Milano in crisi climatica, due proposte per salvare la città dai nubifragi
Ho provato a guardare e analizzare cosa è successo giovedì 5 settembre a Milano. Ho tratto la conclusione che sul nodo idraulico di Milano serve un investimento in opere di vasche sui fiumi e sui sistemi di fognatura, e nello stesso tempo un piano deciso di depavimentazione e dispersione delle acque piovane. Due percorsi paralleli, per uscire dal rischio allagamenti e esondazioni. Ci vuole una scelta coraggiosa e decisa della regione, delle provincie, dei sistemi idrici e fognari, dei comuni e del governo.
E poi non mollare come il Comune ha fatto per la vasca di Milano, con decisioni del 2015 che nel 2024 hanno portato risultati: 4 piene, mezza esondazione di sole 2 ore in 8 mesi (10/3, 15/5, 19/7, 5/9), dopo 50 anni con 120 esondazioni per un totale di quasi 600 ore di esondazione, 12 ore all’anno. Qualcuno giovedì in strada a Niguarda diceva e qualcuno scriveva sui giornali: “Seveso, non è cambiato niente in 50 anni”. Capisco, ma non è così: da 12 ore a 2 di esondazione all’anno, e se la Regione Lombardia accelerasse i lavori e finalmente finisse le vasche di Senago e Lentate, come ha fatto Milano, saremmo a posto. Provo a spiegarmi.
Giovedì 5 settembre a Milano sono caduti 120 mm di pioggia in 8 ore, come anche nella zona di Rho, Paderno Dugnano e Cinisello Balsamo. In altre zone invece la pioggia non ha superato i 50-60 mm, la metà. Intorno alle ore 11 l’intensità è stata molto elevata, 35 mm/h. Piogge intense, tanta acqua che si è riversata in città, circa 20 milioni di mc. E tutta questa acqua una volta veniva assorbita dal terreno, ma oggi a Milano e nel territorio a nord, in Brianza, nel Monzese, lungo l’asse del Sempione il territorio è molto urbanizzato e la maggior parte della superficie è coperta da case, cortili, laboratori, magazzini, piattaforme logistiche, strade, piazze, parcheggi; è quindi impermeabile e quando piove l’acqua va nelle fognature e nei depuratori, ma quando è tanta, viene scaricata tutta e subito nei fiumi.
È quello che è successo giovedì 5/9 e ogni volta che ci sono temporali o precipitazioni forti. 20 milioni di mc di acqua, in buona parte finiti nel sistema fognario di Milano, tutti insieme in sole 8 ore, e una volta pieni i depuratori, buona parte di quei 20 milioni di mc di acqua è finita direttamente e subito nei fiumi. E lo stesso è successo a nord di Milano, in Brianza, nel Monzese, nel Rhodense e asse del Sempione, e gran parte di quell’acqua, probabilmente altrettanti 20 milioni di mc., ha ingrossato Olona, Seveso e Lambro. E lo si può vedere bene all’incrocio tra via Aldo Moro e via Ornato, al confine tra Milano e Bresso dove ci sono due collettori della fognatura di Bresso e di Cinisello Balsamo (in foto): il canale Breda che entra nel Seveso proprio sulla curva del Seveso poco a nord di via Aldo Moro e il troppo pieno del depuratore della fognatura di Bresso in via Tremiti a Milano, che entra nel Seveso subito a sud di via Aldo Moro.
I fiumi posso portare via una portata massima di acqua costituita dall’ampiezza del proprio letto: il Lambro meridionale, che a sud Milano prende le acque dell’Olona e dello scolmatore del Seveso, per una portata di 143 mc. al secondo; il Redefossi (che è la continuazione di Seveso e Martesana) per una portata di 40 mc. al secondo, la Vettabbia con 30 mc. al secondo, e il Lambro, che a sud di Milano ha una portata di circa 200 mc al secondo. Quindi i fiumi a sud di Milano nelle 8 ore di giovedì possono aver porta via in quelle 8 ore in totale circa 12 milioni di mc di acqua. Però a Milano e nella zona a nord ne sono caduti almeno 40 di milioni di mc di acqua. Giovedì scorso si è visto bene questo fenomeno.
Le piogge sono state concentrate a Milano. Lungo il Lambro leggendo i dati dei mm di pioggia cumulata cadute il 5/9 si vede che nel tratto milanese, tra Milano città, Sesto San Giovanni e Monza i misuratori segnano una quantità di pioggia tra 75 e 110 mm di pioggia cumulata, mentre tra Lesmo (Monza nord) e Sormano (sorgente Lambro) segnano tra 35 e 50 mm totali: la metà dell’acqua caduta a Milano. Difatti a Milano il Lambro ha raggiunto quota 2.70. E lo si vede da come sono andati i livelli del Lambro nel suo corso: l’idrometro di Milano via Feltre è passato dalle 10.30 alle 14.30 da cm. 90 a cm. 270, una impennata di 180 cm.; l’idrometro di Peregallo a Lesmo (Monza nord) è passato nello stesso intervallo temporale da 20 a 70 cm., cioè è salito solo di 50 cm., contro i 180 cm. dell’area milanese. La pioggia caduta copiosa sull’area più urbanizzata ha fatto salire il Lambro di quasi 2 metri in 4 ore e ha portato all’allagamento del quartiere di PonteLambro e del Parco Lambro, con pochissima acqua proveniente da nord di Monza: praticamente il Lambro è esondato solo con le piogge di Milano. Il tema è quindi chiaro, a maggiore rischio sono le piogge intense, che cadono sulle aree urbanizzate.
A mio parere le cose da fare sono due. Primo (l’antibiotico per fermare l’infezione): realizzare vasche che trattengono l’acqua delle fognature e dei fiumi durante le piene e la rilascino al termine dei fenomeni. Secondo (la cura): diminuire la quantità d’acqua che quando piove finisce nella rete delle fognature e da qui immediatamente nei fiumi attraverso i troppo-pieni. Altrimenti il sistema salta, come avvenuto giovedì 5/9 con le esondazioni di seveso e lambro, con i rigurgiti del lambro meridionale nei quartieri di gratosoglio, donna prassede e binda, con gli allagamenti in tutta milano e nei sottopassi.
Come fare?
Primo: creare vasche per trattenere l’acqua piovana dei fiumi e delle fognature. Quando e dove? Nei fiumi, come con la vasca del Seveso a Milano. Per il Seveso serve che Regione Lombardia completi velocemente i lavori almeno delle due vasche di Senago e Lentate sul Seveso, approvate e finanziate con l’accordo del 2015 (di cui il presidente di Regione Lombardia è commissario governativo per la realizzazione) con 112 milioni del Governo del centrosinistra, i 10 di Regione Lombardia, i 20 del Comune di Milano. Per il Lambro serve progettare una o due vasche nel tratto Monza-Milano quello più urbanizzato e fare un piano di investimento straordinario come fu fatto nel 2015, con una decisione storica del governo di centrosinistra. Presidente Fontana, batti un colpo. Ma non basta: servono vasche nel sistema fognario che prima dei depuratori trattengano le acque. La Regione con i gestori dei sistemi idrici e fognari di Milano, Città metropolitana di Milano, Monza e Brianza, Como ha un piano: ma trattiene una quantità insignificante di acqua e in tempi troppo lunghi: serve rifare il piano nelle quantità e nei tempi.
Secondo: togliere acqua piovana dalla fognatura. Bisogna depavimentare e togliere l’acqua della pioggia che finisce in fognatura dai tombini delle strade e dai condotti dei pluviali delle case e dei cortili delle costruzioni, facendola invece disperdere nel terreno. A Milano abbiamo cominciato a farlo, non solo nei nuovi progetti, ma anche depavimentando. Un esempio a Niguarda, in via Tremiti e Guido da Velate, in adiacenza al depuratore di Bresso, un’area stradale e di parcheggio è stata in parte depavimentata e in parte sotto il parcheggio creata una vasca di dispersione dell’acqua che dall’asfalto del parcheggio va nel terreno a irrigare gli alberi. E lo stesso faremo con il Parco Nord davanti al Cimitero di Bruzzano, depavimentando la parte di ex parcheggio servita come cantiere della vasca di Milano del Seveso. E lo abbiamo fatto con i soldi della vasca acquisendo al Parco Nord l’area della ex Item e trasformandola in zona umida del Parco Nord. Sono piccoli contributi per togliere acqua dalla fognatura, ma questa è la strada. Facciamo un Piano straordinario di depavimentazioni, anche con le risorse dei sistemi idrici e di fognatura, subito.
Regione Lombardia in sede di accordo del nodo idraulico di Milano, insieme alle Provincie e ai Comuni capoluogo, e ai gestori dei servizi idrici e fognari, costruisca un Piano e insieme andiamo a Roma e in Europa a chiedere i soldi ed utilizzando i soldi della tariffa dell’acqua. Altrimenti continueremo a chiedere i soldi per i danni: i soldi sono gli stessi, ma quelli per i danni tamponano in parte ma non risolvono, quelli delle opere riducono il rischio e i danni, e ci avvicinano alla soluzione.
di Marco Granelli, assessore a Sicurezza e Protezione civile del Comune di Milano