Come il cambiamento climatico trasforma le isole del Pacifico
Al 53esimo Pacific Islands Forum Leaders Meeting in corso a Tonga è sto presentato il rapporto “State of the Climate in the South-West Pacific 2023” della World meteorological organization (Wmo) accompagnato dal documento tecnico “Surging Saeas in a warming world: The latest science on present-day impacts and future projections of sea-level rise” dell’United Nations climate action” che fornisce una sintesi delle più recenti conoscenze scientifiche sull'innalzamento del livello del mare e sui suoi impatti attuali e previsti, tra i quali le inondazioni costiere, a livello globale e regionale, con particolare attenzione alle principali città costiere dei Paesi del G20 e dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo del Pacifico.
Presentando il rapporto insieme al segretario generale dell’Onu António Guterres, la segretaria generale della Wmo Celeste Saulo, ha evidenziato che «Il cambiamento climatico è diventato una crisi globale ed è la sfida decisiva che l'umanità deve affrontare attualmente. In tutta la regione del Pacifico sud-occidentale, comunità, economie ed ecosistemi sono significativamente colpiti dai suoi impatti a cascata. E’ sempre più evidente che stiamo rapidamente esaurendo il tempo per invertire la tendenza. L'oceano ha assorbito oltre il 90% del caldo n eccesso intrappolato dai gas serra e sta subendo cambiamenti che saranno irreversibili per secoli a venire. Le attività umane hanno indebolito la capacità dell'oceano di sostenerci e proteggerci e, attraverso l'innalzamento del livello del mare, stanno trasformando un amico di lunga data in una minaccia crescente. Stiamo già assistendo a più inondazioni costiere, arretramento della linea di costa, contaminazione delle riserve di acqua dolce da parte dell'acqua salata e spostamento delle comunità. La Wmo accoglie con favore il Weather Ready Pacific Programme come parte dell'iniziativa internazionale Early Warnings for All. Inoltre, gli effetti domino dell'eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha'apai evidenziano la necessità di allerte precoci multi-rischio contro rischi interconnessi e a cascata. I sistemi di allerta precoce facilitano misure proattive come piani di evacuazione, allocazione delle risorse e rafforzamento delle infrastrutture. Sebbene siano un'ancora di salvezza, sono disponibili solo in un terzo dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo a livello globale».
La Wmo evidenzia che i risultati del rapporto «Dimostrano che oggi l'innalzamento del livello del mare sta influenzando le vite e i mezzi di sostentamento delle comunità costiere e delle nazioni insulari di bassa quota in tutto il mondo e sta accelerando. Le azioni e le decisioni sul clima prese dai leader politici e dai decisori politici nei prossimi mesi e anni determineranno quanto devastanti diventeranno questi impatti e quanto rapidamente peggioreranno».
Lo “State of the Climate in the South-West Pacific 2023”, preparato dalla Wmo in collaborazione con i National Meteorological and Hydrological Services, la United Nations Economic and Social Commission for Asia and the Pacific (ESCAP) e altre agenzie Onu e partner internazionali, descrive in dettaglio come l'innalzamento del livello del mare nella regione sia superiore alla media globale: «Dal 1980 le temperature della superficie del mare sono aumentate tre volte più velocemente della media globale. Durante quel periodo, le ondate di caldo marine sono circa raddoppiate in frequenza e sono più intense e durano più a lungo». Inoltre, il rapporto esamina i fattori climatici del 2023, tra i quali l'ultimo El Niño, temperature, precipitazioni ed eventi estremi come cicloni tropicali, siccità e ondate di caldo nella regione.
La Wmo dice che «Nel complesso, nel 2023 sono stati segnalati 34 eventi di pericolo idrometeorologico, la maggior parte dei quali correlati a tempeste o inondazioni, che hanno causato oltre 200 vittime e hanno avuto un impatto su oltre 25 milioni di persone nella regione».
A marzo, i cicloni tropicali estremi Kevin e Judy hanno colpito duramente Vanuatu a distanza di 48 ore l'uno dall'altro a marzo. Il ciclone Lola, che ha toccato terra a Vanuatu il 24 ottobre, ha spinto il governo del poverissimo Paee insulare a dichiarare lo stato di emergenza di 6 mesi nelle province colpite. Nel febbraio 2023 il ciclone tropicale Gabrielle ha portato forti piogge, con gravi ripercussioni sulla parte orientale dell'Isola del Nord della Nuova Zelanda. Nel luglio 2023, Il tifone Doksuri ha portato forti piogge e inondazioni nelle Filippine, provocando almeno 45 vittime e circa 313.000 sfollati.
In gran parte del Pacifico tropicale occidentale, il livello del mare è aumentato di circa 10-15 cm, quasi il doppio del tasso globale misurato dal 1993. Nel Pacifico tropicale centrale, il livello del mare è aumentato di circa 5-10 cm. In termini annui, il tasso medio di innalzamento del livello del mare tra gennaio 1993 e maggio 2023 è di circa 4,52 mm all'anno nell'oceano attorno e a est dell’Oceania e di 4,13 mm all'anno nell'oceano attorno alla Nuova Zelanda. L'innalzamento medio del livello medio del mare a livello globale nello stesso periodo è stato di circa 3,4 mm all'anno.
L'innalzamento del livello del mare ha provocato un drammatico aumento della frequenza delle inondazioni costiere a partire dal 1980. Secondo il Pacific Islands Climate Change Monitor 2021, gli aumenti più significativi includono: Guam da 2 a 22 volte l'anno; Penrhyn, Isole Cook, da 5 a 43 volte l'anno; Majuro, Repubblica delle Isole Marshall, da 2 a 20 volte l'anno; Papeete, Polinesia francese, da 5 a 34 volte l'anno; Pago Pago, Samoa americane, da 0 a 102 volte l'anno. La Wmo avverte che «Il livello medio globale del mare continuerà a salire nel corso del XXI secolo in risposta al continuo riscaldamento del sistema climatico; questo aumento continuerà per secoli o millenni a causa del continuo assorbimento di calore dagli oceani profondi e della perdita di massa dalle calotte glaciali».
Nel periodo 1981-2023, quasi tutta l'intera regione del Pacifico sud-occidentale mostra un riscaldamento della superficie oceanica, raggiungendo tassi di oltre +0,4° C per decennio a nord-est della Nuova Zelanda e a sud dell'Australia, circa 3 volte più veloce del tasso di riscaldamento globale della superficie oceanica globale che è aumentata a un tasso di circa 0,15° C per decennio.
Dal 1980, le ondate di caldo marine sono diventate più intense e la loro frequenza è quasi raddoppiata. Il rapporto evidenzia che «Dagli anni '80 agli anni 2000 la durata media delle ondate di caldo marine in gran parte della regione del Pacifico era compresa tra i 5 e i 16 giorni. Tuttavia, questa è aumentata notevolmente dal 2010, con la maggior parte del Pacifico che ora soffre di ondate di caldo di 8 – 20 giorni, o anche di più». L'ondata di calore marina più importante e persistente del 2023 si è verificata in una vasta area attorno alla Nuova Zelanda, è durata 6 mesi ed è è stata classificata come estrema.
Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), anche in scenari di riscaldamento climatico moderato, nei prossimi anni le ondate di caldo marine diventeranno più frequenti e dureranno più a lungo.
Il nuovo rapporto Wmo sottolinea che «La crescente intensità delle ondate di caldo marine ha implicazioni di vasta portata, dagli impatti negativi sugli stock ittici e sulla resilienza delle barriere coralline, alle fioriture di alghe tossiche e alla distinzione delle specie per gli estremi più gravi e persistenti. Questo ha un impatto importante sugli ecosistemi, sulle economie e sui mezzi di sussistenza nel Pacifico».
Secondo il “Coral Reef Watch” della National Oceanic and Atmospheric Administration Usa (NOAA), nel 2023, lo sbiancamento di massa delle barriere coralline si è verificato in tutti i tropici, comprese la Grande Barriera Corallina australiana e vaste aree del Pacifico meridionale (tra cui Figi, Vanuatu, Tuvalu, Kiribati, Samoa e Polinesia francese.
Dal 1993, la maggior parte della regione del Pacifico sud-occidentale ha sperimentato un riscaldamento dell'oceano superiore ( da 0 - 700 m di profondità) che è particolarmente forte, con tassi che superano da due a tre volte la media global,e nel Mare delle Salomone e a est delle Isole Salomone; nei mari di Arafura, Banda e Timor; a est delle Filippine; lungo la costa meridionale dell'Indonesia e nel Mar di Tasman. La Wmo fa notare che «Oltre al cambiamento climatico, il riscaldamento degli strati superiori dell'oceano nella regione è fortemente influenzato dalla variabilità naturale, ad esempio El Niño/La Niña, per cui grandi quantità di calore vengono ridistribuite dalla superficie verso gli strati più profondi dell'oceano».
Loceano assorbe circa il 25% delle emissioni di anidride carbonica e questo ha fatto aumentare l'acidificazione degli oceani a livello globale negli ultimi 40 anni. Le misurazioni raccolte dalla stazione ALOHA nelle Hawaii mostrano un aumento di oltre il 12% dell'acidità dell’oceano nel periodo 1988-2020.
La Wmo avverte che «Declini significativi nella clorofilla oceanica superficiale e nelle dimensioni stimate del fitoplancton dal 1998 sono rilevabili in gran parte della regione delle isole del Pacifico. Questo ha implicazioni importanti per la catena alimentare marina».
La Saulo presenterà un approfondimento di tutti gli aspetti del rapporto in un forum di tre giorni convocato dalla Wmo e dallo Specialized Meteorological Centre (ASMC) dell’Association of Southeast Asian Nations (ASEAN) Centro meteorologico specializzato (ASMC) che si terrà a Singapore a partire da 5 settembre durante l’evento “Towards a Weather-Ready and Climate Resilient ASEAN)”.