L’Italia e l’Europa rischiano di rimanere senza ghiacciai
Il bilancio della Carovana dei ghiacciai 2024, la quinta edizione della campagna internazionale di Legambiente in collaborazione con CIPRA Italia e con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano, non è positivo: «L’Italia, come il resto dell’Europa, rischia di rimanere senza ghiacciai, memoria antica del Pianeta. Entro il 2100, secondo alcuni studi scientifici, con un riscaldamento globale di 2,7°C, l’Europa centrale rischia di perdere il 100% della copertura glaciale. Il primo grido d’allarme arriva proprio dai ghiacciai dell’arco alpino, ormai già da tempo in agonia e in coma irreversibile: dalla Francia all’Italia passando per la Slovenia i giganti bianchi fondono a ritmi impressionanti, con un’accelerata che si intensificata soprattutto dagli anni 2000, lasciando spazio a rocce e detriti e a nuovi ecosistemi che riempiono il vuoto lasciato dai ghiacciai. In più l’aumento degli eventi meteo estremi ha accelerato fenomeni come frane e colate detritiche rendendo la montagna più instabile».
Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, ha commentato: «Con la nostra campagna Carovana dei ghiacciai abbiamo diffuso la conoscenza sui ghiacciai e sul loro stato di salute sempre più precario. A tal riguardo l’Italia deve fare la sua parte con più politiche di adattamento e mitigazione non più rimandabili, perché quello che sta accadendo ad alta quota avrà ripercussioni anche a valle e sulle comunità locali. L’aumento delle temperature, il campanello d’allarme dello zero termico in quota, gli eventi meteo estremi in aumento anche nelle regioni alpine, sono segnali che non possono essere trascurati, sono un monito importante per il Pianeta e per tutti noi. Serve una presa di coscienza collettiva e servono azioni nazionali e locali di adattamento e occorre investire di più sulla ricerca scientifica per comprendere come il fenomeno si evolverà in futuro».
Le 7 tappe realizzate dal 5 agosto al 9 settembre lungo l’arco alpino hanno permesso alla Carovana di fare il punto sulla salute di 12 ghiacciai osservati speciali: 10 in Italia e 2 all’estero. Dal ghiacciaio della Mer Del Glace sul Monte Bianco, il tetto d’Europa e il re delle Alpi, che in 174 anni ha perso 300 metri di spessore all’altezza della stazione Montenvers, al ghiacciaio di Flua, sul Monte Rosa, estinto dal 2017. Nell’800 era grande quanto 112 campi di calcio, oggi è solo un mare di rocce e detriti. Anche i ghiacciai limitrofi al Flua, non se la passano bene. Dagli anni ‘8o il ghiacciaio delle Piode e il Sesia-Vigna (ramo orientale) sono arretrati di oltre 600 metri lineari, con una risalita della quota minima frontale di oltre 100 metri.
In sofferenza anche i ghiacciai della Valpelline, in Valle D’Aosta, che arretrano sempre di più feriti anche dagli eventi meteo estremi. Dal 1850 la fronte dell’antico ghiacciaio, che comprendeva gli attuali ghiacciai minori, è arretrata di ben 7 km. In particolare, preoccupa l’accelerazione che si è registrata dagli anni 2000, con il ghiacciaio delle Grand Murrailes che ha perso 1,3 km di lunghezza dal 2005 e la sua fronte oggi si trova a circa 2900 m s.l.m., ben 500m più in alto. Analogamente, il ghiacciaio di Tza de Tzan ha perso 1,2 km di lunghezza dal 2002 e la sua fronte è “risalita” di ben 400m, attestandosi alla stessa quota del ghiacciaio delle Grand Murrailes.
Impressiona la velocità del ritiro delghiacciaio di Fellaria, il terzo ghiacciaio lombardo per estensione ha perso il 46% della sua superficie dal 1850 ad oggi che ha portato alla creazione di un grande lago proglaciale, iniziato a formarsi dopo il 2003, e che ha raggiunto un’estensione di 222.000 metri quadri (pari a 30 campi da calcio). E poi ci sono i ghiacciai sotto i 3500 metri in coma irreversibile come il ghiacciaio della Marmolada che registra picchi di perdita di spessore a breve termine di 7 cm al giorno. Se 136 anni fa si estendeva per circa 500 ettari, ed era grande come 700 campi da calcio, dal 1888 ha registrato una perdita areale superiore all’80% e una perdita volumetrica superiore al 94%. La Marmolada, insieme al ghiacciaio dell’Adamello e dei Forni e ai ghiacciai sotto i 3500 metri, è destinato a scomparire entro il 2040. Per arrivare ai ghiacciai morenti delle Alpi Giulie: i Ghiacciai del Canin (In Friuli Venezia Giulia) e del Triglav (in Slovenia) che si sono ridotti a residui sparsi di neve e ghiaccio. Il primo è passato da una superficie da 9,5 ettari negli anni 50 agli 1,4 ettari di oggi; il secondo da 40 ettari, ossia grande quanto 56 campi da calcio, nel 1946 a circa 0,2 ettari nel 2022 meno di un campo da calcio. Una buona notizia: dal Ghiacciaio del Montasio che resiste, poiché nell’inverno 2023-2024 ha accumulato 8 metri di neve. In Lombardia, il ghiacciaio dei Forni dalla seconda settimana di luglio a inizio agosto, con l’arrivo dell’anticiclone africano, è stato in fusione giorno e notte con un elevato tasso di fusione che va dai 4 agli 8 cm al giorno di ghiaccio fuso a quota 2650 e 2600 m, con una perdita totale di spessore che nelle aree frontali si avvicina ai 2 metri. Crisi climatica, eventi meteo estremi, overtourism, rifiuti abbandonati, ma anche impianti dismessi sono tra le minacce principali per montagna e ghiacciai.
In particolare preoccupa l’aumento degli eventi meteo estremi: ben 101 quelli registrati nelle regioni alpine da inizio anno a luglio 2024 dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente e che hanno lasciato ferite profonde, ad esempio, sul Monte Rosa, versante piemontese, e la Valpelline, in Valle D’Aosta, colpite a fine giugno da piogge intense. In particolare sulla Valpelline, le piogge intense hanno spaccato in due il sentiero, alterato la morfologia di questa zona portando a valle i detriti della morena e altro materiale lungo la valle, in quantità pari al volume trasportabile da circa 300mila camion movimento terra. Tra le altre minacce, preoccupa l’abbandono dei rifiuti in quota – circa 400 quelli trovati raccolti dal team di Carovana dei ghiacciai 2024 sulla Marmolada, alcuni risalenti anche alla prima guerra mondiale, e quasi 150 quelli raccolti lungo i due sentieri che portano al Ghiacciaio dei Forni in Lombardia. Montagne ferite anche da vecchi impianti chiusi e mai smantellati come quello presente sulla Marmolada a Pian dei fiacconi, travolto dalla valanga del 2020 e su cui Legambiente chiede un rapido intervento. Secondo l’ultimo report Nevediversa, in Italia aumentano il numero delle strutture dismesse che raggiungono quota 260 (erano 249 nel report precedente) di cui 176 sulle Alpi e 84 sulla dorsale appenninica.
Di fronte a questo allarmante bilancio, Carovana dei ghiacciai di Legambiente, anche in vista dell’anno internazionale dei ghiacciai, torna a ribadire «L’urgenza di una governance europea e internazionale dei ghiacciai e l‘applicazione di interventi e politiche urgenti».
Vanda Bonardo, responsabile nazionali Alpi di Legambiente e presidente di CIPRA Italia, ha sottolineato che «Con la quinta edizione di Carovana dei ghiacciai abbiamo raccontato la fragilità e la sofferenza di montagne e ghiacciai minacciate dalla crisi climatica ma anche dalle attività antropiche, come l’overtourism, i rifiuti abbandonati in quota o i vecchi impianti chiusi e da smantellare come quello a Pian Dei Fiacconi, sulla Marmolada. La montagna sta cambiando volto e profilo, nuovi ecosistemi prendono vita, mentre nevica sempre di meno. La neve tardiva di questa primavera non è bastata per aiutare i ghiacciai in agonia. È tempo di agire, ce lo ricorda ogni anno l’IPCC che oltre ai dati ribadisce da anni l’urgenza di azioni concrete da parte degli stati di tutto il mondo. Quello che serve è una governance europea e internazionale per i giganti bianchi accompagnata da una gestione sostenibile del territorio e da interventi precisi come quelli che abbiamo sintetizzato nel Manifesto per una governance dei Ghiacciai e delle risorse connesse e nella petizione Una firma per i ghiacciai, che invitiamo tutti a firmare».
Oggi il Cigno Verde ha presentato 5 proposte legate alle minacce e questioni ambientali in corso: 1) l’attuazione del piano di adattamento nazionale e di piani a scala locale, 2) un turismo ad alta quota più sostenibile e rispettoso della montagna per frenare l’overtourism; 3) più coscienza ambientale e attenzione ai propri rifiuti, le montagne non sono discariche; 4) tutelare i nuovi ecosistemi che si stanno formando in quota attuando la road map nazionale sulla biodiversità che Legambiente ha proposto nella tappa sulle Alpi Giulie”; 5) definire un piano nazionale per lo smantellamento degli impianti ad alta quota chiusi e abbandonati.
Valter Maggi e Marco Giardino, presidente e vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano (CGI), concludono: «Il viaggio di Carovana dei ghiacciai 2024 che abbiamo intrapreso insieme a Legambiente ha seguito un filo logico scientifico ben preciso, sviluppato attraverso il confronto fra dati storici delle campagne CGI e le osservazioni sul terreno. Ciò ha permesso di riconoscere -tappa dopo tappa- la progressiva riduzione di spessore di un ghiacciaio nell’ultimo secolo, la perdita di lunghezza lineare, la scomparsa di un ghiacciaio, l’accelerazione del ritiro glaciale negli ultimi decenni e soprattutto le influenze che il ghiacciaio ritirandosi impone su biodiversità, geodiversità e sulla risorsa acqua. I fenomeni di ritiro glaciale generano impatti sull’ambiente d’alta quota che impongono una risposta consapevole, coerente e sostenibile da parte dell’uomo».