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Dalla vulnerabilità all’azione. I leader dell’Asia-Pacifico: sul clima responsabilità globale

Il cambiamento climatico mette in pericolo l'esistenza stessa dei piccoli Paesi insulari del Pacifico
 |  Crisi climatica e adattamento

Mentre il mondo assiste impietrito e impotente all’offensiva di Israele in Libano che rischia di trascinare l’intero Medio Oriente in una guerra totale dalle conseguenze catastrofiche i Paesi più piccoli, poveri e dimenticati del mondo cercano di ritagliarsi uno spazio di attenzione all’’Assemblea generale dell’Onu, dove i primi ministri di Vanuatu, Papua Nuova Guinea, Samoa, Laos, Tuvalu e Tonga hanno sottolineato una triste realtà: «Il cambiamento climatico è un pericolo chiaro e attuale per tutti sul Pianeta, ma i nostri Paesi e i loro popoli saranno probabilmente quelli che ne soffriranno di più» e hanno chiesto all’Onu di guidare un'azione unitaria e decisa per mitigare questa minaccia.

Il tema dell'azione collettiva è emerso con forza nei loro discorsi, uniti dalla consapevolezza che,  senza un'azione tempestiva, nazioni vulnerabili come le loro rischiano un'ulteriore emarginazione in un mondo sempre più precario. Nei loro interventi, i leader hanno sottolineato l'importanza cruciale della resilienza climatica e dello sviluppo sostenibile, chiedendo un consistente sostegno finanziario da parte della comunità internazionale. Implorarono la comunità mondiale di prestare attenzione ai loro avvertimenti e di agire non solo per il bene dei loro Paesi, ma per la salute dell'intero pianeta.

I primo ministro delle Vanuatu, Charlot Salwai Tabimasmas, ha detto che «Le nazioni industrializzate continuano a far progredire le loro economie, i piccoli Stati insulari in via di sviluppo sopportano il peso del cambiamento climatico che incide sul loro sviluppo e sulle loro aspirazioni. Se l'attuale traiettoria delle emissioni di carbonio continua il suo percorso pericoloso, Vanuatu non ha alcuna possibilità di essere all'altezza del suo status di stato in via di sviluppo recentemente acquisito. L'ultimo rapporto dell’intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), ha avvertito che la finestra per un'azione concreta volta a ripristinare la salute del pianeta si sta rapidamente chiudendo. L’IPCC ci avverte che probabilmente supereremo una soglia di temperatura pericolosa entro i prossimi 10 anni. Tuttavia, nonostante questo rapporto devastante, la risposta globale alla minaccia del cambiamento climatico rimane al di sotto della media, minando lo sviluppo sostenibile e gli sforzi per sradicare la povertà».

James Marape, premier della poverissima Papua Nuova Guinea visitata recentemente da Papa Francesco, ha denunciato che «Di fronte alla minaccia esistenziale del cambiamento climatico, la ricerca incessante della ricchezza e lo sfruttamento insostenibile delle risorse della Terra stanno mettendo a repentaglio le generazioni future. E’ l’atteggiamento della “sopravvivenza del più adatto”, con il quale nazioni e aziende competono per estrarre risorse, con conseguente degrado ambientale, deforestazione, combustione di combustibili fossili e inquinamento, che aggravano ulteriormente la povertà. Nonostante le sue sfide economiche, la Papua Nuova Guinea resta impegnata a proteggere i suoi ecosistemi marini e forestali a beneficio delle generazioni future. Tuttavia, l'accesso ai finanziamenti per il clima rimane una sfida significativa. I leader mondiali devono affrontare questo problema con urgenza. Senza assistenza, la Papua Nuova Guinea potrebbe essere costretta a sfruttare le sue risorse forestali e marine per raggiungere gli obiettivi di sviluppo e alleviare la povertà. E per questo motivo che mi esprimo in solidarietà con tutte le nazioni forestali, in particolare quelle del bacino del Congo e del bacino amazzonico, per un'adeguata compensazione se vogliamo preservare le nostre foreste che, di fatto, sono i polmoni della Terra».

Feleti Penitala Teo, primo ministro delle minuscole Tuvalu (26 km2 e 11.00 abitanti) , ha ricordato che «A Tuvalu, trattandosi di una piccolo Stato insulare, l'innalzamento del livello del mare indotto dai cambiamenti climatici è e sarà sempre una priorità assoluta. non solo una priorità di sviluppo, ma anche una priorità di sopravvivenza. Se l'innalzamento del livello del mare verrà fermato e le coste di Tuvalu non verranno  fortificate e rinforzate, l'Oceano Pacifico, che un tempo ci definiva, presto inghiottirà determinando la nostra futura esistenza. Ci sono stime spaventosamente inquietanti sull'innalzamento del livello del mare, secondo le quali,  entro il 2050, ovvero tra 26 anni, più del 50% del nostro territorio nazionale sarà regolarmente inondato dalle normali maree. Cinquant'anni dopo, nel 2100, più del 90% del territorio subirà la stessa sorte. Queste previsioni non tengono conto delle condizioni climatiche estreme come cicloni e uragani che “accelereranno esponenzialmente le probabilità di raggiungere tali soglie».

Anche la prima ministra di Samoa, Fiame Naomi Mata'afa, ha lanciato l'allarme sui cambiamenti climatici, chiedendo di incrementare gli investimenti per adattarsi e mitigarne l'impatto: «Non siamo ancora alla fine del 2024, eppure abbiamo assistito a Paesi in tutti gli angoli del globo costretti a sopportare eventi meteorologici estremi, da feroci incendi a devastanti inondazioni e ondate di caldo torride. I piccoli Stati insulari in via di sviluppo  sono molto vulnerabili, gli impatti sono più ampiamente avvertiti a causa delle loro circostanze particolari e della mancanza di capacità di rispondere in modo rapido ed efficace. Le implicazioni del cambiamento climatico, che potrebbero manifestarsi con insicurezza alimentare, mancanza di acqua o di risorse energetiche, competizione per le risorse naturali, perdita di mezzi di sussistenza e migrazione forzata. Chiedo investimenti urgenti e sostanziali per mitigare il cambiamento climatico, promuovere l'adattamento e costruire economie più resilienti. Dobbiamo fare di più per invertire la tendenza, onorare i nostri impegni e obblighi e adottare subito misure urgenti e ambiziose per il clima».

Anche se non è un piccolo stato insulare e non ha nemmeno uno sbocco al mare, il Laos condivide molti problemi con le altre nazioni dell’area Asia- Pacifico e il primo ministro comunista della Repubblica popolare democratica del Laos, Sonexay Siphandone, ha ribadito che i Paesi meno sviluppati come il suo subiscono un impatto sproporzionato: «Nonostante sia uno dei Paesi con meno emissioni inquinanti al mondo, la Repubblica Democratica Popolare del Laos, come molti altri Paesi, ha dovuto affrontare gravi conseguenze dovute al cambiamento climatico e ai disastri naturali. Gli impatti dei cambiamenti climatici, in particolare i disastri più frequenti e devastanti rappresentano minacce reali alla pace e alla sicurezza internazionale, così come le tensioni geopolitiche, i conflitti, le crisi economiche e l'aumento della povertà. Mettono inoltre a repentaglio il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) e l’attuazione delleAgenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Nonostante il fatto che la Repubblica Democratica Popolare del Laos sia senza sbocchi sul mare, siamo pronti a contribuire agli sforzi internazionali per proteggere l'ambiente, chiedendo nel contempo misure di sostegno per aumentare ulteriormente la capacità di adattamento e la resilienza per rispondere agli impatti futuri».

Anche il primo ministro del cristianissimo Regno di Tonga, Siaosi 'Ofakivahafolau Sovaleni, ha ribadito questa urgenza: «Decennio dopo decennio, anno dopo anno, presentiamo a questo stimato organismo la minaccia esistenziale che il cambiamento climatico rappresenta per il Pacifico, compresa Tonga. Ma quest'anno la situazione è ancora più grave. Non ci sono dubbi, siamo sull’orlo di una catastrofe climatica. Il recente rapporto della World meteorological organization ha confermato il 2023 come l'anno più caldo mai registrato. L'innalzamento del livello del mare nel Pacifico sudoccidentale sta superando notevolmente la media globale, raggiungendo anche i 15 centimetri in alcune aree negli ultimi 30 anni. L'innalzamento dei livelli del mare sta erodendo le coste, inghiottendo intere isole e costringendo le famiglie ad abbandonare le loro case ancestrali. non si tratta solo di perdere terra, ma della nostra stessa identità, della perdita di patrimonio e cultura. Per le nazioni del Pacifico, questi cambiamenti non sono solo questioni ambientali; sono minacce esistenziali che mettono a repentaglio l'esistenza stessa dei piccoli Paesi insulari del Pacifico, tra cui Tonga».

Redazione Greenreport

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