La fiscalità italiana penalizza le auto elettriche, nonostante siano più vantaggiose per consumatori e ambiente
In Italia, l’assetto degli oneri fiscali e parafiscali dei beni energetici è penalizzante per le ricariche elettriche e solo la maggiore efficienza energetica delle auto elettriche rende comunque vantaggioso per i consumatori guidare veicoli con motori non alimentati con combustibili fossili. È quanto emerge da un’analisi comparata realizzata da Ecco. Il think tank italiano per il clima ha realizzato un’indagine sui costi di ricarica elettrica e di rifornimento di carburanti tradizionali per l’auto concentrandosi sul peso degli oneri fiscali e parafiscali applicati e sulle implicazioni di gettito per lo Stato. Ebbene, mentre l’ad dell’Eni Claudio Descalzi interviene alla Giornata dell’economia organizzata da Forza Italia a Milano dicendo che la linea dell’Ue sullo stop ai motori endotermici nel 2035 è «insulsa e ridicola», viene diffuso il rapporto di Ecco dal quale emerge che nel nostro Paese c’è ancora molto da fare per abbandonare i motori alimentati con combustibili fossili e accelerare sulla mobilità sostenibile. Lo sconto dell’accisa sul diesel rispetto alla benzina costa, ad oggi, allo Stato, 3,5 miliardi di euro ed è considerato un Sussidio Ambientalmente Dannoso (Sad). In un’ottica di progressiva elettrificazione della flotta di auto circolanti è necessario guardare in modo coerente alle componenti fiscali e parafiscali dell’energia per i trasporti.
Dalle analisi di Ecco emergono tre questioni. La prima: la penetrazione degli Ev (electric vehicles) nella flotta di veicoli circolanti comporta una significativa riduzione dei consumi energetici, data la sua elevata efficienza energetica. Ne consegue una inevitabile riduzione del gettito dello Stato, stimata nello studio in 1 miliardo di euro al 2030. La seconda questione che emerge dallo studio del think tank per il clima: l’incremento del peso della fiscalità sull’elettricità porterebbe ad un aumento dei costi insostenibile per famiglie e imprese. Già oggi, infatti, gli oneri fiscali e parafiscali applicati alle ricariche elettriche sono maggiori delle accise sui carburanti fossili, in contraddizione con un approccio coerente con i principi di fiscalità ambientale e attento alle necessità di evoluzione del mercato dell’auto verso l’elettrico. La terza questione evidenziata nel rapporto dedicato alla fiscalità dell’energia nella transizione dell’auto elettrica: l’eliminazione dei Sussidi Ambientalmente Dannosi deve portare a un sistema di tassazione dell’energia per i trasporti su strada armonizzato e coerente, unica opzione in linea con il percorso di riforma della fiscalità intrapreso dal governo.
La maggiore tassazione delle ricariche elettriche è prevalentemente dovuta alla componente degli oneri generali di sistema, che risultano particolarmente gravosi sulle ricariche alle colonnine a uso pubblico e sulle ricariche private diverse dalle domestiche (come, ad esempio, i contatori condivisi nei garage condominiali).
Per la ricarica domestica gli oneri risultano più elevati rispetto a benzina e diesel rispettivamente del 5% e del 30%, arrivando a un +265% nel confronto con il Gpl. Il differenziale cresce poi sensibilmente per le ricariche domestiche da utenze “altri usi”, che scontano un peso dell’imposizione superiore del 134% rispetto alla benzina, del 191% rispetto al diesel e del 718% rispetto al Gpl.
Confronto esteso anche alle ricariche effettuate in azienda (+22% di oneri vs benzina, +52% vs diesel, +327% vs Gpl), alle colonnine pubbliche a bassa potenza (+45% di oneri vs benzina, +81% vs diesel, +407% vs Gpl) e a quelle ad alta potenza (+202% di oneri vs benzina, +275% vs diesel e +954% vs Gpl). Guardando invece al peso degli oneri in relazione alle emissioni di CO2 delle diverse alimentazioni, con l’attuale mix energetico per la produzione di elettricità in Italia, alla ricarica elettrica è applicato un carico fiscale e parafiscale pari a un costo medio equivalente di 415 €/tCO2 (870 €/tCO2 per le ricariche in media tensione), contro un valore medio di 252 €/tCO2 per i carburanti fossili. Una divergenza in evidente contrasto con l’applicazione del principio comunitario “chi inquina paga” riferito alla CO2, oltre che con gli impegni profusi per il miglioramento della qualità dell’aria nelle città.
Partendo dall’obiettivo del governo di raggiungere entro il 2030 quota 4,3 milioni di auto elettriche e 2,3 mln di ibride plug-in sulle strade italiane, e considerando l’evoluzione del parco circolante e l’estensione ai trasporti del meccanismo Ets dal 2027 (cosiddetto Ets2), il report stima una riduzione del gettito fiscale rispetto al 2023 di circa 1,1 miliardi di euro al 2030, 3,7 mld € al 2035 e 5,8 mld € al 2040. Si tratta di valori che potrebbero essere recuperati intervenendo progressivamente sugli attuali Sussidi Ambientalmente Dannosi (Sad) applicati all’energia per i trasporti. L’effetto di una riforma estesa sui Sad a oggi vigenti per gli usi di tutti i carburanti fossili per i trasporti, infatti, consentirebbe di recuperare oltre 6 miliardi di € (su un totale di 8,8 miliardi di euro di Sad in essere per il settore energetico), di cui circa 3,5 miliardi di euro relativi allo sconto applicato all’accisa per il gasolio rispetto alla benzina.
Ma perché se gli oneri fiscali e parafiscali sulle ricariche elettriche sono ben più alti rispetto a quelli applicati ai carburanti tradizionali le entrate sono previste in calo? La risposta risiede nel fatto che, nonostante il peso degli oneri in tariffa, l’elevata efficienza dei veicoli elettrici permette di percorrere con la stessa quantità di energia distanze da 3 a 5 volte superiori rispetto agli equivalenti mezzi con motore endotermico.
Dal 1990, i sistemi elettrici hanno consegnato una riduzione del 56% delle emissioni, il sistema dei trasporti, al contrario, le ha aumentate dell’1%. Sulla tariffa elettrica gravano oneri di sviluppo delle rinnovabili dei sistemi d’incentivazione passati che permettono oggi la decarbonizzazione del sistema dei trasporti. Chi deve pagare ora? L’analisi mostra come gli oneri sull’elettrico siano già penalizzanti per le ricariche elettriche rispetto ai carburanti. È fondamentale una riflessione sull’eliminazione degli oneri dalle tariffe elettriche, trasferendo le esigenze di gettito su un percorso di riforma estesa dei Sussidi Ambientalmente Dannosi. Un impegno che l’Italia ha assunto sia in sede G7, sia in sede di Consiglio europeo nel quadro di Repower Ee, e già prevista dalla legge delega fiscale.
Spiega Massimiliano Bienati, responsabile del programma trasporti di Ecco: «Con il progressivo passaggio alla mobilità elettrica, nel breve e medio termine, stimiamo una riduzione del gettito da oneri fiscali e parafiscali applicati alle ricariche e ai carburanti relativamente contenuta, sia per il permanere di auto tradizionali, sia per il dispiegarsi dell’effetto del meccanismo Ets esteso ai trasporti su strada. Stiamo procedendo verso una sempre maggiore integrazione dei sistemi energetici, che convergono sull’elettrico sia per il servizio di trasporto che per quote importanti di calore domestico e industriale. Sistemi fiscali e strutture tariffarie devono prendere atto di questo e distribuire i costi e le attese di gettito in maniera coerente con la realtà, non in base a schemi passati». Secondo Matteo Leonardi, co-fondatore e direttore di Ecco, «la proposta del governo di mettere mano alla differenza di accisa tra diesel e benzina è una decisione inevitabile, sia per le evoluzioni attese del mercato dell’auto sia per le esigenze di gettito dello Stato. È essenziale che la fiscalità dei beni energetici sia coerente con l’evoluzione del mercato e a sostegno della transizione. Spetta al governo decidere se i meccanismi con cui correggere questa esigenza fiscale possano essere diluiti in un periodo più ampio in base alle dinamiche di penetrazione sul mercato dell’auto elettrica o maggiormente concentrati per esigenze di bilancio. Certamente questi aumenti devono essere accompagnati da strumenti di garanzia per i consumatori finali. Il meccanismo introdotto dal Decreto Legge nr. 5 del 2023 va in questa direzione».