Al centro del rapporto Draghi la decarbonizzazione come fonte di crescita
Centosettanta proposte spalmate su 327 pagine. Tra i 750 e gli 800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui necessari per raggiungere gli obiettivi comunitari (in rapporto al Pil si tratta del 4.4-4.7%, una percentuale doppia rispetto a quanto previsto dal Piano Marshall di metà secolo scorso). Ma il tutto, basato essenzialmente su tre soli assi che servono per rilanciare la produttività del vecchio continente: innovazione, difesa e decarbonizzazione.
Mario Draghi presenta il tanto atteso rapporto sulla competitività dell’Unione europea e non a caso il capitolo «clima» presente nel corposo documento, suddiviso in più parti e consultabile sul sito web della Commissione europea, ricopre una rilevanza strategica. L’ex governatore della Bce, illustrando i contenuti del report che gli ha commissionato Ursula von der Leyen un anno fa insieme alla stessa presidente della Commissione Ue, sottolinea che è d’obbligo «combinare la decarbonizzazione con la competitività» non solo perché lo si deve fare per contrastare la crisi climatica, ma perché è conveniente: «La decarbonizzazione per noi deve essere una fonte di crescita. Se tutte le politiche saranno in linea con gli obiettivi legati al clima, e poi lo vedremo meglio questo punto, perché qui c’è un grande ‘se’, la decarbonizzazione sarà certamente un’opportunità per la crescita».
Come per altri settori toccati nel rapporto, Draghi invita dunque i paesi comunitari a fare di più di quanto non si sia fatto finora, «affinché l’Ue conservi la sua ragion d’essere». Ma sulle strategie legate al clima le raccomandazioni danno l’impressione di pesare di più, perché da esse dipendono anche altri settori fondamentali per centrare l’obiettivo della crescita, perché «i valori fondamentali dell’Europa sono prosperità, equità, libertà, pace e democrazia in un ambiente sostenibile».
Non a caso, il tema della sostenibilità e della tutela dell’ambiente trova spazio nelle primissime pagine del rapporto. «Se agli ambiziosi obiettivi climatici dell’Europa corrisponderà un piano coerente per raggiungerli, la decarbonizzazione sarà un'opportunità per l’Europa», scrive Draghi nell’introduzione del testo. «Ma se non riusciamo a coordinare le nostre politiche, c'è il rischio che la decarbonizzazione sia contraria alla competitività e alla crescita». Eccolo il punto. E su questo devono concentrarsi i Paesi comunitari, sapendo che i capitoli «clima» ed «energia» devono essere affrontati insieme.
L’ex governatore della Bce ricorda infatti che anche se i prezzi delle forniture elettriche sono diminuiti considerevolmente «rispetto ai loro picchi», quando cioè il costo di gas e petrolio è considerevolmente aumentato a seguito dell’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina, «le aziende dell’Ue devono ancora affrontare prezzi dell’elettricità che sono 2-3 volte quelli degli Stati Uniti. I prezzi del gas naturale sono 4-5 volte più alti». Draghi sottolinea che il maggior costo in ambito Ue è dovuto «anche a problemi fondamentali del nostro mercato comune dell’energia: le regole del mercato impediscono alle industrie e alle famiglie di cogliere appieno i benefici dell’energia pulita nelle loro bollette. Tasse elevate e le rendite catturate dagli operatori finanziari aumentano i costi dell’energia per la nostra economia», osserva Draghi. «Nel medio termine, la decarbonizzazione contribuirà a spostare la produzione di energia verso fonti energetiche pulite e sicure, a basso costo. Ma i combustibili fossili continueranno a svolgere un ruolo centrale nella determinazione dei prezzi dell’energia per il resto di questo decennio. Senza un piano per trasferire i benefici della decarbonizzazione agli utenti finali, i prezzi dell’energia continueranno a pesare sulla crescita», sottolinea ancora l’ex presidente della Bce, aggiungendo: «La spinta globale alla decarbonizzazione è anche un’opportunità di crescita per l'industria dell’Ue. L’Ue è leader mondiale nelle tecnologie pulite come le turbine eoliche, gli elettrolizzatori e i carburanti a basso contenuto di carbonio, e più di un quinto delle tecnologie pulite e sostenibili a livello mondiale sono sviluppate qui».
Il rapporto Draghi non raccoglie però solo parole di consenso, nel fronte ambientalista. L’European environmental bureau (Eeb), sottolinea che Draghi «vede giustamente la decarbonizzazione come un punto di svolta per ridurre i costi energetici europei e aumentare la sicurezza, ma cade nella pericolosa trappola di sostenere un approccio “neutrale dal punto di vista tecnologico”».
Il dito viene puntato in particolare su un passaggio del report in cui parlando di «clean tech», nelle tecnologie pulite viene inserito anche il nucleare. Si legge infatti nel rapporto Draghi: «La decarbonizzazione del sistema energetico europeo implica la massiccia diffusione di fonti energetiche pulite con bassi costi marginali di generazione, come le energie rinnovabili e il nucleare. Alcune regioni dell’Ue sono dotate di un elevato potenziale di fonti energetiche rinnovabili competitive dal punto di vista dei costi: ad esempio, l’energia solare nell’Europa meridionale e l’energia eolica nel Nord e nel Sud-Est».
Ecco, secondo l’Ufficio europeo dell’ambiente, questa «neutralità» dal punto di vista tecnologico, che mette sullo stesso piano rinnovabili e atomo, «darebbe pari trattamento a tutte le tecnologie, compreso il nucleare e la cattura e stoccaggio del carbonio (Ccs), insieme alle energie rinnovabili, in termini di autorizzazioni e finanziamenti». Sottolineano invece i rappresentanti di questa rete di circa 180 organizzazioni ambientaliste sparse in decine di paesi: «Secondo l’Ipcc, il nucleare e la Ccs sono tra le tecnologie meno efficaci per mitigare il cambiamento climatico. Equipararle alle energie rinnovabili, che possono essere costruite in modo molto più rapido ed economico, ritarderà la decarbonizzazione e porterà a prezzi energetici più elevati per l’industria europea».