
Trump alla conquista della Groenlandia, contro gli inuit comunisti e socialisti

Nel suo primo discorso dell’Unione come presidente rieletto degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ribadito che intende impossessarsi della Groenlandia, una nazione semi-indipendente del Regno di Danimarca. Nonostante la Danimarca faccia parte della Nato e Copenaghen abbia già respinto la proposta dell'amministrazione Trump di acquistare l'isola più grande del mondo, il presidente Usa ha detto che «Penso che ce la faremo. In un modo o nell'altro, ce la faremo» e ha aggiunto, come si trattasse di vendere qualcosa, che gli Usa possono offrire ai groenlandesi sicurezza e prosperità (che già hanno), promettendo di elevare il tenore di vita dell'isola «Ad altezze che non avreste mai pensato possibili prima».
A Trump un realtà importa molto poco del tenore di vita degli inuit e dei danesi che vivono in Groenlandia: come in Ucraina, vuole mettere le mani sulle enormi risorse minerarie, ma anche sulle nuove rotte navali che sta liberando il riscaldamento globale. La sicurezza degli Usa non c’entra niente, visto che gli Stati Uniti mantengono una base militare sull'isola fin dalla seconda guerra mondiale e che quello di Trump è un altro colpo alla Nato, visto che non esclude nemmeno la possibilità di annettersi con la forza un territorio enorme che fa ancora parte del Regno di Danimarca che fino al 2023 ha diretto la Nato con il segretario generale Jens Stoltenberg.
Per calmare le smanie annessionistiche di Trump, subito dopo il suo ritorno alla Casa Bianca, il governo laburista di Copenaghen si era impegnato a fornire finanziamenti aggiuntivi per lo sviluppo economico della Groenlandia e i membri europei della Nato hanno proposto di schierare sull’Isola una missione congiunta guidata dal blocco militare.
Nel discorso sullo stato dell’Unione Trump li ha semplicemente ignorati, Ma chi non potrà ignorare sono i battaglieri Inuit che hanno una visione del mondo completamente agli antipodi da quella del miliardario turbo-capitalista statunitense.
La Groenlandia semi-indipendente è infatti governata da una coalizione tra la sinistra radicale e indipendentista di Inuit Ataqatigiit (IA – Comunità Inuit) e i socialdemocratici indipendentisti del Siumut (S) che insieme hanno 22 seggi dei 31 del parlamento dell’Inatsisartut, il parlamento groenlandese. E’ come se in Italia governassero Sinistra Italiana e Rifondazione Comunista alleate con la sinistra del PD.
La legislatira groenlandese è in scadenza e sono state convocate nuove elezioni e le forze politiche di sinistra – nettamente maggioritarie – puntano alla totale indipendenza dell’Isola e a gestire in proprio le risorse naturali e minerarie.
Insomma, Trump dovrà vedersela con qualcosa che per lui probabilmente somiglia a un incubo: indigeni antimperialisti, comunisti e socialisti. Come ha spiegato Mariane Paviasen, portavoce politico di Inuit Ataqatigiit, «Negli ultimi anni abbiamo avuto una buona collaborazione con Siumut, dove insieme abbiamo realizzato e deciso importanti lavori politici e legislativi. In passato, i presidenti dei due partiti si sono schierati insieme su questioni riguardanti la nostra politica estera; tuttavia, abbiamo potuto osservare che alcuni membri di Siumut hanno rilasciato dichiarazioni contrarie a ciò su cui ci schieriamo insieme nel lavoro di governo. L'unità è più importante che mai nel perseguimento degli obiettivi del nostro Paese e, quando ci troviamo ad affrontare una pressione esterna così forte, l'unità in questo Paese è estremamente necessaria. Possiamo raggiungere questo obiettivo solo se in questo Paese restiamo uniti e parliamo con una sola voce».
La Paviasen ha sottolineato che Inuit Ataqatigiit (partito di maggioranza relativa con 12 seggi) non fa questioni personalistiche quando si tratta dell'affidabilità della Groenlandia, ma ha avvertito anche che non parteciperà mai a discussioni in cui le leggi del Paese vengono ignorate: «Come Paese abbiamo degli obiettivi e, dopo le elezioni, dobbiamo unirci per proteggere gli interessi del nostro Paese. Dobbiamo rispettare la legge e ora si stanno indire le elezioni. La campagna elettorale dimostrerà che i Partiti non sono uguali e che stanno lottando per le loro cause. E’ la democrazia. L'Inuit Ataqatigiit è pronto a dialogare durante e dopo le elezioni, perché dobbiamo collaborare per il bene del nostro Paese e dei suoi cittadini».
Dopo la recente discussione al senato Usa sul futuro della Groenlandia, il presidente del Siumut Erik Jensen, ha detto che ancora una volta americani e danesi discutono senza gli inuit: «E’ chiaro che gli americani stanno cercando di negoziare per noi con i lori tempi, come hanno fatto altri coloni. Questo è inaccettabile. Il nostro voto è influenzato da fattori esterni, ma nessuno ci dirà cosa pensare. Il dibattito nel suo complesso dovrebbe essere più ponderato, ed è chiaro che i democratici, che sottolineano il loro sostegno agli accordi internazionali, hanno anche capito che la Groenlandia non è in vendita. Fortunatamente, anche i repubblicani hanno usato la voce della cooperazione, comprendendo che non possono prendere decisioni autonome attraverso accordi internazionali e che questo non può avvenire senza la partecipazione e il consenso del popolo groenlandese».
Ma Trump ha azzerato ogni discussione riproponendo l’annessione – con le buone o le cattive – della Groenlandia e questo per Jensen non va bene, «Soprattutto perché la storia stessa dell’America mostra quanto spesso e a lungo siano stati violati i diritti dei popoli indigeni e che quella storia ha spesso incluso la violenza esercitata in molti modi. Nel corso della storia, il nostro Paese è stato plasmato da influenze esterne, fattori che non siamo stati in grado di controllare politicamente o di influenzane lo sviluppo. Queste decisioni hanno avuto un impatto notevole sulla nostra cultura, i cui effetti sono visibili ancora oggi. L'autodeterminazione per Siumut non è una novità, ed è stato un principio fondamentale fin dal suo inizio. La Groenlandia appartiene ai groenlandesi!».
Ai socialisti, così come ai comunisti groenlandesi, le promesse di Trump non interessano: «Vogliamo anche essere più forti e più prosperi in termini di consumi, saranno creati più posti di lavoro, l'istruzione e l'assistenza sanitaria gratuite saranno accessibili a tutti, la nostra emancipazione sarà rafforzata e le comunicazioni saranno migliorate – ha concluso Jensen - Siamo un popolo riconosciuto come Inuit in base ai trattati internazionali e siamo anche cittadini di Paesi con diritti speciali. Il nostro futuro non sarà determinato esclusivamente dagli interessi di chi ci vede come dei poveri. Vogliamo collaborare con l'Europa e gli Stati Uniti, ma questo non avverrà a nostre spese».
