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Le ragazze del Gran Sasso: da due giovani allevatrici abruzzesi una lezione per il futuro della montagna
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L’intervista a due giovani allevatrici abruzzesi da parte di Alessio Ludovici sulla testata laquilablog.it ci dice molto sui reali problemi e sulle soluzioni per il futuro della montagna e delle aree interne. La prima notizia sono proprio loro, ovvero due giovani donne che hanno deciso di continuare il lavoro delle loro famiglie in un contesto profondamente mutato da quello nel quale operavano i loro avi. La seconda notizia è la consapevolezza dei problemi che ostacolano il loro lavoro, più chiara di molti studi e analisi sul tema.
Accanto a difficoltà causate da fattori globali come la concorrenza degli allevamenti intensivi e le dinamiche della grande distribuzione, troviamo la mancanza di servizi essenziali come la scuola: “Ogni mattina porto mio figlio a scuola attraversando chilometri di strada per andare ad Arischia, perché la scuola più vicina, quella di Montereale, è difficilmente raggiungibile da Mascioni”, e l’acqua per gli animali: “ho un solo fontanile in montagna, ma se si secca nessuno viene a ripararlo”. Quest’ultimo problema è acuito dai cambiamenti climatici che qui si fanno sentire più che in città: “Il mio pozzo artesiano è praticamente secco. Prima bastava, oggi no. L’acqua non si trova più dove si trovava prima”.
Non pare un problema più di altri, invece, quello che le associazioni di categoria come Coldiretti presentano come esiziale per l’allevamento, ovvero i lupi: “È un problema, ma lo metti in conto. Gli animali selvatici ci sono sempre stati” entrambe si proteggono con i cani da guardiania: “Ne ho dieci. Senza di loro non potrei neanche uscire dalla stalla”. Ma proprio la soluzione dei cani provoca contrasti con il turismo, specie quello mordi e fuggi “Non posso portare sempre i cani, perché alcuni sentieri sono battuti dai camminatori e ciclisti, e i turisti si spaventano. Ma quei sentieri e quei tratturi esistono proprio grazie a noi allevatori”.
Ed è questa la terza notizia: crea più problemi il turismo non gestito che i lupi: “D’estate qui non trovi un parcheggio, d’inverno siamo quattro gatti, il lago di Campotosto porta turismo, ma il turismo porta anche problemi. I sentieri si distruggono, la spazzatura si accumula, e poi quando il freddo torna, chi resta?”. Per finire con la minaccia più pericolosa, quella che rischia di cancellare per sempre una tradizione e una economia millenaria: l’abbandono del territorio: “Un tempo le pecore tenevano pulito il territorio e qui a Campotosto ce n’erano 30mila. Ora, con pochi allevatori rimasti, il pascolo si è trasformato in bosco incolto. Dove prima c’era erba buona, ora ci sono ginestre e rovi”.
Come sono chiari i problemi lo sono anche le possibili soluzioni. Le due allevatrici sono consapevoli che l’innovazione sia necessaria per non scomparire come è accaduto ai loro colleghi. Sanno che c’è una significativa domanda per i prodotti da allevamento naturale, sanno che bisogna lavorare sulla selezione delle razze, sul benessere degli animali, sul rapporto con cittadini e consumatori, sulla comunicazione che entrambe fanno sui social. Una di loro sta per aprire un punto vendita a Pizzoli e una fattoria didattica, un progetto pensato non solo per i bambini, ma anche per persone con disabilità: “Vorrei che fosse un luogo dove chi viene da fuori possa capire davvero cosa significa lavorare con gli animali e nella natura, un luogo di incontro”.
La speranza è che quelli che dovrebbero assicurare servizi di base come la scuola e l’acqua e chi opera nel turismo abbiano chiaro il quadro per il futuro della montagna come lo hanno queste due allevatrici. Magari anche cercando di evitare approcci teorici e pretese di immutabilità bucolica a uso e consumo di visitatori superficiali.
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