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In Emilia Romagna 350 mm d’acqua in 48 ore, domani sarà ancora allerta rossa

Se non ora, quando? Al Piano di adattamento climatico servono fondi dalla legge finanziaria

Wwf: «La classe dirigente, anche industriale, sembra invece molto più attratta dalle grandi opere inutili, dal nucleare al Ponte sullo Stretto»
 |  Crisi climatica e adattamento

Nelle ultime 48 ore sono oltre 350 i millimetri di pioggia rovesciati dal ciclone Boris sull’Emilia-Romagna, con picchi massimi nella zona tra Ravenna e Brisighella; a confronto, nel maggio 2023 furono 400-450 i millimetri d’acqua caduta, ma in due alluvioni.

Sono quattro i bacini interessati (nei territori tra Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena) con tracimazioni, e oltre un migliaio le persone evacuate, di cui 800 solo nel ravennate. E anche domani sarà una giornata da allerta meteo rossa.

Il massimo livello d’allarme per criticità idraulica e idrogeologica domani sarà concentrato nelle province di Bologna, Rimini, Ravenna e Forlì-Cesena, a causa delle precipitazioni cadute nelle ultime 48 ore e di quelle previste (in attenuazione), mentre per la provincia di Modena sarà allerta arancione.

«Poche ore fa – dichiarano nel merito da Greenpeace – la premier Meloni definiva “disastrosi” i risultati del Green deal europeo. Ma il vero disastro sta avvenendo in Regioni costrette sempre più spesso a pagare il prezzo di scelte politiche piegate agli interessi dell’industria dei combustibili fossili e allo scempio dei territori. Ormai intere comunità, anche in Italia, sono costrette a convivere con il pericolo e la paura di perdere tutto come effetto della crisi climatica. E non possiamo dimenticare chi ha la responsabilità per quello che sta succedendo. A pagare i danni che stanno causando dovrebbero essere i responsabili della crisi climatica, in primis le aziende del petrolio e del gas e non le persone che ne subiscono le conseguenze».

Difendersi dalle alluvioni significa infatti mettere in campo una doppia politica d’azione. La prima incentrata sulla riduzione delle emissioni di gas climalteranti, ovvero dire addio ai combustibili fossili per investire su efficienza energetica insieme a reti, accumuli e impianti per le fonti rinnovabili. Il secondo pilastro riguarda l’urgenza di rammendare territori ormai indifesi di fronte alla crescente violenza dell’acqua, che si manifesta col doppio volto di siccità e nubifragi: è il capitolo dell’adattamento climatico.

Peccato che il Governo Meloni tenga ai margini entrambe le priorità. Mentre si moltiplicano gli ostacoli normativi all’installazione degli impianti rinnovabili – da ultimo col Testo unico cui sta lavorando il Parlamento –, la maggioranza vaneggia sul nucleare col solo risultato di rendere ancora più lenta e costosa la strada obbligata verso la decarbonizzazione. In contemporanea, tiene chiuso in un cassetto, senza finanziamenti, il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) che pure ha approvato nel gennaio di quest’anno dopo lunghissima gestazione.

Non a caso il Wwf torna oggi a rimarcare «l’assoluta assenza» dei necessari atti politici e operativi per adeguare il Paese alla nuova realtà climatica: «In Romagna si è ripetuto in due anni un disastro che una volta si riproponeva dopo secoli, dimostrando ancora una volta, e non se ne sentiva il bisogno, che siamo in un nuovo clima». 

Che fare, dunque? La risposta è sempre la solita: «È vitale prevedere i finanziamenti per la neutralità climatica – sottolinea il Wwf – Se le emissioni continueranno a salire, rischiamo di non riuscire a gestire i cambiamenti del clima. L’Italia non può scegliere il passato, semplicemente perché esso non esiste più: deve investire nel pensare alla nuova realtà climatica, cercando la strada per la prosperità e un’economia fiorente nelle nuove condizioni».

Allo stesso modo è essenziale trovare fondi per l’adattamento climatico, mentre il Pnacc «non individua né le priorità, né le fonti di finanziamento. Il Piano – rincara il Wwf – è stato messo in un cassetto e non è entrato nelle priorità del Governo, anche in vista della prossima legge finanziaria: la classe dirigente, anche industriale, sembra invece molto più attratta dalle grandi opere inutili, dal nucleare al Ponte sullo Stretto».

Ma a lavorare di più e meglio su questi fronti dovranno essere anche le Regioni, cui peraltro il Governo Meloni con la sua autonomia differenziata vorrebbe affibbiare ulteriori responsabilità. «Certo, in Romagna alcuni interventi per l'emergenza sono stati effettuati – riconoscono dal Panda nazionale – tant’è che una quantità d’acqua pari o superiore a quella dello scorso anno ha provocato meno danni alle persone (sulle cose è ancora presto per dirlo). Purtroppo la Regione continua a gestire i corsi d’acqua con interventi di manutenzione totalmente inadeguati e spesso controproducenti, come il Wwf da anni denuncia. Si interviene ancora e soprattutto a seguito delle emergenze, mancano prevenzione e pianificazione e soprattutto gli strumenti necessari, come ad esempio i Programmi di gestione sedimenti, previsti per legge, mancano per quasi tutto il territorio (c’è praticamente solo per il Po), peraltro previsti per legge.

Così i problemi strutturali sono rimasti tutti, perché adattarsi vuol dire cambiare per essere preparati a una nuova realtà. E invece si continua, con limiti sempre più evidenti, a misurarsi con l’emergenza. Nel 2023, poi, il Governo aveva promesso rimborsi del 100% ai cittadini: questi rimborsi non sono arrivati affatto (dal Pnrr sono arrivati 1,2 mld di euro, equivalenti a circa 1/7 dei danni, ndr) e la maggior parte degli alluvionati ha potuto contare solo sulla società civile e il supporto locale». 

Solo negli ultimi due anni, l’Italia ha patito danni per alluvione pari a 15 mld di euro, dalle Marche a Ischia e dalla Romagna alla Toscana. Ma anziché pensare a preparare i territori al nuovo clima, il Governo vorrebbe spenderne altrettanti sul solo ponte sullo Stretto di Messina. Ormai basterebbe aprire la finestra e guardarsi attorno, per capire che le priorità di un Paese in crisi climatica come il nostro sono altre.

«Il Wwf – concludono nel merito gli ambientalisti – chiede che sia dia immediatamente applicazione al Piano di adattamento, sia varando subito gli organismi di governance e di attuazione, inclusi quelli di partecipazione, sia prevedendo un piano di stanziamenti adeguati nella ormai prossima finanziaria». Sarebbe criminale aspettare oltre, in vista dell’ennesima tragedia annunciata da crisi climatica.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.