbaijan. A livello globale, la produzione di combustibili fossili deve diminuire del 55% entro il 2035 per limitare il riscaldamento a 1,5°C, secondo l'Agenzia internazionale per l'energia».
Per quanto riguarda l’Unione Europea, invece, che presenta un obiettivo collettivo per i suoi 27 Paesi membri, c’è da segnalare un ritardo rispetto a quanto precedentemente preventivato. E questo crea un problema, perché tra le altre cose il rapporto dell’Unfccc a cui si faceva riferimento all’inizio è arrivato poco dopo l’“Emissions Gap Report” del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep), nel quale si legge che anche se tutti gli attuali Ndc venissero attuati, il mondo è destinato a un riscaldamento di 2,6°C entro la fine del secolo. Rivedere i piani e presentare nuovi piaggi aggiornati riguardanti il Contributo nazionale determinato è fondamentale per non superare la soglia di 1,5°C, ma a far emergere che l’Ue è fuori tempo sono proprio alcuni partecipanti al summit di Baku. Infatti, sebbene i vertici comunitari abbiano più volte e formalmente dichiarato che spingere per nuovi Ndc ambiziosi è per l’Ue una delle principali priorità per la Cop29, diversi funzionari e ministri presenti ai lavori in corso in Azerbaigian hanno confessato che «è praticamente impossibile» che l’Ue rispetti la scadenza di febbraio, a causa delle lunghe tempistiche di approvazione legislativa, legate all’assetto istituzionale europeo, del congelamento de facto dell’azione esecutiva della Commissione, ancora in fase di transizione dopo le elezioni di giugno, e di crescenti disaccordi sulle strategie climatiche, in particolare per il discusso target di -90% di emissioni entro il 2040, ancora non approvato come legge e tenuto fuori dalla posizione negoziale dell’Ue a Baku. Il target Ndc deve infatti riferirsi al 2035, ma l’UE lavora su target decennali (i già approvati -55% al 2030 e net-zero al 2050). Per i sostenitori del -90% il target 2035 verrebbe calcolato tirando una linea tra il 2030 e il 2040, ottenendo così un obiettivo più ambizioso rispetto a chi sostiene di usare il 2030 e il 2050 come estremi.