
La siccità taglia coltivazioni di riso per 8mila ettari, in Italia al minimo da 30 anni

Con 1,5 milioni di tonnellate all’anno, l’Italia garantisce da sola la metà dell’intera produzione di riso dell’Ue, con 9 risaie su 10 concentrate fra la Lombardia, Veneto e Piemonte: al nord però «è caduto il 40% di pioggia in meno rispetto alla media storica» secondo l’analisi condotta da Coldiretti su dati Isac-Cnr, col risultato che «verranno coltivati quest’anno in Italia quasi 8mila ettari di riso in meno per un totale di appena 211mila ettari, ai minimi da trenta anni».
Ma il problema non riguarda “solo” il riso: «L’allarme siccità riguarda in realtà tutte le coltivazioni alla vigilia delle semine 2023 con il fiume Po a secco che al Ponte della Becca (Pavia) si trova a -3,3 metri rispetto allo zero idrometrico, con le rive ridotte a spiagge di sabbia come in estate. La situazione – sottolinea la Coldiretti – è peggiore di quella dello scorso anno quando si è registrato una perdita di almeno 6 miliardi di euro nei raccolti a causa della siccità. Con il Po a secco rischia 1/3 del made in Italy a tavola che si produce proprio della pianura padana, dove si concentra anche la metà dell’allevamento nazionale».
Che fare, oltre a mitigare la crisi climatica in corso tagliando le emissioni di gas serra antropiche? «Di fronte al cambiamento climatico è necessario realizzare un piano invasi per contrastare la siccità ed aumentare la raccolta di acqua piovana oggi ferma ad appena l’11% – dichiara il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – Insieme ad Anbi e soggetti pubblici e privati abbiamo pronti una serie di interventi immediatamente cantierabili che garantiscono acqua per gli usi civili, per la produzione agricola e per generare energia pulita. Un intervento necessario anche per raggiungere l’obiettivo della sovranità alimentare».
