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Intervista al presidente Tiziano Scarpelli

Chiudere il cerchio della gestione rifiuti per lottare contro la crisi climatica: l’esempio di Siena

Sienambiente ha concluso un investimento da 44 mln di euro alle Cortine, dotando il territorio di un biodigestore anaerobico e di un innovativo sostituto al Tmb: ora l’asticella si alza ancora
 |  Toscana
Impianto Cortine Sienambiente

Se tutto il pianeta potesse essere racchiuso nello splendido fazzoletto di toscana che racchiude la provincia di Siena, la crisi climatica sarebbe già un ricordo: il territorio è la prima area vasta d’Europa – e dunque con tutta probabilità al mondo – a essere certificata a emissioni nette zero.

Ovvero, i gas serra rilasciati localmente sono stati ridotti tanto da far sì che gli ecosistemi locali possano assorbirli tutti (e anche di più). Il tutto senza sacrificare la crescita economica e, ancora più importante, il benessere dei cittadini.

Un risultato che è stato possibile grazie anche alla presenza d’impianti di prossimità per chiudere il ciclo di gestione dei rifiuti urbani, grazie all’attuazione dei piani industriali della partecipata pubblica Sienambiente, che adesso sta alzando ulteriormente l’asticella. Ne abbiamo parlato col presidente, Tiziano Scarpelli.

Intervista

Il più recente Piano industriale, presentato nel 2022 da Sienambiente con orizzonte 2026, ha superato il giro di boa: a che punto è l’attuazione?

«Il piano industriale è ampiamente oltre la metà dell’attuazione. Abbiamo investito 5 mln di euro ad Abbadia San Salvatore, con lavori – terminati lo scorso anno – in grado di allungare di 10 anni la vita della discarica. Nel marzo 2024 abbiamo poi completato il revamping degli impianti nel polo delle Cortine (nella foto), attraverso un importantissimo investimento da 44 mln di euro, che sta al cuore del nostro Piano industriale.
Quest’ultima è stata una partenza a step, perché gli impianti in gioco sono molto complessi: abbiamo appena attivato la linea Re-Mat e il polo impiantistico andrà dunque pienamente a regime in questa prima metà di giugno».

Quali sono i principali interventi del Piano industriale che restano da completare?

«Soprattutto gli interventi di manutenzione straordinaria al termovalorizzatore di Foci, perché dopo 16 anni di esercizio ne ha bisogno per restare in piena efficienza e allungare la vita dell’impianto. Si tratta di un investimento per altri 3 mln di euro, che metteremo in campo tra il 2024 e 2025 cogliendo l’occasione del fermo impianto già in programma per la manutenzione ordinaria».

Il fiore all’occhiello del Piano industriale è dunque il revamping dell’impianto delle Cortine, con quali vantaggi per il territorio?

«Quello messo in campo alle Cortine è un investimento molto ambizioso, con due aspetti in particolare molto innovativi. Il primo è la realizzazione del biodigestore anaerobico, prima assente nel polo, che permette di impiegare i rifiuti organici raccolti in modo differenziato per la produzione di biometano da immettere in rete – in quantità tali da coprire il fabbisogno di 1.800 famiglie – e poi del compost, impiegando a tal fine il digestato; il tutto catturando l’anidride carbonica generata nel processo, per poi immetterla sul mercato della CO2 alimentare. Si evita così l’immissione in atmosfera di oltre 100mila t/a di CO2, offrendo al territorio uno strumento utile contro la crisi climatica.
Il secondo aspetto sta nell’avvio della nuova linea Re-Mat, che va a sostituire il vecchio impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb) per il trattamento dei rifiuti indifferenziati, in modo da massimizzare il recupero di materia diminuendo al contempo gli scarti da portare a termovalorizzazione o discarica».

In media solo l’1% dei materiali in uscita dai Tmb italiani, i cosiddetti “impianti a freddo”, possono essere poi avviati a riciclo. Qual è la performance della linea Re-Mat?

«Partendo dal 3% del nostro precedente impianto Tmb, con Re-Mat contiamo di recuperare dai rifiuti indifferenziati il 20%: materiali avviabili a riciclo come metalli, vetro, plastiche, conferiti erroneamente dai cittadini nell’indifferenziato. Il tutto permetterà di ridurre il conferimento in discarica dal 25% attuale a meno del 10%, aumentando anche le possibilità di recupero energetico da effettuare, in una visione integrata di gestione dei rifiuti, nel termovalorizzatore di Foci».

Resterà dunque un 80% di rifiuti indifferenziati non avviabili a riciclo meccanico. Anche i migliori “impianti a freddo” come Re-Mat sono dunque complementari e non alternativi al recupero energetico?

«Assolutamente sì, sono complementari. L’obiettivo è quello di diminuire sensibilmente il conferimento in discarica, rispettando la gerarchia europea di gestione e guardando agli obiettivi Ue di riferimento per i rifiuti urbani. Ridurre il ricorso alla discarica è il tema ambientale più dirimente, in quest’ottica per noi l’impiego del termovalorizzatore non è in discussione».

La provincia di Siena è la prima area vasta d’Europa a emissioni nette zero, offrendo un modello di lotta alla crisi climatica per l’intero continente, sebbene ancora non sufficientemente conosciuto. Qual è il contributo degli Sienambiente a questo risultato?

«Un contributo significativo, perché quando nel 2006 l’Università di Siena ha iniziato il monitoraggio delle emissioni, il primo passo per arrivare poi alla certificazione carbon neutral, dal ciclo di gestione rifiuti arrivava un contributo pesante in termini di CO2, principalmente per due motivi: l’ampio ricorso agli smaltimenti in discarica e il ricorso all’export per carenza d’impianti di prossimità. Gli impianti industriali messi in campo in questi anni da Sienambiente hanno permesso di incidere su entrambi i fronti, abbattendo in modo deciso la CO2 derivante dalla gestione rifiuti.
Anche grazie a questo contributo, la provincia di Siena è l’unica area vasta europea certificata a emissioni zero, un risultato straordinario per questo territorio e non solo, che andrebbe comunicato con ancora maggior convinzione».

Ha accennato al problema del turismo dei rifiuti urbani, che macina ogni anno 89 mln di km con 160mila viaggi di camion che trasportano la spazzatura lungo lo Stivale in cerca d’impianti. Sul territorio senese invece c’è sostanziale autosufficienza impiantistica?

«Con la definizione e l’attuazione dei piani industriali di Sienambiente il problema del turismo dei rifiuti, per quanto riguarda gli urbani e i rifiuti di derivazione urbana, non c’è: il senese è di fatto autosufficiente per raccolta, trattamento e smaltimento dei propri rifiuti e lo sarà per almeno i prossimi 15-20 anni grazie al polo delle Cortine, al termovalorizzatore di Foci e la discarica presente ad Abbadia per chiudere il cerchio».

L’ingresso del gruppo Iren nella compagine sociale di Sienambiente sta portando anche a investimenti innovativi sul fronte del riciclo, come nel caso di Semia Green: in cosa consiste il progetto?

«Il gruppo Iren ha capacità sia d’investimento sia di know-how tecnologico molto importante, garantendo affidabilità. Il progetto Semia poggia proprio su queste basi, con l’idea di declinare sul territorio un modo di fare industria con il riciclo come core business: è quanto sta accadendo a Rapolano, dove con Semia Green ricicleremo il 95% dei materiali con cui sono stati costruiti i pannelli fotovoltaici dismessi. 
Lo stabilimento è già in costruzione e contiamo di andare a regime nei primi mesi del 2025, in una fase in cui sarà importante farsi trovare pronti, perché i più vecchi impianti fotovoltaici inizieranno ad arrivare a fine vita e sarà importante riciclarne il più possibile».

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.