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Giornata mondiale contro la desertificazione e la siccità, Legambiente e Wwf: a rischio biodiversità, agricoltura e rifornimenti idrici

Urgente intervenire con un approccio circolare e una gestione equa, razionale e sostenibile dell'acqua
 |  Acqua

Nella Giornata Mondiale contro la desertificazione e la siccità, Wwf e Legambiente lanciano l’allarme per l’Italia e il Panda riassume così una situazione allarmante: « Niente neve sulle Alpi, il Lago Maggiore è ai minimi storici del periodo, il Po è colpito da una siccità gravissima mentre in alcune regioni del sud le reti idriche portano ad una dispersione d’acqua del 60% o 70%. Il 17 di giugno non siamo ancora in piena estate, secondo il calendario delle stagioni, ma già soffriamo uno dei livelli di siccità più alti mai registrati». 

E il Cigno Verde conferma: «Acqua sempre più rischio a causa della crisi climatica. Le immagini di questi mesi dei fiumi in secca, la richiesta di razionamento acqua in 125 comuni italiani, e il possibile stato di emergenza per alcune regioni, è un grave segnale d'allarme».

Il rapporto "Il Clima è già cambiato" pubblicato nel 2021 da Legambiente evidenzia che «I cambiamenti climatici stanno accelerando anche il rischio desertificazione in intere regioni come Sicilia, Abruzzo e Molise. I bacini idrici dell’isola hanno visto 78 milioni di metri cubi d’acqua in meno rispetto al 2020, secondo rilevamenti del Dipartimento regionale Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia, segnando il livello più basso del decennio».

Per questo Legambiente, in occasione della giornata mondiale contro la desertificazione e la siccità, torna a ribadire «L'urgenza di una gestione equa, razionale e sostenibile della risorsa idrica attraverso un approccio circolare. Servono interventi concreti da mettere in campo insieme ai piani di adattamento al clima, a più risorse su priorità ben definite e replicando le buone pratiche in atto sul territorio».

Il presidente nazionale di Legambiente, Stefani Cafani, ricorda che «L'emergenza siccità e la scarsità di acqua  sono due problemi con i quali dovremo convivere. Per questo prima di tutto serve rivedere gli usi e i consumi, puntando ad una diminuzione di prelievi ed un efficientamento degli usi. Una siccità prolungata comporta danni diretti derivanti dalla perdita di disponibilità di acqua per usi civili, agricoli e industriali ma anche perdita di biodiversità, minori rese delle colture agrarie e degli allevamenti zootecnici, e perdita di equilibrio degli ecosistemi naturali».

Il Panda denuncia: «La crisi climatica, l’aumento dei consumi d’acqua, caratterizzati anche da notevoli sprechi (basti pensare alle perdite delle rete idriche di distribuzione che in alcuni casi arrivano a oltre il 50%) o da utilizzi certamente non prioritari dell’acqua - consumiamo parecchi milioni di metri cubi l’anno d’acqua solo per garantire la neve artificiale fino a maggio per gli appassionati di sci- obbligano a rivedere i nostri usi e consumi di questa risorsa indispensabile per la nostra vita e la vita sulla terra».

Per Legambiente, le azioni da mettete in campo sono: «Interventi strutturali per rendere efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato, che permetterebbe da un lato di ridurre le perdite di rete - e di conseguenza ridurre i prelievi - e dall'altro di poter riutilizzare le acque reflue depurate in agricoltura e nei cicli produttivi grazie anche alla separazione delle reti fognarie e all'investimento sullo sviluppo di sistemi depurativi innovativi e con tecniche alternative; misure di incentivazione e defiscalizzazione in tema idrico come avviene per gli interventi di efficientamento energetico; prevedere l’obbligo di recupero delle acque piovane e installazione di sistemi di risparmio idrico e il recupero della permeabilità in ambiente urbano attraverso misure che di de-sealing; utilizzare i Criteri Minimi Ambientali nel campo dell’edilizia per ridurre gli sprechi; implementare i sistemi di recupero e riutilizzo delle acque».

Preoccupanti anche i dati sulle persone che vivono in aree considerate sotto stress idrico. Secondo gli ultimi studi della Commissione Ue, il numero di persone che vivono in aree considerate sotto stress idrico per almeno un mese all’anno potrebbe passare dai 52 milioni attuali (11% della popolazione europea) a 65 milioni in uno scenario di riscaldamento di 3°C, il che equivale al 15% della popolazione dell’Ue. La maggior parte delle persone esposte a stress idrico vive nei paesi dell’Europa meridionale, tra cui Spagna (22milioni; 50% della popolazione nazionale), Italia (15 milioni; 26%), Grecia (5,4 milioni; 49%) e Portogallo (3,9milioni; 41%). Le intere popolazioni di Cipro e Malta sono considerate in carenza d’acqua. Nel Mediterraneo il periodo di stress idrico può superare i 5 mesi e durante l’estate, lo sfruttamento dell’acqua può avvicinarsi al 100%.

Infine, secondo il centro Emdat (the International Disaster Database), che conduce ricerche sugli eventi estremi, l’Italia è stata colpita negli ultimi 25 anni da 4 principali eventi legati alla siccità (rispettivamente nel 1997, 2002, 2012, 2017) che hanno causato, si stima, costi per oltre 5 miliardi di dollari (5.297.496.000 $) (per il 48% dovuti alla crisi idrica del 2017).

Anche il Wwf ricorda che «L’Italia e il Mediterraneo sono una delle aree nel mondo più sensibili alle variazioni climatiche, un hotspot a livello mondiale. È estremamente urgente abbattere le emissioni di gas serra, abbandonando una volta per tutte i combustibili fossili, e rivedere tutte le concessioni idriche (agricole, industriali, civili) riducendole in funzione delle effettive disponibilità d’acqua. Quando non è gestita e prevista adeguatamente, la siccità è uno dei motori della desertificazione e del degrado del territorio, nonché una tra le cause di aumento di fragilità degli ecosistemi e di instabilità sociale. La dimensione degli impatti connessi alla siccità dipende anche dalla vulnerabilità dei settori più esposti, tra cui l’agricoltura, la produzione di energia (non solo quella idroelettrica, ma anche le centrali termoelettriche che usano l’acqua dolce) l’industria, l’approvvigionamento idrico per le abitazioni, gli ecosistemi».

Il Wwf  sottolinea anche l’aspetto naturalistico: «La prolungata siccità di quest’anno ha provocato e sta provocando danni alla biodiversità, soprattutto a tutti quegli organismi legati alle acque interne: il prosciugamento di molte piccole e grandi zone umide, tra marzo e maggio, ha impedito o ridotto drasticamente la riproduzione di molte specie di anfibi, alcune delle quali in uno stato di conservazione già critico come il Pelobate fosco insubrico, la Rana di lataste o il Tritone crestato italiano. Ci sono state morie di pesci in tratti fluviali e zone umide rimaste completamente a secco; inoltre l’asciutta di molti ecosistemi sta mettendo ancora di più in crisi molte specie autoctone favorendo l’ulteriore diffusione di specie alloctone: è il caso delle “cozze d’acqua dolce” (generi Unio, Anodonta, Microcondylea), poco conosciute ma molto diffuse, almeno fino a un recente passato, nelle nostre acque interne, che si stanno rarefacendo sempre più a causa del degrado ambientale e della loro condizione di “filtratori” - sono il gruppo faunistico in assoluto più a rischio - a scapito di alcune specie aliene come la grande cozza asiatica, Sinanodonta woodiana che riesce a sopravvivere per lunghi periodi di asciutta dei corpi idrici senza particolari problemi.

L’acqua è il vero convitato di pietra della crisi climatica. Se la siccità rischia di diventare una piaga costante in Europa Meridionale, in particolare nei Paesi del Mediterraneo, nel mondo la preoccupazione per questo fenomeno è altrettanto alta».

Il Wwf conclude proponendo a sua volta alcune soluzioni: «La prima cosa da fare è adoperarsi davvero per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, come previsto dall’Accordo di Parigi, vale a dire abbattere le emissioni di gas serra, a partire dal CO2 e metano, abbandonando i combustibili fossili e puntando su fonti rinnovabili, risparmio/efficienza energetica e decarbonizzazione in tutti settori. Un contributo molto significativo, sia per la mitigazione che per l’adattamento, verrà dalle soluzioni basate sulla natura (Nature Based Solutions, NBS), attraverso la protezione, il ripristino e la gestione sostenibile dei serbatoi naturali di carbonio. Inoltre è indispensabile  riaffermare la pianificazione a livello di bacino idrografico con il coordinamento di un soggetto unico, l’ Autorità di bacino distrettuale, in grado di definire le priorità a scala di bacino e ridefinire i fabbisogni in base a un aggiornato e reale bilancio idrico; per questo è necessario rivedere tutte le concessioni idriche (agricole, industriali, civili) riducendole in funzione delle effettive disponibilità  d’acqua, di un più efficiente utilizzo (già possibile in diversi settori) garantendo anche il vitale deflusso ecologico nei corsi d’acqua, fondamentale per garantire a lungo termine l’uso plurimo della risorsa attraverso, la ricarica delle falde e un generale riequilibrio del ciclo idrologico. Infine è indispensabile ridurre gli sprechi (a cominciare da un’efficiente manutenzione della rete di distribuzione) ed eliminare consumi d’acqua ormai anacronistici, soprattutto di fronte a questi fenomeni sempre più estremi dovuti alla crisi climatica, come l’uso dell’acqua per l’innevamento artificiale: adattarsi significa anche adeguare i nostri stili di vita alla nuova situazione climatica».

Redazione Greenreport

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