BioCarbon: come la vita marina aiuta l'oceano a immagazzinare carbonio
Un team internazionale di scienziati e ingegneri guidato da ricercatori britannici del National Oceanography Centre (NOC), dell'Università di Southampton e dell'Università Heriot-Watt è impegnato in uno studio che durerà in tutto 6 mesi e che punta a comprendere meglio il ruolo degli organismi marini nello stoccaggio del carbonio nell'oceano.
Gli scienziati hanno già completato la prima di due ambiziose spedizioni sulla nave da ricerca RRS Discovery della NOC, dando il via a mesi di lavoro sul campo nell'Atlantico settentrionale, a sud dell'Islanda. I ricercatori hanno trascorso 37 giorni in mare per raccogliere nuovi datset per distribuire piattaforme robotiche per informare la prossima generazione di modelli climatici.
Al NOC descrivono questi primi risultati come «Un'entusiasmante combinazione di ricerca sul campo e tecnologia autonoma all'avanguardia consentirà rare osservazioni in situ lungo un intero ciclo stagionale, con campionamenti intensivi durante le stagioni biologicamente più attive».
Gli scienziati sanno che gli organismi marini svolgono un ruolo essenziale nello stoccaggio del carbonio nell'oceano che altrimenti potrebbe rimanere nell'atmosfera. Ma recenti studi suggeriscono che i modelli climatici non tengono pienamente conto dell'impatto dei potenziali cambiamenti nei processi biologici. Questo potrebbe ostacolare le previsioni del ruolo dell'oceano nel futuro stoccaggio del carbonio in un momento critico. L'ambizioso programma BIO-Carbon , finanziato dal Natural Environment Research Council (NERC), contribuirà a fornire le nuove conoscenze necessarie per formulare previsioni affidabili su come lo stoccaggio del carbonio negli oceani potrebbe modificarsi a causa dei cambiamenti climatici.
Parlando delle spedizioni di BIO-Carbon, il programme champion, Adrian Martin, ha ricordato che «Scienziati, dirigenti aziendali e politici si chiedono se possiamo manipolare l'oceano per rimuovere l'anidride carbonica dall'atmosfera e ridurre l'effetto del cambiamento climatico. Chiaramente, dobbiamo prima comprendere gli effetti collaterali, ma ci mancano ancora le conoscenze di base su come la vita marina risponderà al cambiamento climatico, anche prima di perturbarlo ulteriormente. Queste spedizioni e il più ampio programma BIO-Carbon forniranno spunti fondamentali che ci consentiranno di fare previsioni solide e decisioni informate».
Il lavoro scientifico e il programma mirano ad affrontare tre sfide climatiche molto importanti.
Il progetto di Stephanie Henson del NOC sta acquisendo una migliore comprensione di come il cambiamento climatico influenzerà la velocità con cui l'ecosistema marino rilascia anidride carbonica utilizzando il carbonio organico come fonte di energia, in un processo chiamato respirazione. Oltre a utilizzare telecamere e robot avanzati per esaminare come il carbonio negli organismi morti viene consumato mentre affonda, la Henson e il suo team hanno distribuito un nuovo equipaggiamento che agisce come un mini laboratorio alla deriva e che sta quantificando la velocità con cui il materiale organico viene “respirato” in situ.
La Henson ha spiegato a BBC News che «Stiamo misurando cosa sta succedendo nell'oceano superiore con il fitoplancton, le piante che crescono lì. Stiamo osservando il piccolo zooplancton, gli animali che se ne cibano. E abbiamo misurato i pellet fecali, le feci che gli animali producono. Il nostro clima sarebbe notevolmente più caldo se non ci fosse la pompa del carbonio, senza di essa, i livelli di anidride carbonica nell'atmosfera sarebbero circa il 50% più alti. Ma gli attuali modelli climatici non tengono conto del problema del carbonio. Vogliamo sapere quanto è forte, cosa cambia la sua forza. Cambia da una stagione all'altra, e da un anno all'altro?».
Un altro progetto guidato da Mark Moore dell'università di Southampton sta esplorando la produzione primaria, il processo mediante il quale il carbonio viene rimosso dalla superficie dell'oceano e trasformato in materia organica. La produzione primaria supporta praticamente tutta la vita nel mare. Combinando esperimenti condotti a bordo della RRS Discovery con osservazioni effettuate da una flotta di robot e galleggianti alla deriva durante tutto l'anno, Moore e il suo team stanno esaminando l'importanza della disponibilità di luce e nutrienti, nonché del consumo da parte di organismi più grandi, nel controllo di questo processo chiave.
Intervistato da BBC News, Moore ha sottolineato che «Le acque al largo dell'Islanda attraggono in primavera enormi quantità di vita marina e vegetale, il che rende il luogo ideale per gli scienziati che vogliono testare come la vita interagisce con l'anidride carbonica».
Ci sono segnali incerti dalla ricerca che la pompa del carbonio potrebbe rallentare. Il team ha registrato "fioriture" molto più piccole di fitoplancton e di zooplancton rispetto a quanto si aspettassero in primavera. La La Henson aggiunge: «Se questo trend dovesse continuare negli anni a venire, significherebbe che la pompa biologica (del carbonio) potrebbe indebolirsi, il che potrebbe portare a una maggiore quantità di anidride carbonica nell'atmosfera».
Il lavoro sul campo condotto da Alex Poulton del Lyell Centre della Heriot-Watt University sta acquisendo una migliore comprensione di come i coccolitofori, che costruiscono intricati "gusci" attraverso la calcificazione, possano influenzare la capacità dell'acqua di mare di assorbire l'anidride carbonica dall'atmosfera. Per farlo, Poulton e il suo team hanno intrapreso nuove misurazioni ed esperimenti in mare, utilizzando una serie innovativa di nuovi sensori sulla nave, su robot oceanici e su satelliti per osservare come l'infezione virale e il consumo da parte di piccoli animali influenzano le "fioriture" dei coccolitofori, spesso chiamate "acque bianche" o "maree bianche".
Durante la spedizione primaverile, il team ha trovato una massiccia fioritura di coccolitofori nell'estremo nord-est dell'Atlantico. L'attuale fioritura nel bacino islandese a sud dell'Islanda è più o meno delle dimensioni della Scozia.
Inoltre, una missione congiunta BIO-Carbon-Future Marine Research Infrastructure (FMRI) ha visto l'uso di due Boaty McBoatface (ALR 4 e ALR 4 e ALR 6) dotati i di una serie di sensori all'avanguardia per analizzare la biologia e la chimica dell'ocean e che hanno fornito agli scienziati quantità senza precedenti di informazioni sulle mutevoli condizioni dell'oceano in tempo quasi reale.
ALR 4 ha completato la sua prima missione dopo essere stato recuperato dagli ingegneri della NOC ed aver viaggiato per oltre 2 mesi, attraversando il bacino islandese da Vestmannaeyjar a Harris, nelle Ebridi esterne scozzesi. La missione ha segnato il primo dispiegamento da Paese a paese per un ALR e si tratta della prima volta che gli ingegneri NOC hanno dispiegato due ALR contemporaneamente per una missione, spingendo avanti i confini dell'esplorazione robotica degli oceani.
La prossima spedizione autunnale BIO-Carbon a bordo della RRS James Cook vedrà il recupero delle piattaforme robotiche dispiegate nella spedizione primaverile e la continuazione dell'innovativo lavoro sul campo BIO-Carbon.