Il Governo sta lavorando all’obbligo di assicurazione sulle case contro i rischi naturali
Dopo l’ennesima tragedia in corso a causa delle alluvioni che si sono abbattute sull’Emilia Romagna, alimentate da un mix tra crisi climatica e feroce consumo di suolo, il ministro per la Protezione civile Nello Musumeci ha dichiarato che il Governo è al lavoro per introdurre «la necessità (non abbiamo ancora parlato di obbligo ma ci avvieremo verso questa conclusione) anche per le famiglie e i cittadini di sottoscrivere una polizza assicurativa contro i rischi naturali».
L’annuncio è arrivato nel corso dell'Insurance high-level conference, durante il quale Maria Bianca Farina, in qualità di presidente dell’Ania – l’Associazione nazionale delle imprese assicuratrici – ha sottolineato come «abbiamo appena assistito all'ennesima prova che il cambiamento climatico è ora una minaccia reale in tutto il mondo. In Italia solo il 6% delle abitazioni è coperto contro i rischi di terremoto e alluvione e solo il 5% delle imprese ha una polizza per gli stessi rischi».
Si stima che negli ultimi 40 anni l’Italia abbia subito danni per 111 miliardi di euro da rischi naturali (esclusi i terremoti, contando i quali si arriva a un importo quasi doppio), e solo nell’ultimo anno il costo totale derivante dai fenomeni naturali estremi ha raggiunto la cifra record di 16 miliardi di euro (+22% rispetto al 2022), in base ai dati dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass).
Proprio a causa degli ingenti danni riportati lo scorso anno, entro dicembre 2024 – come stabilito in legge di Bilancio – le imprese con sede legale in Italia sono obbligate a siglare contratti assicurativi che coprano i danni a terreni, fabbricati, impianti, macchinari e attrezzature industriali e commerciali contro eventi catastrofali quali sismi, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni. Adesso il Governo è al lavoro per introdurre un simile obbligo anche sulle case dei cittadini.
Ma la crisi climatica in corso sta portando a un aumento in frequenza e intensità degli eventi meteo estremi, che solo nell’ultimo anno sono cresciuti in Italia del 22% (e l’anno prima del 55%), aggravando i danni su territori resi sempre più fragili dal crescente consumo di suolo. In un contesto simile anche le assicurazioni da sole non bastano: al crescere del rischio legato agli eventi meteo estremi, non possono costituire una scusante per porre in capo ai singoli privati i pericoli legati alla crisi climatica, che per essere affrontata con efficacia necessita di risposte collettive (per le alluvioni spendiamo 7 volte più in emergenze rispetto alla prevenzione, certifica il Cigno verde).
Un esempio pratico arriva dagli Stati Uniti, dove è già in corso una crisi nel mondo delle assicurazioni contro i rischi naturali, con compagnie che hanno già iniziato a sospendere la vendita di nuove polizze a causa dei costi astronomici dei rimborsi, gonfiati dai eventi meteo estremi – a partire dalle alluvioni – sempre più violenti; dove non vengono sospese, le assicurazioni contro le alluvioni propongono polizze sempre più esose, tagliando fuori dal mercato i clienti più poveri, che incidentalmente sono anche quelli più esposti a maggiori perdite in caso di catastrofi naturali.
L’Ania propone un approccio diverso per il caso italiano, basato su una compartecipazione dei rischi col pubblico: «Come assicuratori italiani, crediamo fermamente che i programmi assicurativi pubblico-privati (Ppip) per i rischi naturali svolgano un ruolo fondamentale», afferma nel merito Farina.
Si tratta di un approccio certamente più cautelativo, ma anche in questo caso insufficiente, se non accompagnato da politiche di pubblica prevenzione. Che fare dunque? Occorre agire su più fronti: da un lato mitigare la crisi climatica tagliando le emissioni di gas serra – investendo in efficienza energetica e fonti rinnovabili –, dall'altro adattare le città al clima che cambia.
Una prima proposta di Piano nazionale per la sicurezza idrica e idrogeologica per affrontare la doppia minaccia di siccità e alluvioni, c’è già: l’ha elaborata la Fondazione Earth and water agenda – nell’ambito del rapporto Water intelligence promosso proprio da Proger – arrivando a stimare la necessità di investimenti da 17,7 mld di euro l’anno per un decennio, dalle soluzioni basate sulla natura agli invasi, dal servizio idrico integrato agli usi agricoli e industriali dell’oro blu.