L’alluvione e la zappa di Giani
Sabato ero all’Assemblea nazionale dei circoli di Legambiente e da Piombino a Grosseto, per arrivarci, abbiamo attraversato lungo l’Aurelia un territorio fradicio di acqua che la pioggia stava ancora inzuppando, un alluvione di portata mai vista che ha fatto esondare il Cornia e – soprattutto – il reticolo di fossi, torrenti e canali minori, ristretto, tombato e spostato per far posto a capannoni, villette, strade o frutto di bonifiche ormai dimenticate.
Un’alluvione che ha completato – speriamo – la mappa rossa della Toscana finita sott’acqua, della Toscana del caldo e della siccità mai viste, a pochi giorni da altre alluvioni, mentre il mare ribolle di caldo che gonfia cicloni mai visti che arrivano dall’Atlantico già zuppi di piogge torrenziali o risalgono il Mediterraneo carichi di sabbia e distruzione. Un’alluvione che si aggiunge e precede l’ennesimo diluvio della confinante Emilia-Romagna, che allaga Bologna e tracima nuovamente fino a Cesenatico e l’Adriatico bollente. Un’alluvione poche ore prima che la siccità e il caldo nordafricano della Sicilia venissero sommersi dal diluvio di Catania e delle Isole Eolie. Disastro su disastro, disastri su disastri in terre che hanno il record di abusivismo edilizio e di reati ambientali. Qualcuno dice che è l’ambiente che si ribella, che si vendica. Ma l’ambiente, la natura, come la giustizia sono ciechi e colpiscono lì dove li porta la macchina plurimillenaria che fa funzionare il pianeta vivente e che abbiamo guastato.
Mai come oggi, in un Paese che arde, muore di sete e annegato, smotta, scivola in mare, perde ricchezza pubblica e privata nella siccità e nel fango diventate la nuova normalità, sarebbe necessaria quella vera e grande opera pubblica chiesta da anni da Legambiente - e da qualche programma elettorale dimenticato il giorno dopo le elezioni - che è il ripristino del territorio, la lotta ai cambiamenti climatici sempre più estremi che vuol dire anche scelte coraggiose, delocalizzazione di interi centri edificati - come hanno fatto e fanno altri Paesi – ripristino naturale dei corsi d’acqua, un’oculata politica idrica, mettere il territorio al centro del bene comune, consapevoli che opere, strutture, progetti, pensati per un’altra epoca climatica non solo non sono più efficaci nel clima che cambia ancora più velocemente rispetto a quanto prevedevano gli scienziati, ma rischiano di essere dannosi e di provocare ulteriori disastri.
Se bastasse pulire le carditoie e tagliare le canne e la vegetazione in qualche alveo fluviale o ripulire le fogne, sarebbe semplice, ma qui ci troviamo di fronte a un mutamento complesso, rapido, brutale, mai visto in queste dimensioni e con queste ricorrenze. La verità è che in moltissimi casi non sarebbero esistite, carditoie, argini e fognature in grado di far fronte a quantità e intensità di piogge cadute record e a portate fluviali mai registrate.
Ho letto gli appelli del Presidente della Regione Giani che chiede al Governo Meloni di dichiarare lo stato di calamità nazionale, ho letto parole di saggezza dell’opposizione rivolte a un governo che vota contro tutte le politiche climatiche ed energetiche dell’Unione europea, un governo di frenatori e negazionisti ambientali mentre il cambiamento climatico devasta l’Italia dalla Liguria alla Sicilia.
Ma ho anche letto qualche giorno fa che, se gli fosse permesso, il presidente della Regione allungherebbe a colpi di zappa la pista dell’aeroporto dell’Elba che è in zona rossa di rischio idraulico, che ha ancora in mente di spostare una strada provinciale e i fossi dai quali sono partiti due alluvioni in 9 anni, ho anche letto che il centro-destra e il PD continuano a chiedere – e a credere – nonostante l’opposizione delle amministrazioni comunali di sinistra, che possa essere allungato l’aeroporto di Firenze in una zone umida, in una cassa di espansione naturale, in una barriera essenziale per proteggersi dai cambiamenti climatici in aree ad altissima intensità di cementificazione. Tutto per portare qualche turista in più in città e isole che hanno problemi di overtourism.
Ecco, tra le alluvioni passate e che purtroppo ci aspettano, tra l’inutile rigassificatore di Piombino che nessuno vuole più e l’assurdo dissalatore che si vorrebbe fare in Valdicornia per portare acqua all’Elba con una costosissima condotta sottomarina, tra la messa in sicurezza del territorio per costruire ancora di più rendendo di nuovo insicuro lo stesso territorio, tra i Piani strutturali che inneggiano al consumo di suolo zero e poi fanno il contrario, tra la richiesta di calamità nazionale e la zappa di Giani, ci sono tutte le contraddizioni che hanno impedito all’Italia (e alla Toscana) di fare quella grande opera pubblica della quale abbiamo bisogno, c’è il cortocircuito della politica che risponde agli interessi privati immediati, che investe enormi cifre di denaro pubblico in opere inutili, vecchie, dannose come il Ponte sullo Stretto di Messina.
C’è l’incapacità di dirsi la verità su quel che sta succedendo, sul cambio di paradigma necessario, sul tempo e i tempi che cambiano, su come affrontare e mitigare il futuro che arriva e che abbiamo fatto finta di non veder arrivare, facendo credere che il progresso fosse nella testarda riproposizione conservatrice di modelli economici e di gestione del territorio vecchi e superati, che la crisi climatica sta spazzando via come una mareggiata fa con i castelli di sabbia costruiti sulla battigia.
Umberto Mazzantini
responsabile mare Legambiente Toscana