
Perché il Big Blizzard negli Usa non smentisce il riscaldamento globale

Mentre la costa orientale statunitense comincia a riprendersi dal Big Blizzard che ha messo in ginocchio la capitale Washington DC e reso la vita difficile a 50 milioni di persone, impazzano le polemiche e i climatologi sono costretti a spiegare che era già stato previsto che i cambiamenti climatici indotti dall'uomo, e in particolare l’aumento delle temperature oceaniche, alimentassero fenomeni estremi di questo tipo.
Joe Romm, di American Progress e noto editorialista di ClimateProgress, ci scherza su: «Penso che il nome, Winter Storm Jonas, non renda giustizia a questa bufera di neve, soprattutto dal momento che i Jonas Brothers sono un gruppo pop-rock abbastanza innocuo. Suggerisco il nome, Superstorm (Edward) Snowed-In: Perché ha messo al tappeto il DC, ha paralizzato il governo, e poi è fuggito dal Paese». Ma poi Romm invita a prendere molto sul serio Jonas, che è la più grossa tempesta di neve che ha colpito la costa orientale Usa dal 1986, e ha chiesto a due dei migliori climatologi statunitensi: Michael Mann e Kevin Trenberth, se il cambiamento climatico abbia avuto un ruolo nel Big Bilzzard.
Secondo Mann, direttore dell’Earth System Science Center della Pennsylvania State University, «Attualmente, non c'è scienza peer-reviewed, che suggerisca che il cambiamento climatico porterà a una maggiore produzione di questi intensi blizzard, proprio per la ragione per la quale stiamo vedendo questa massiccia tempesta: le temperature superficiali dell'Oceano Atlantico insolitamente calde», in particolare al largo della Virginia.
Ma Mann aggiunge che se questa umidità si mescola con un vortice artico, che continueranno ad esserci anche con il riscaldamento globale, «Si ottengono enormi quantità di energia e di umidità, e nevicate mostruose», come quella che ha colpito la costa est degli Usa.
Ma gli eco-scettici dicono che queste tempeste enormi invernali sono la prova che il cambiamento climatico non esiste, al contrario di Trenberth, ex cappo della Climate Analysis Section del National Center for Atmospheric Research Usa, che è convinto che in realtà i Big Blizzard siano favoriti dai cambiamenti climatici: «Attualmente la temperatura della superficie del mare sono più di 3 gradi Fahrenheit sopra la norma su distese enormi (1.000 miglia) al largo della costa Nord-Est, di conseguenza, il vapore acqueo nell'atmosfera è circa dal 10 al 15% più alto. Fino alla metà di tutto questo può essere attribuito al cambiamento climatico».
Mentre gli scettici climatici vedono nella super-tempesta la prova della “bufala” del cambiamento climatico, gli scienziati fanno notare che già molto tempo fa avevano previsto che sarebbe successo proprio questo e Romm paragona il clima del nostro pianeta a un giocatore di baseball dopato di steroidi che batte tutti i record. Quindi la domanda da farsi non è se gli steroidi siano la causa di un home run perché ormai tutti gli eventi meteorologici estremi avvengono in un clima che è diventato più caldo e più umido del normale.
Ormai è scientificamente certo che esiste un collegamento diretto tra il riscaldamento globale e le precipitazioni estreme e gli alluvioni, ma questo significa anche che, quando è abbastanza freddo per la neve, più vapore acqueo nell’atmosfera provoca anche l’aumento delle le tempeste che, come le piogge, saranno più intenso. Quindi, come si sta vedendo anche in Italia, nell’emisfero settentrionale gli scienziati si aspettano meno neve e più pioggia e siccità alle latitudini più basse, ma tempeste di neve più violente a quelle più alte, nelle regioni generalmente fredde. «Questo può sembrare controintuitivo – dice Romm - e certamente ai negazionisti della scienza del clima piace giocare sulle grandi tempeste di neve per questo motivo». Ma se si amplia l’analisi a livello globale si vede che anche questo inverno è particolarmente mite, con temperature che non riescono a scendere sotto lo zero anche in gran parte degli Usa e dell’Europa, mentre nel New England il freddo estremo si scontra con il vapore acqueo rilasciato dal mare e da origine a Winter Storm Jonas. .
Già nel 2014 uno studio di Paul O’Gorman, del Department of Earth, Atmospheric and Planetary Sciences dl Massachusetts Institute of Technology rilevava che «In realtà le nevicate estreme si intensificheranno», anche in futuro e per molti decenni a partire da ora, proprio mentre il mondo continuerà a riscaldarsi. O'Gorman ha scoperto che c'è una ristretta gamma di temperature, appena sotto il punto di congelamento, che permette il verificarsi di nevicate estreme: un punto debole che non cambia con il riscaldamento globale… Insomma, a volte fa troppo freddo o troppo caldo per nevicare, ma sappiamo da tempo che gli inverni più caldi del normale favoriscono le tempeste di neve. Uno studio del 2006, “Temporal and Spatial Characteristics of Snowstorms in the Contiguous United States”, pubblicato sul giornale dell’American Meteorogical Society, prevedeva che avremmo avuto negli Usa tempeste di neve più a nord e negli anni più caldi: Infatti, tra il 1901 e il 2000 le tempeste sono aumentate nel Midwest settentrionale, orientale e del nord-est, e la tendenza nazionale Usa è in aumento, come il trend verso una più forte attività ciclonica a sud. Gli studi dimostrano che la maggior parte degli Stati Usa ha avuto tra il 71 e l’80% delle loro tempeste di neve negli anni più caldi del normale. Quindi il risultato di un futuro con inverni più umidi e caldi saranno più tempeste di neve che durante il periodo 1901-2000
Il rapporto 2009 dell’ U.S. Global Change Research Program (USGCRP) concludeva che il fronte delle tempeste d invernali si sta spostando verso nord e che «Le tempeste più forti rischiano di diventare più forti e più frequenti».
Quindi non è una sorpresa che il National Climate Assessment del 2012, l'analisi fino ad oggi più completa degli impatti climatici attuali e futuri negli Usa, abbia confermato che le tempeste di neve e i diluvi estremi sono e saranno sempre più frequenti e più gravi e che il meccanismo che li provoca sia ormai ben conosciuto.
Cosa accadrà in futuro? Trenberth ha spiegato che: «Con il cambiamento climatico, ci si aspetta che a metà inverno le nevicate aumenteranno fino a quando le temperature sono abbastanza fredde, perché sono più calde di quanto non dovrebbe essere e l'atmosfera può contenere 4% in più di umidità per ogni 1° F di aumento della temperatura. Quindi, fintanto che non si riscaldano al di sopra del congelamento, il risultato è una maggiore caduta di neve. D'altra parte, all'inizio e alla fine dell’inverno, sarà abbastanza caldo ed è più probabile il risultato sia la pioggia. Il risultato netto è che le nevicate medie totali non potranno aumentare».
Certo, i climate science deniers ed i loro alleati/finanziatori continueranno a disinformare il pubblico e a condizionare i politici, sostenendo che le tempeste di neve sono in qualche modo la prova che dimostra che la teoria del riscaldamento globale causato dall'uomo è una bufala e Romm conclude che «Le ultime scoperte scientifiche significano che i negazionisti continueranno ad avere abbastanza "snowmageddons" estremi sempre più intensi nel Mid-Atlantic e nel New England, soprattutto in pieno inverno, per poter indurre in errore l’opinione pubblica per i decenni a venire».
