L'evoluzione ha permesso di adeguare la coscienza umana ai cambiamenti ambientali
Da quando i nostri antenati sono comparsi sulla faccia della Terra, quindi prima dell’arrivo della nostra specie Homo sapiens, la coscienza – una proprietà fondamentale, una caratteristica qualitativa, soggettiva e primaria della nostra mente – è stata coinvolta in un processo evoluzionistico darwiniano, come qualsiasi altro aspetto della nostra vita, inclusa quella di molte specie animali, certamente quella dei mammiferi superiori.
Questo è un punto importante da tener presente prima di discutere su questa funzione psicologica che regola e ha sempre regolato la nostra esistenza, anche se molti, inclusi alcuni scienziati, l’hanno relegata in un angolino inconsistente della nostra esistenza, addirittura in certi casi cancellandola (materialismo eliminativo) o riducendola ad altre entità, sostenendo che senza di essa avremmo potuto benissimo sopravvivere ed evolverci.
Probabilmente senza coscienza avremmo potuto sopravvivere, ma come degli insetti o al massimo come dei rettili, e certamente non saremmo mai diventati dei sapiens. Noi esseri umani non siamo né insetti e nemmeno dei rettili. Inoltre gli insetti sono così come sono sin dal Devoniano, cioè da più di quattrocento milioni di anni; hanno subito un processo evolutivo molto marginale e lento, insignificante, non come quello dell’essere umano che in poco più di quattro milioni di anni è passato da un “primitivo”Ardipithecus ramidus (uno dei nostri più lontani antenati), con un cervello di 400-500 cc, quindi poco più grande di quello di uno scimpanzé, a quello che è in questo momento, o meglio, da poco più di 150mila anni, un’inezia temporale.
Le posizioni fondamentalmente negazioniste, cioè di chi non considera la coscienza una parte fondamentale della nostra vita per poter fare tutte le cose che facciamo quotidianamente (amare, invidiare, credere, mangiare, provare vergogna, andare in bicicletta o al cinema eccetera), sono a dir poco singolari e incomprensibili. Secondo il mio modesto parere, queste idee non derivano solo dall’ignoranza, quella dei comuni mortali, o dalla inconsapevolezza (questo era comprensibile fino a quando gli uomini hanno realizzato che fosse la Terra a girare intorno al sole, non viceversa, e quindi che il tramonto fosse una illusione, non una realtà fisica), ma dal fatto che in questi ultimi decenni si è cominciato a pensare erroneamente che la nostra mente, quindi una mente cosciente, potesse essere sostituita da una mente artificiale.
Una mente artificiale è tale in quanto manca assolutamente di un substrato biologico che invece è sempre sottoposto a un continuo processo adattativo, cosa che certamente non avviene per la mente artificiale. Per intenderci, un’intelligenza artificiale non può evolvere, soprattutto non può farlo autonomamente. Ammesso poi che si possa parlare di intelligenza, essa rimane comunque e sempre la stessa nella sua inerte scatola nera. Rimane tale e quale fino a quando esiste materialmente, con i suoi alimentatori, batterie, porte di rete, processori, superconduttori, micro-chip eccetera.
Per esempio, tra qualche decennio tutti i nostri computer dovranno andare in discarica, diventeranno obsoleti, si dissolveranno insieme a tutti i loro programmi, soprattutto non potranno rigenerarsi come si rigenerano tutti gli animali e tutti i vegetali attraverso la riproduzione biologica: la trasmissione del patrimonio genetico di padre e madre in figlio. I computer dovranno essere ricostruiti e modificati in base alle nostre esigenze. Dovranno essere riadattati a nuovi scopi e interessi.
Come le piante per sopravvivere hanno bisogno della luce del sole, così noi esseri umani per sopravvivere, abbiamo bisogno non solo della luce del sole, ovviamente, ma anche della coscienza. Senza coscienza saremmo come degli zombi, anche se gli zombi, in realtà, non esistono, perché tutti gli esseri umani, possedendo un cervello, hanno una coscienza seppure nei limiti delle loro normali capacità intellettive e cognitive. Gli zombi esistono solo nella fantasia e in quella di alcuni scrittori che su questo argomento hanno scritto dei libri o in quella di alcuni registi cinematografici che ne hanno tratto dei film o ancora, in quella dei negazionisti. È molto singolare che questi ultimi neghino l’esistenza di una mente cosciente quando in realtà giungono a queste conclusioni proprio grazie alla loro mente cosciente e non privi di essa.
La coscienza, quindi, è una realtà, sebbene epistemica (delle cose che hanno a che fare con ciò che esiste soggettivamente) e non ontologica (delle cose che possono essere dimostrare oggettivamente), che quindi non potrà essere scientificamente dimostrata come qualsiasi altro fenomeno fisico. Va al di là del fisico. Inoltre non dobbiamo pensare la coscienza come una funzione psicologica statica e immodificabile; cambia con il tempo insieme a tutti i suoi processi soprattutto quelli sociologici perché le società, al contrario di quanto si possa pensare, cambiano velocemente, si evolvono, scompaiono anche o vengono sopraffatte da altre società insieme a tutti i loro comportamenti e modelli culturali.
La coscienza dei nostri lontani antenati non può essere messa a confronto con quella degli esseri umani dei nostri giorni. Uomini e animali cambiano e questo molto spesso dipende dall’ambiente in cui vivono; si adattano alle nuove esigenze e tendenzialmente tutti provano a migliorarsi.
Nei nostri antenati, non tanto lontani, per esempio durante il Medioevo, fino ad arrivare alla fine dell’800, forse anche oltre, le famiglie povere per garantire la loro sopravvivenza lasciavano morire di stenti i figli più piccoli, quelli appena nati, a volte li sopprimevano, perché li ritenevano deboli e sapevano che per farli sopravvivere avrebbero dovuto concentrare troppe energie a discapito degli altri figli più grandi che dovevano restare in vita per il futuro sostegno della famiglia. Ora, un’atrocità del genere sarebbe difficile solo a pensarla, anche se in verità abbiamo altri strumenti ipocritamente molto più raffinati per uccidere i bambini, per esempio con le guerre, con le epidemie incontrollate, con le malattie troppo costose da curare e con la povertà estrema. Questo vuol dire che i processi culturali modificano i valori morali degli uomini e quindi anche la loro coscienza.
Noi abbiano sempre pensato che la coscienza potesse estraniarsi dalle cose del mondo mentre in realtà è parte del mondo, della nostra vita e della sua evoluzione. Ai fini della nostra esistenza, la coscienza è quindi fondamentale, ci consente di accedere al mondo e a tutto quello che è al di fuori dei nostri stati di coscienza, senza dimenticare che la mente, come qualsiasi altra realtà, viene sottoposta nello spazio e nel tempo ai processi evoluzionistici. Senza una visione evoluzionistica della mente non andremo molto lontani, non capiremo che la mente, insieme a tutte le sue funzioni psicologiche, è alla base della nostra presenza sulla Terra.
Se un uomo del Neolitico dovesse passare all’istante in un mondo come il nostro, avrebbe delle grosse difficoltà a sopravvivere, così come se un uomo dei nostri tempi con la sua mente dovesse improvvisamente ritrovarsi a vivere nel Neolitico. Non saprebbe come sopravvivere, morirebbe di fame, non saprebbe come cacciare e soprattutto come relazionarsi con gli altri membri della comunità. Nella migliore delle ipotesi diventerebbe un disadattato, verrebbe emarginato. In conclusione, è l’evoluzione che ci ha permesso di adeguare la nostra coscienza ai cambiamenti ambientali, ai nuovi tempi e alla società in cui viviamo.