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La criosfera verso un punto di non ritorno, con perdite e danni irreversibili e molto elevati

State of the Cryosphere Report 2024: salvare la criosfera significa salvare noi stessi
 |  Crisi climatica e adattamento

Lo “State of the Cryosphere Report 2024”, realizzato da una cinquantina di scienziati della criosfera e presentato oggi alla COP29 di Baku dall'International Cryosphere Climate Initiative (ICCI), è la nuova edizione del rapporto annuale sullo stato delle riserve di ghiaccio del mondo e lancia un preoccupante allarme sugli impatti e i costi notevolmente più elevati per l'economia globale derivanti dall’accelerazione delle perdite di massa e superficie della criosfera mondiale, le regioni coperte di neve e ghiaccio.
Il rapporto avverte che «Gli attuali impegni climatici, che portano il mondo a un riscaldamento di oltre 2° C, porterebbero conseguenze disastrose e irreversibili per miliardi di persone a causa dalla perdita globale di ghiaccio».
Gli autori del rapporto sottolineano che «Sulla base degli ultimi aggiornamenti scientifici del 2024 sulla criosfera, se il nostro attuale livello di emissioni continua portando a un aumento di 3° C o più, i costi di perdite e danni saranno ancora più estremi, con molte regioni che in questo secolo subiranno un innalzamento del livello del mare o una perdita di risorse idriche ben oltre i limiti di adattamento. Anche la mitigazione diventa più costosa, a causa dei feedback derivanti delle emissioni dello scioglimento di permafrost e dalla perdita di ghiaccio marino».
Inoltre, per la prima volta, il rapporto rileva un crescente consenso scientifico sul fatto che «Lo scioglimento delle calotte glaciali della Groenlandia e dell'Antartide potrebbe rallentare importanti correnti oceaniche in entrambi i poli, con conseguenze potenzialmente disastrose per un'Europa settentrionale molto più fredda e un maggiore innalzamento del livello del mare lungo la costa orientale degli Stati Uniti».
Lo State of the Cryosphere Report 2024 presenta altre nuove scoperte scientifiche:
La perdita di ghiaccio dei ghiacciai in tutto il mondo ha raggiunto livelli record in alcune regioni, dopo due anni di grandi perdite soprattutto nelle Alpi europee.
I record minimi di ghiaccio marino antartico stabiliti nel 2022-23 sembrano perdurare, segnalando un possibile cambio di regime per questo importante stabilizzatore della calotta glaciale antartica.
Il raffreddamento del ghiaccio marino, un importante "frigorifero" per mantenere basse le temperature globali, è diminuito drasticamente in entrambi i poli a causa della perdita di estensione del ghiaccio marino riflettente, soprattutto nell'Artico ma anche intorno all'Antartide.
Intervenendo a un evento della COP29, lo scienziato dell'IPCC Rob DeConto, ha spiegato che «La calotta glaciale della Groenlandia sta attualmente perdendo 30 milioni di tonnellate di ghiaccio all'ora, qualcosa che non avrei mai pensato di vedere nella mia vita. Ma l'Antartide rappresenta la vera minaccia a lungo termine e, se gli impegni sul clima non vengono presi sul serio, l'aumento della temperatura globale potrebbe superare i 3° C, con la perdita di ghiaccio antartico che potrebbe causare un innalzamento dei livelli del mare molto più rapido di quanto pensiamo».
Il manto nevoso ha raggiunto minimi record nell'Hindu Kush Himalaya, con un impatto sulla disponibilità di acqua a valle per miliardi di persone.
Oltre alla perdita dell'ultimo ghiacciaio del Venezuela, l'ultimo ghiacciaio tropicale in Asia, il "ghiacciaio dell'eternità" in Indonesia sembra diretto verso la scomparsa nei prossimi due anni.
Le regioni del permafrost artiche sembrano emettere carbonio (sotto forma di anidride carbonica e metano) più velocemente di quanto riescano ad assorbirlo, perché su<i sta sciogliendo sempre più permafrost. Entrambi gli oceani polari mostrano crescenti segnali di maggiore acidificazione, una conseguenza diretta delle crescenti emissioni di CO2 nell'atmosfera, con potenziali danni a lungo termine per le attività di pesca regionali, come al merluzzo e al salmone.
L’ICCI avverte che «La maggior parte di questi cambiamenti saranno irreversibili nel corso di secoli, o addirittura migliaia di anni». Infatti, il rapporto fa notare che «Più a lungo la temperatura globale rimane di 1,5° C superiore ai livelli preindustriali e più alta è la temperatura di picco, maggiore è il rischio di superare i punti di non ritorno per le calotte glaciali artiche e antartiche, molti ghiacciai terrestri e il Capovolgimento meridionale della circolazione atlantica (AMOC - Atlantic meridional overturning circulation). Lo scioglimento del permafrost aumenta con ogni frazione di riscaldamento, senza un "punto di non ritorno" improvviso e senza "margine di sicurezza". E ogni aumento della CO2 atmosferica aumenta l'acidificazione degli oceani polari, a tassi molto più elevati che altrove».
IL rapporto denuncia che, nonostante gli impegni presi da tutti i Paesi, «La concentrazione di CO2 nell'atmosfera è ancora in aumento, superando due volte i 428 ppm nel 2024. Se continua a salire al ritmo odierno, le temperature globali aumenteranno di almeno 3° C entro la fine di questo secolo, ben al di sotto della durata della vita delle persone nate oggi».
E l’ICCI fa notare che anche il Paese che ospita la 29esima Cop Unfccc, l’Azerbaigian, è vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici, con la capitale Baku che dipende dal manto nevoso o dai ghiacciai per il 26% del suo approvvigionamento idrico.
Gli scienziati della criosfera stanno sostenendo l'integrazione degli impatti sulla e della criosfera nel processo Unfccc, con una maggiore attenzione ai suoi impatti globali a causa del superamento dell’obiettivo degli 1,5° C. Come nelle ultime due COP Unfccc, le nazioni polari, montane, a valle e di bassa quota che compongono l'Ambition on Melting Ice (AMI) High-level Group si riuniranno la prossima settimana per sensibilizzare i leader degli altri Paesi sui costi molto più elevati del ritardo nella mitigazione.
Una delle autrici dello studio, la glaciologa Regine Hock, ha detto che «I drastici cambiamenti che stiamo vedendo nella criosfera mentre le regioni montane e a valle in tutto il pianeta stanno subendo inondazioni, siccità e frane forniscono gli argomenti più convincenti che potremmo avere per un'azione climatica immediata. La criosfera non può aspettare. Deve essere messa in cima all'agenda climatica globale».
All’ICCI sottolineano che «Solo misure definitive e rapide per ridurre le emissioni e fermare il superamento possono evitare i peggiori impatti di perdita e danno della perdita di ghiaccio e neve e tagliare i costi finali per le nazioni vulnerabili e per i grandi emettitori».
Per un altro autore del rapporto James Kirkham, capo scienziato dell'Ambition on Melting Ice (AMI) dell’ICCI, «Senza un'azione urgente sul clima, sarà impossibile per le città e le regioni costiere adattarsi in tempo. Non stiamo parlando di un futuro lontano: gli impatti della perdita della criosfera sono già avvertiti da milioni di persone. Ma la velocità delle azioni che intraprendiamo oggi determina la dimensione e la velocità della sfida a cui le generazioni future dovranno adattarsi. Gli impatti della perdita della criosfera diventeranno solo maggiori ogni ora che i leader ritarderanno l'azione»
La direttrice dell'ICCI Pam Pearson conclude: «I decisori politici non possono permettersi di ignorare il danno globale diffuso provocato da una criosfera che si riscalda. E’ stato minimizzato per troppo tempo nei negoziati sul clima delle Nazioni Unite. Possiamo cambiare le cose alla COP29. Con la consapevolezza che ogni frazione aggiuntiva di grado di riscaldamento aumenta i rischi e i costi per tutte le nazioni, ora è il momento di agire. Salvare la criosfera significa salvare noi stessi».

Redazione Greenreport

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