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L’Iran costruisce una nuova centrale nucleare nel Khuzestan

Tolleranza zero contro i manifestanti. Il regime: «200 morti nei tumulti». Sciolta la polizia morale?
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Il Consiglio di sicurezza iraniano ha dichiarato che «Nei recenti disordini nel paese, sono morte oltre 200 persone, tra cui forze di sicurezza, persone innocenti, rivoltosi e antirivoluzionari armati che erano legati a gruppi separatisti».  Infatti il regime teocratico iraniano accusa gli autonomisti del Rojhalat (Kurdistan orientale) e i separatisti del Partiya Jiyana Azad a Kurdistan (Pjak) e i Mojahedin-e Khalq (MEK - Mojahedin del Popolo Iraniano o Esercito di Liberazione Nazionale dell'Iran) di aver fomentato le rivolte che invece sono evidentemente spontanee e senza una vera e propria guida politica che non sia la rabbia delle ragazze e dei ragazzi iraniane/i – che sono la maggioranza della popolazione - che chiedono libertà e futuro.  Come scriveva già a ottobre Djene Rhys Bajalan su Jacobin, «La realtà è che la ribellione è un’esplosione di rabbia popolare diretta contro una teocrazia soffocante e repressiva – un’oligarchia capitalista vestita in abiti religiosi che cerca di disciplinare le masse iraniane attraverso l’imposizione della sua visione della moralità islamica».

I Mojahedin-e Khalq, un gruppo armato iraniano ex islamo-marxista che ha combattuto contro il regime dittatoriale dello Scià Reza Pahlevi e ha partecipato alla rivoluzione che ha portato al potere Ruḥollāh Moṣṭafāvī Mōsavī Khomeynī, è stato poi perseguitato e costretto all’esilio dalla Repubblica Islamica e, dopo che i Paesi occidentali hanno tolto i MEK dalla lista delle organizzazioni terroristiche, ora professano una politica laica e “socialdemocratica”, sono protetti dagli Usa e sono accusati dall’Iran di essere all’ordine e al soldo di Israele.  Il Pjak è invece accusato di essere il braccio armato in Iran del Partîya Karkerén Kurdîstan (PKK – Partito del lavoratori del Kurdistan) e per questo, nei giorni scorsi, l’Iran ha lanciato attacchi missilistici contro le basi del PKK in Iraq in appoggio all’invasione e agli attacchi aerei anti-kurdi della Turchia in Iraq e Siria.

Jîna (Mahsa) Amini, la ragazza la cui morte, avvenuta il il 16 settembre a Teheran, tre giorni dopo il suo arresto da parte della polizia morale, ha dato il via alle proteste era una kurda iraniana e lo slogan «Donne, vita e libertà» che risuona nelle strade e nelle piazze iraniane è in realtà uno slogan kurdo coniato proprio dal PKK che ha molte donne tra i suoi combattenti e che dice di voler costruire una società eco-socialista, federalista e basata sulla parità di genere. L’esatto contrario della società misogina e conservatrice che ha imposto la destra teocratica e misogina al potere a Teheran. Sempre Jacobin riassume bene la situazione: «Ma gli imperiosi tentativi di Washington di destabilizzare la Repubblica Islamica non dovrebbero offuscare la brutalità del governo stesso, né le proteste che hanno spinto le persone nelle strade. Nonostante la sua posizione geopolitica “controegemonica”, le sue origini “rivoluzionarie” e la sua retorica, la Repubblica islamica è fondamentalmente uno stato capitalista repressivo di destra».

Fonti indipendenti dicono che le vittime nella rivolta contro il regime sono quasi il doppio di quelli che ammette il governo e, alla vigilia delle nuove annunciate grandi manifestazioni antigovernative, il Consiglio di sicurezza iraniano ha avvertito che «Le forze di sicurezza, con tutta la loro forza e senza tolleranza, faranno fronte a ogni nuova rivolta, che finora è stata sostenuta dai servizi di intelligence stranieri. Per quanto riguarda i manifestanti, la Repubblica islamica dell'Iran li ha trattati con la massima tolleranza ma il piano del nemico per il prosieguo delle rivolte e la pazienza strategica del sistema ha causato gravi danni. Il Consiglio di sicurezza agirà in modo più deciso e le forze di sicurezza e di polizia con tutta la loro forza e determinazione non permetteranno più ad alcuni facinorosi con il supporto di agenzie di intelligence straniere di mettere in pericolo la sicurezza pubblica. Pertanto, qualsiasi disturbo dell'ordine pubblico e assembramento illegale a qualsiasi livello e luogo sarà affrontato con decisione e senza tolleranza».

Ieri però, intervenendo a una a una conferenza religiosa,  il Procuratore generale della Repubblica Islamica, Mohammad Jafar Montazeri, ha mandato un segnale di “pacificazione” annunciando una misura chiesta da settimane dai manifestanti: «La polizia morale iraniana, che ha il compito di far rispettare il codice di abbigliamento islamico del paese, è stata sciolta. La polizia morale non aveva nulla a che fare con la magistratura e è stata chiusa da chi era stata istituita. Il controllo della forza spetta al ministero dell'Interno e non alla magistratura». Sabato, intervenendo al Parlamento iraniano, Montazeri aveva annunciato che la legge che impone alle donne di indossare l'hijab sarebbe stata riesaminata. Ma  questo non significa che la legge, che non sono riusciti a modificare nemmeno i governi moderati,  verrà modificata. Dalla rivoluzione islamica del 1979, l'Iran ha avuto varie forme di "polizia morale", ma l'ultima versione – la Gasht-e Ershad), la principale agenzia incaricata di far rispettare il codice di condotta islamico dell'Iran, ha iniziato a pattugliare strade e piazze nel 2006 per far rispettare il codice di abbigliamento che richiede alle donne di indossare non solo lo l'hijab  ma anche abiti lunghi e vieta pantaloncini, jeans strappati e altri vestiti ritenuti immorali.

Mentre l’Iran brucia in una rivolta spontanea contro una gerontocrazia islamista ormai difesa solo dai Pasdaran e dall’esercito, mentre continua una devastante crisi economica  dovuta anche alle sanzioni occidentali, mentre il cambiamento climatico sta devastando e desertificando intere province iraniane… il capo dell'Organizzazione per l'energia atomica dell'Iran (AEOI), Mohammad Eslami, ha annunciato «L'inizio delle operazioni di costruzione di una centrale nucleare nella provincia sud-occidentale del Khuzestan» e ha elogiato «I notevoli progressi del Paese nello sviluppo di centrali nucleari».

Secondo Press TV, il 3 dicembre Eslami ha inaugurato la costruzione della centrale nucleare Karun, nel distretto di Darkhovein nella contea di Shadegan della provincia sudoccidentale del Khuzestan è, in un Paese che ha enormi giacimenti di petrolio e gas e ancora più grandi risorse per produrre energia rinnovabile solare ed eolica, ha  annunciato che «Il governo si sta muovendo verso la produzione di energia e carburante a basso costo; quindi lo sviluppo di centrali nucleari è all'ordine del giorno di questa organizzazione».

In base a  rapporti governativi, l’agenzia ufficiale iraniana Pars Today scrive che «La centrale è del tipo a reattore ad acqua pressurizzata (PWR) e con la capacità di produrre 300 megawatt di elettricità sarà costruita su un terreno di circa 50 ettari nelle vicinanze del fiume Karun».

Eslami ha affermato che «Il movimento ad alta velocità verso lo sviluppo di centrali nucleari è iniziato in tutto il Paese. L'inizio delle operazioni di costruzione della centrale nucleare di Karun è avvenuto a questo proposito per aumentare la quota di energia nucleare nel paniere elettrico del paese a circa il 20%, grande passo avanti nell'orizzonte ventennale».

Il capo dell’AEOI ha sottolineato che «La centrale elettrica da 300 megawatt è importante per il sud-ovest del Paese, in particolare per la provincia del Khuzestan. Speriamo di costruire la centrale elettrica come primo passo per la costruzione di piccole centrali elettriche al fine di creare una nuova capitolo della capacità industriale e tecnologica del Paese, e anche per espandere questa tecnologia anche a livello generale. La costruzione della centrale di Karun è in linea con la missione dell'AEOI di produrre elettricità nucleare attraverso la costruzione di centrali nucleari autoctone. Il tempo approssimativo per il completamento del progetto è di 8 anni, che viene effettuato utilizzando il massimo capacità nei campi della progettazione, fornitura di apparecchiature e costruzione di centrali nucleari».

Il tutto in uno dei Paesi a più elevato rischio sismico del mondo e dove la scarsità di acqua potabile (le centrali nucleari sono pesantemente idro-esigenti) è diventato u gravissimo problema ambientale e sociale che ha scatenato rivolte in alcune province iraniane

Poi Eslami  ha fornito una stima finanziaria dell'attuazione del progetto decisamente molto bassa «Circa due miliardi di dollari», e ha ribadito che «Uno dei vantaggi del progetto è la fornitura di elettricità alla regione e alla provincia sud-occidentale». E ha concluso ricordando che «Negli ultimi anni, gli scienziati iraniani hanno compiuto notevoli progressi nel campo della tecnologia nucleare pacifica nonostante le dure sanzioni imposte dall'Occidente».

E se l’annuncio dell’avvio della costruzione della centrale nucleare di Karun vuole sicuramente essere una dimostrazione di forza e continuità per un regime traballante, potrebbe essere la pietra tombale sui colloqui per un accordo sul nucleare iraniano e rappresentare la “scusa” per Israele -  dove il superfalco di destra Benjamin Netanyahu è tornato al potere con l’appoggio dell’estrema destra religiosa - per sferrare quell’attacco aereo contro il nucleare iraniano minacciato da anni.

Redazione Greenreport

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