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Il Nebraska dice sì all’oleodotto Keystone XL, ma su un altro tracciato che non piace a TransCanada

Sierra Club: il Keystone XL non si farà, è fuori mercato e troppo inquinante
 |  Crisi climatica e adattamento

Ieri, con 3 voti a favore e uno contrario,  la Nebraska public service commission (Npsc) ha emesso il suo tanto atteso verdetto sul passaggio attraverso lo Stato del contestatissimo oleodotto Keystone XL: potrà essere realizzato ma su un trattato diverso da quello proposto dalla TransCanada, Un sì che arriva a poche ore dall’ennesimo sversamento di 6.600 tonnellate di greggio delle sabbie bituminose in un’area agricola del South Dakota.    La Nspc doveva giudicare se il tracciato proposto dalla multinazionale petrolifera canadese corrispondeva agli interessi dello Stato del Nebraska, ma non aveva il potere di valutare i rischi di sversamenti, visto che il Keystone XL è già in possesso delle necessarie autorizzazioni ambientali concesse dopo che Donald Trump, appena eletto presidente Usa, aveva annullato il divieto di costruire la pipeline approvato da Barack Obama.

Il troncone del Keystone XL che collegherà il Canada al Nebraska dovrebbe essere lungo più di 1.100 miglia e contribuire a rafforzare il flusso del greggio più sporco e inquinante del mondo, quello delle sabbie bituminose canadesi dell’Alberta, fino alle raffinerie texane sul Golfo del Messico e, secondo TransCanada e l’Amministrazione Trump, servirà a rafforzare i legami commerciali Usa-Canada e a importare meno petrolio dal Sud America (leggi Venezuela). Progetti già superati dai tempi e dalla tecnologia, visto che l’ultimo World Energy Outlook 2017  dell’International energy agency dice che entro la fine del decennio 2020 gli Usa diventeranno «un esportatore di petrolio netto».

Comunque, secondo il New York Times il via libera della  Npsc significa che il progetto del Keystone XL ha superato il suo «ultimo grande ostacolo» e lo ha fatto proprio in Nebraska, lo Stato che era diventato il centro dell’opposizione contro l’oleodotto e  dove le mancate concessioni di permessi e delle servitù di utilizzo del suolo avevano ritardato il completamento del progetto. Ma, come scrive  National Geographic,  nel suo insiemeil Keystone XL  è diventato il simbolo di un dibattito più ampio sul futuro della politica energetica e sui cambiamenti climatici.

Associazioni ambientaliste, tribù indiane e comunità locali che si oppongono all’oleodotto citano gli impatti ambientali del gigantesco progetto, compresi gli effetti negativi sulla fauna selvatica e sulle riserve idriche sotterranee. Ma TransCanada, Amministrazione Trump, Stati a guida repubblicana e diversi sindacati sostengono che il progetto creerà molti posti di lavoro, nonostante che nel 2014 il “Final Supplemental Environmental Impact Statement for the Keystone XL Project” del Dipartimento di Stato Usa abbia rivelato che è vero che per la costruzione della pipeline – che sarà molto rapida -  saranno impiegati migliaia di lavoratori, ma che alla fine sul nuovo oleodotto lavoreranno solo 15 contractor temporanei e 35 lavoratori fissi.

TransCanada è arrivata alla fine dell’iter autorizzativo dopo quasi 10 anni: la prima richiesta di permesso per costruire il nuovo Keystone Xl è del 2008; nel 2010, il Canadian national energy board ha approvato l’oleodotto, ma alla fine – convinto dalle veementi proteste e da un parere contrario dell’ Environmental protection agency – l’ex  presidente Usa Obama non ha prima  rilasciato i permessi richiesti negli Stati Uniti e, nel 2015, ha posto il veto sulla prosecuzione della costruzione del Keystone Xl,  decisione annullata da Trump non appena ha varcato la porta della Casa Bianca.

Gli ambientalisti dicono  che  le vicende del Keystone XL e della Dakota Access Pipeline (Dapl), che dovrebbe traversare le terre sacre dei Sioux di Standing Rock nel North Dakota, sono gemelle, il problema è che lo pensa anche Trump, ma per la ragione opposta: il sì ad ogni costo al Keystone XL e al Dapl significa per Trump l'agognato il via libera - sempre,  comunque e ovunque - all’estrazione e al trasporto di petrolio, gas e carbone.

Ma per il Keystone XL le cose non sono ancora finite: l’approvazione da parte della Npsc  di un percorso alternativo in Nebraska, potrebbe richiedere altri lunghi mesi di progettazione e sollevare nuove proteste di altre  comunità e in molti si chiedono se TransCanada alla fine deciderà davvero di continuare ad andare avanti col progetto anche perché un portavoce della compagnia ha detto che la TransCanada deve ancora chiudere i contratti con chi dovrà utilizzare l’oleodotto che trasporta un greggio sporco, problematico, pericoloso e troppo costoso.

Sierra Club, la più grande, diffusa e influente associazione ambientalista Usa  non da infatti un giudizio del tutto negativo della decisione della Npsc: «ha respinto il tracciato preferito da TransCanada per il gasdotto Keystone XL» e ha invece di concesso «un'approvazione condizionale lungo un percorso che la società ha sostenuto sarebbe impraticabile. L'autorizzazione consentirebbe a TransCanada di costruire l’oleodotto delle sabbie bituminose in parte lungo il percorso di un oleodotto esistente, il Keystone I, piuttosto che interamente lungo il suo tracciato preferito». Questo non toglie che, secondo gli ambientalisti, «Se costruito, l'oleodotto trasporterà le sabbie bituminose sporche e climaticamente inquinanti attraverso il Nebraska fino alla costa del Golfo per l'esportazione, minacciando lungo la strada terra, acqua e comunità».

Sierra Club spiega anche quali siano i timori di TransCanada e dei suoi clienti: «Nonostante questa approvazione condizionata da parte dei regolamentatori del Nebraska, rimane improbabile che il progetto possa andare avanti. Molti nel settore ritengono che il progetto non sia necessario a causa della mancanza di domanda di  più sabbie bituminose da parte del mercato. TransCanada ha faticato a mettere insieme dei clienti per l’oleodotto e, sebbene ora sostenga di avere il supporto per il progetto, non ha ancora alcun impegno definitivo. Durante la sua deposizione alle udienze pubbliche della Npsc, TransCanada ha sostenuto che costruire lungo un percorso alternativo sarebbe impraticabile e ora avrà bisogno di ulteriori facilitazioni se la compagnia cercherà di procedere con il progetto. La compagnia avrà ancora bisogno delle approvazioni federali da parte dell’Army corps of engineers  e del Bureau of land managemen prima di iniziare la costruzione, ed è ancora in corso una causa federale promossa da Sierra Club e altri gruppi che contestano l'approvazione del progetto da parte del Dipartimento di Stato».

Il direttore esecutivo di Sierra Club, Michael Brune, conclude: «Qualunque sia il percorso, l'invio delle sabbie bituminose più sporche nel cuore dell'America a spese del nostro clima e delle nostre comunità rimane inaccettabile. Indipendentemente dalla decisione della Public service commission, milioni di persone in tutto il Paese continueranno a parlare e chiedere che il progetto Keystone XL non venga mai costruito. E’ deludente che la Public service commission si sia schierata con una compagnia petrolifera straniera contro gli interessi delle comunità americane che verrebbero minacciati da questo oleodotto, ma restiamo fiduciosi che il Keystone XL non sarà mai costruito. Sierra Club e i nostri alleati continueranno a esplorare tutte le opzioni legali per combattere questo progetto e proteggere la nostra acqua, la nostra salute, le nostre comunità e il nostro clima dal Keystone XL. Il nostro movimento ha sconfitto questo oleodotto una volta e lo faremo di nuovo».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.