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Lo scioglimento dei vecchi ghiacci marini rende il passaggio a nord-ovest più pericoloso

Mettere insieme scienza occidentale e conoscenze inuit per salvaguardare ambiente e clima
 |  Crisi climatica e adattamento

L'ipotesi che il rapido scioglimento dei ghiacci artici possa aprire nuove rotte di navigazione ha messo in allarme gli scienziati che studiano le rapide mutevoli condizioni dei ghiacci e che fanno notare che sebbene il ghiaccio marino stagionale (il ghiaccio che si scioglie in estate e si riforma in inverno) si stia riducendo a una velocità impressionante a causa del cambiamento climatico, questo sta portando  ghiaccio spesso e secolare, proveniente da più a nord, nei canali di navigazione.

Lo studio “Sea ice choke points reduce the length of the shipping season in the Northwest Passage”, pubblicato su Communications Earth & Environment da un team di ricercatori scozzesi e canadesi  ha hanno analizzato 15 anni di studi e cartografie dei ghiacci marini dell'Artico canadese  e avverte le compagnie di navigazione e i marinai che «Questo ghiaccio più spesso potrebbe essere più pericoloso e imprevedibile, creando i cosiddetti "punti di strozzatura" nelle rotte di navigazione esistenti».

Il commercio marittimo vale migliaia di miliardi di dollari in scambi annuali e trasporta quasi il 90% di tutte le merci a livello mondiale, per questo lo stato della rotta attraverso il Passaggio a Nord-Ovest è di grande interesse geo-politico.

La principale autrice dello studio, Alison Cook della Scottish Association for Marine Science (SAMS), dice che la ricerca «Delinea l'entità dell'effetto pluriennale del ghiaccio e dimostra come lungo alcune parti del percorso la stagione di transito sicuro sia diventata più breve, anziché più lunga».

Dato che molte comunità dell'Artico canadese dipendono dal traffico marittimo per l'approvvigionamento di beni, Lo studio evidenzia anche i potenziali impatti sulle comunità costiere lungo le rotte del Passaggio a Nord-Ovest e la Cook ha detto che «Si presume che la prevista perdita di ghiaccio marino nell'Oceano Artico comporterà nuove rotte di navigazione, in particolare attorno al Passaggio a Nord-Ovest. Tuttavia, è molto pericoloso presumere che ciò accadrà ovunque e le condizioni cambiano continuamente. Come risultato della scomparsa stagionale del ghiaccio, il ghiaccio pluriennale viene rilasciato e spinto verso sud dalle regioni ad alta latitudine. Questo ghiaccio è ancora più pericoloso e sta creando "punti di strozzatura" lungo alcune sezioni delle rotte, portando a una riduzione della durata della stagione dello shipping. Il nostro studio dimostra per la prima volta che dal 2007 la stagione dello shipping si è accorciata lungo ampie sezioni della rotta settentrionale».

La navigazione attraverso le acque dell'Artico canadese è di particolare interesse a livello mondiale, poiché il Passaggio a Nord-Ovest potrebbe rivelarsi un'alternativa praticabile, più breve e potenzialmente più economica alle rotte di navigazione tradizionali che collegano l'oceano Atlantico e quello Pacifico, come i canali di Panama e di Suez. Ma i ricercatori hanno concluso che «La stagione di navigazione lungo tutte le rotte del Passaggio a Nord-Ovest sarà molto variabile e che si dovrebbe evitare di supporre che una minore quantità di ghiaccio marino consenta un passaggio sicuro lungo la rotta settentrionale».

La  Cook ha aggiunto: «Le navi da crociera, le navi cargo e le petroliere guarderanno a questi canali, in particolare tra agosto e settembre, quando c'è meno copertura di ghiaccio marino, ma è il periodo in cui il ghiaccio pluriennale potrebbe essere più diffuso.  Ad esempio, studi precedenti suggeriscono in genere che la rotta settentrionale attraverso il Passaggio a Nord-Ovest potrebbe diventare meno rischiosa in futuro, ma abbiamo dimostrato che lunghi tratti della rotta settentrionale hanno mostrato significative riduzioni nella durata della stagione di navigazione tra il 2007 e il 2021. A causa della continua presenza di punti di strozzatura, è improbabile che il cambiamento climatico determini un aumento duraturo della stagione dello shipping  lungo la rotta settentrionale del Passaggio a Nord-Ovest.

o studio è stata<o condotta in collaborazione tra SAMS, l'Environment, Society and Policy Group dell’università di Ottawa ed Environment and Climate Change Canada ed è stato supportato dal Canada-Inuit-UK Arctic Research Programme, finanziato da Polar Knowledge Canada e UK Research and Innovation e i suoi risultati hanno dato il via a una nuova ricerca partita in questi giorni e guidata da una delle autrici dello studio: Jackie Dawson, titolare della cattedra di ricerca sulle dimensioni umane e politiche del cambiamento climatico all’università di Ottawa e vincitrice di una borsa di ricerca Dorothy Killam.

Dal 1990, il trasporto marittimo nell'Artico canadese è più che triplicato e si prevede che aumenterà in modo esponenziale perchè «Lo scioglimento dei ghiacci marini ha prolungato le stagioni di navigazione di circa due settimane ogni decennio – spiega la Dawson - Questo potrebbe essere positivo per lo sviluppo economico, ma un maggiore traffico navale può anche significare l'introduzione di potenziali specie invasive. Significa un impatto maggiore del rumore sui mammiferi marini, come le balene della Groenlandia e i narvali. Sta anche avendo importanti implicazioni per le comunità inuit e indigene che vivono nella regione».

Grazie al suo nuovo progetto di ricerca, Inuit Qaujisrnirmut Pilirijjutit (Conoscenza) sui rischi del trasporto marittimo nell'Artico, la Dawson valuterà l'impatto dell'aumento del traffico navale sulle popolazioni di mammiferi marini e sugli esseri umani e prevederà le condizioni future e identificherà strategie di mitigazione del rischio. La scienziata lavorerà a stretto contatto con un team di ricercatori e leader Inuit locali, partner industriali e collaboratori di altre università canadesi.

La Dawson ha contribuito a fare del Canada un leader mondiale nella governance della navigazione artica e locali da quasi 10 anni,sviluppa progetti di ricerca con organizzazioni della comunità Inuit internazionali, nazionali, rispondendo direttamente alle mutevoli esigenze di ricerca individuate a livello locale.

Nel 2015, con il Progetto Arctic Corridor and Northern Voices la Dawson o ha sviluppato una mappa dello shipping nell’Artico canadese, utilizzando aree marine culturalmente significative identificate dagli Inuit. Questo ha aiutato a trovare corridoi o passaggi che riducevano al minimo l'impatto del traffico navale sulle comunità locali e sull'ambiente. Partendo da questo, il progetto successivo della Dawson si è concentrato sull'identificazione e sulla valutazione di strategie di governance per la gestione di questi corridoi a basso impatto, nonché sulle opportunità e le sfide presentate dall'aumento del traffico navale.

In qualità di nuova Killam Fellow, la Dawson porterà presto la sua ricerca a un livello superiore, identificando e valutando strategie per una riduzione del rischio sostenibile e autodeterminata attraverso quattro filoni di ricerca: Rotte di traffico future:  confronterà il traffico navale storico con le mutevoli condizioni del ghiaccio marino per prevedere rotte e condizioni di navigazione; Inquinamento acustico sottomarino: utilizzando le rotte previste, studierà la propagazione del rumore delle navi e il modo in cui potrebbe influire sui mammiferi marini; Contaminanti:  misurerà l'impatto degli inquinanti ambientali provenienti dalle navi, tra cui olio combustibile e vernice per scafi, confrontando campioni di acqua provenienti da corsi d'acqua con l’intensità del traffico navale ed esaminando i livelli di tossine nelle uova di uccelli marini; Specie invasive: studierà i pro e i contro delle vernici antivegetative, utilizzate per rivestire la parte inferiore delle navi per impedire agli organismi di attaccarsi ad esse, per fornire indicazioni sulle migliori pratiche per tenere a bada le specie invasive.

I risultati della ricerca supporteranno i decisori e i governi, le comunità di Nunavut e Inuit Nunangat (il luogo in cui vivono gli Inuit) e l'ambiente marino e le popolazioni locali e supporteranno la gestione costiera e marina di Inuit Nunangat e lo sviluppo delle infrastrutture marine e incoraggeranno una maggiore collaborazione tra industrie marine, comunità e mondo accademico.

La Dawson sottolinea che «La maggior parte dei canadesi non si rende conto che il 40% della massa continentale del nostro Paese è considerata Artica e che è uno dei luoghi più vulnerabili al mondo al cambiamento climatico. Abbiamo un'estrema responsabilità come scienziati e come Paese, di assicurarci di comprendere gli impatti dell'aumento del traffico marittimo sui fragili ecosistemi del Canada artico».

Per riuscirci, la scienziata intende combinare le tecniche scientifiche occidentali con l’ aajiiqatigiingniq, un quadro di ricerca indigeno che si basa sull'inclusione e sulla parità di valore della conoscenza Inuit. La Dawson conclude: «In termini pratici, ciò significa utilizzare due approcci di campionamento: campionamento basato sulla comunità condotto da ricercatori associati Inuit e giovani Inuit in regioni del Nunavut con alti o bassi livelli di traffico marittimo e un confronto dei campioni basati sulla comunità con quelli raccolti a bordo di una nave della Guardia costiera e di una nave da crociera. Una volta sviluppati i risultati del modello, saranno anche convalidati attraverso discussioni con i detentori di conoscenze Inuit.

In quanto nazione nata da popolazioni indigene, il Canada dovrebbe dare priorità alla leadership indigena nella scienza e nella sovranità dei dati. L'infusione della conoscenza indigena nelle tecniche occidentali è il modo naturale per progredire nella scienza ed è necessaria per trovare soluzioni per la società moderna. Penso che l'unico modo per risolvere un problema importante come il cambiamento climatico sia quello di riunire persone diverse, prospettive diverse, culture diverse e scienze diverse. È lì che sta la magia, all'incrocio della diversità».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.