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Piattaforma delle materie prime critiche e mercato unico dei rifiuti: le proposte di Draghi per un’economia circolare Ue

Nel report presentato a Bruxelles le raccomandazioni per vincere la sfida con Usa e Cina: riciclo e misure per colmare il divario riguardante innovazione e tecnologie pulite
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Primo: ridurre i prezzi elevati dell’energia e decarbonizzare. Secondo: passare a un’economia circolare. Il rapporto Draghi sulla competitività dell’Europa rimane al centro dei riflettori anche a ventiquattr’ore dalla presentazione, come era prevedibile che fosse. Lo studio commissionato all’ex governatore della Bce dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen viene minuziosamente letto e commentato al di qua ma anche al di là dell’Atlantico, e c’è da scommettere che anche a Pechino non siano rimasti indifferenti di fronte alle raccomandazioni di Mario Draghi «per colmare il divario di innovazione con gli Stati Uniti e la Cina». I riferimenti alle politiche commerciali del Dragone sono molteplici nel report diffuso ieri e, cosa più interessante, non riguardano soltanto il fatto che «la quota di settori in cui la Cina è in diretta concorrenza con gli esportatori dell'area dell'euro è ora vicina al 40%, rispetto al 25% del 2002», ma anche i settori tematici in cui questi riferimenti compaiono.

Se le raccomandazioni sulla necessità di abbassare il costo dell’energia compaiono soprattutto in rapporto con gli Stati Uniti, su tecnologie pulite, mobilità sostenibile, dipendenza di minerali critici e disponibilità di altre materie prime il confronto è soprattutto con la Cina. Si legge infatti nel corposo documento dedicato al futuro dell’Europa, ora disponibile anche in italiano (Pdf scaricabile in fondo all’articolo): primo, «al più tardi entro il 2030, la capacità produttiva annuale della Cina per il solare fotovoltaico (Pv) dovrebbe essere il doppio del livello della domanda globale»; secondo, «l’Ue sta già assistendo a un forte deterioramento della sua bilancia commerciale con la Cina, che riflette in particolare le importazioni di veicoli elettrici, batterie e prodotti fotovoltaici»; terzo, «l’Ue è il secondo mercato in termini di domanda di energia solare fotovoltaica, eolica e di veicoli elettrici. In molti di questi settori, l'Ue ha goduto di un vantaggio industriale "first-mover" e ha stabilito una leadership, ma non è stata in grado di mantenerla costantemente. In alcuni settori, come quello del solare fotovoltaico, l’Ue ha già perso le sue capacità produttive e la produzione è ora dominata dalla Cina»; quarto, mentre noi ci siamo attardati sullo sviluppo di più sofisticati motori a combustione interna, la Cina, invece, «si è concentrata sull’intera catena di fornitura dei veicoli elettrici dal 2012 e, di conseguenza, si è mossa più velocemente e su scala più ampia e ora è una generazione avanti nella tecnologia dei veicoli elettrici praticamente in tutti i settori, producendo anche a costi inferiori»; quinto, l’Europa paga «un significativo svantaggio in termini di costi. Ad esempio, i costi di produzione dell’energia solare fotovoltaica in Cina sono inferiori di circa il 35-65% rispetto all’Europa e i costi di produzione delle celle per batterie sono inferiori del 20%-35%»; sesto, «la Cina fornisce oltre il 90% dei 70 miliardi di dollari di sovvenzioni globali nel settore dell’alluminio, oltre a ingenti sussidi per l’acciaio»; settimo, «l’Europa è particolarmente esposta. Ci affidiamo a una manciata di fornitori per le materie prime critiche, in particolare alla Cina, anche se la domanda globale di questi materiali sta esplodendo a causa della transizione verso l'energia pulita. Inoltre, dipendiamo enormemente dalle importazioni di tecnologia digitale. Per quanto riguarda la produzione di chip, il 75-90% della capacità globale di produzione di wafer si trova in Asia». 

Come si invertono queste tenenze? Come si superano queste dipendenze? Come si può competere di fronte a simili ricchezze di materie prime, aiuti statali, posizioni di vantaggio in campo tecnologico? Ecco, a queste domande, a questa «sfida esistenziale» per l’Europa, Draghi risponde mettendo al centro del ragionamento la decarbonizzaizone come fonte di crescita, aggiungendo però che ciò è necessario ma non sufficiente. C’è una serie di ulteriori azioni da mettere in campo, dice proprio a ridosso di questi passaggi, tutte sintetizzabili in un’unica espressione: economia circolare.

«L’Europa deve ridurre i prezzi elevati dell'energia continuando a decarbonizzare e a passare a un'economia circolare», scrive Draghi già nella decima delle 327 pagine del rapporto. E non a caso, perché l’altro tasto su cui batte riguarda il riciclo, come strumento per gareggiare con competitor molto più in vantaggio di noi, rispetto alla disponibilità di materie prime: «L’Ue deve anche sfruttare il potenziale delle risorse nazionali attraverso l’estrazione, il riciclaggio e l’innovazione nei materiali alternativi». Certo, non partiamo da zero, anzi. Ma dobbiamo saper sfruttare le potenzialità che abbiamo. «A differenza dei combustibili fossili, l’Ue dispone di giacimenti di alcune materie prime critiche, come il litio in Portogallo. Accelerare l’apertura di miniere nazionali potrebbe consentire all’Ue di soddisfare l'intera domanda di alcuni minerali critici». Riciclo e riuso sono concetti che tornano. Ad esempio, si legge nel report, «i materiali presenti nei veicoli elettrici dismessi, nei mulini a vento e in altri beni rappresentano un’ulteriore fonte di approvvigionamento che potrebbe essere sfruttata attraverso il riciclaggio». Al punto che «l’Ue potrebbe potenzialmente soddisfare da metà a tre quarti del suo fabbisogno di metalli per le tecnologie pulite nel 2050 attraverso il riciclaggio locale».

Ed ecco allora la proposta concreta che Draghi mette sul piatto: «Si raccomanda pertanto di istituire un vero mercato unico dei rifiuti e della circolarità. Per raggiungere questo obiettivo sarà necessario rafforzare il mercato secondario dei rifiuti di materie prime critiche, applicare efficacemente la legislazione esistente in materia di raccolta e spedizione dei rifiuti per consentire l'accumulo di scala e coordinare i controlli dell'Ue sulle esportazioni di rifiuti». E poi le raccomandazioni in tema di ricerca e sviluppo, su cui l’Europa può fare molto di più: «Per sostituire le materie prime critiche sarà fondamentale promuovere la ricerca e lo sviluppo di materiali o processi alternativi. Ad esempio, le aziende tecnologiche statunitensi hanno recentemente unito i laboratori di ricerca federali per utilizzare l'intelligenza artificiale e sviluppare un nuovo materiale che potrebbe ridurre del 70% il contenuto di litio nelle batterie».

Diventare più indipendenti rispetto ai mercati esteri, tanto quello statunitense quanto quello asiatico, crea un «costo assicurativo» per l’Europa, riconosce Draghi, «ma questi costi possono essere mitigati dalla cooperazione»: «Ridurre le dipendenze nei settori chiave in cui l’Europa è esposta richiederà investimenti significativi e comporterà costi notevoli. L’aumento della sicurezza del settore materie prime critiche richiede investimenti nell’estrazione - sia in patria che nei Paesi ricchi di risorse - nella lavorazione, nello stoccaggio e nel riciclaggio». E se è vero che l’Ue «non dispone di una strategia globale che copra tutte le fasi della catena di approvvigionamento (dall’esplorazione al riciclaggio) e, a differenza dei suoi concorrenti, l’estrazione e il commercio delle materie prime sono in gran parte lasciati agli attori privati e al mercato» è anche vero che le misure per ridurre la «vulnerabilità» dell’Europa sono a portata di mano. «L’Ue deve sviluppare una vera e propria “politica economica estera” basata sulla sicurezza delle risorse critiche.

Nel breve termine, l’Ue deve attuare rapidamente e pienamente la legge sulle materie prime critiche (Crma). Il rapporto raccomanda di integrare questa legge con una strategia globale che copra tutte le fasi della catena di approvvigionamento dei minerali critici, dall’estrazione alla lavorazione al riciclaggio». Ed ecco la seconda proposta concreta che viene consegnata ai paesi comunitari attraverso il report Draghi: «Per rafforzare la posizione dell’Europa nella fase di approvvigionamento, si propone di creare una piattaforma europea dedicata alle materie prime critiche. La piattaforma sfrutterebbe il potere di mercato dell’Europa aggregando la domanda per l’acquisto congiunto di materiali critici (secondo il modello utilizzato in Corea del Sud e Giappone) e coordinando la negoziazione di acquisti congiunti con i Paesi produttori. Contribuirebbe inoltre a ridurre i “costi assicurativi” per gli Stati membri gestendo le future scorte strategiche a livello di Ue, andando oltre la richiesta di scorte nazionali non vincolanti».

I commenti da parte dei vertici dei paesi comunitari finora non sono mancati. Non ci vorrà troppo tempo prima di capire se alle parole di apprezzamento seguirà un impegno concreto per dare sostanza alle raccomandazioni di Draghi.

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Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.