
Kyoto club, l'economia circolare taglia (anche) le emissioni di gas serra

L’Europa importa oggi circa 6 volte più materie prime di quante ne esporti, e promuovere un modello di economia circolare che sappia preservare più a lungo possibile il valore delle risorse potrebbe da una parte tagliare in modo sostanzioso i costi sostenuti dalle imprese continentali per i loro processi produttivi, aumentandone la competitività sul mercato globale, dall’altra produrre sensibili benefici per la collettività. Non ultimo un drastico taglio delle emissioni di gas serra – fino a -450 milioni di tonnellate di CO2eq a livello europeo –, indispensabile per tenere a freno i cambiamenti climatici.
Il convegno annuale di Kyoto club, svoltosi nei giorni scorsi, ha rappresentato l’occasione per tornare a porre l’attenzione sul tema della de-carbonizzazione e dell'economia circolare a livello nazionale.
«Non ci si può più interrogare solo sui target di riduzione delle emissioni, ma va preso in considerazione il come, passando da un modello di sviluppo lineare a uno circolare – ha dichiarato Catia Bastioli, presidente di Kyoto club e Ceo Novamont – L’Italia, in questo senso, ha l’opportunità di diventare un Paese di riferimento».
Kyoto club auspica così che il nostro Paese divenga sempre più un protagonista della transizione in atto verso un’economia de-carbonizzata, abbandonando il modello economico lineare e consentendo una riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia e materie prime, aumentando l’occupazione e limitando gli squilibri ambientali e climatici.
«Negli ultimi anni si è creato un contesto internazionale favorevole - ha spiegato Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto club e QualEnergia, al convegno annuale dell’associazione - Nel nostro paese serve un cambio di passo ad iniziare dall’avvio di un’ampia discussione partecipata per la revisione della Sen e per l’elaborazione di una Strategia energia clima (Sec) adeguata agli ambiziosi obiettivi che dobbiamo raggiungere al 2030 e 2050».
La sfida dell'economia circolare – sottolineano dall’associazione – se affrontata in modo innovativo e con un approccio strategico, potrà accelerare le scelte imprenditoriali sulla sostenibilità ambientale, avviate negli ultimi anni, garantendo ricadute economiche ed occupazionali positive, anche in una fase di difficoltà economiche. «La green economy – chiosa infatti Francesco Ferrante, vicepresidente di Kyoto club – fa bene anche all’occupazione: nel 2016 le imprese che hanno investito green hanno assunto di più (330 mila dipendenti, pari al 43,9% del totale delle assunzioni, stagionali e non stagionali, previsti nell’industria e nei servizi). Parliamo di 2milioni e 964mila green jobs, ossia occupati che applicano competenze ‘verdi’, una cifra che corrisponde al 13,2% dell’occupazione complessiva nazionale».
L. A.
