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Economia circolare, al nuovo Piano toscano manca l'ultimo step: poi 180 giorni di fuoco

Dopo il via libera in commissione Ambiente, l’approdo in Aula è previsto per martedì prossimo. A quel punto il nodo impianti emergerà nella pianificazione degli Ato
 |  Toscana

La commissione Ambiente del Consiglio regionale toscano ha approvato ieri (a maggioranza) il nuovo Piano regionale dell’economia circolare (Prec), che si avvicina così alla conclusione di un lungo e partecipato iter legislativo – iniziato nel 2021 tramite il lancio della manifestazione d’interesse sui nuovi impianti – con l’approdo in Aula previsto per martedì prossimo.

«Esprimo grande soddisfazione per il momento che andremo a vivere e voglio ringraziare l’assessore Monni, la presidente De Robertis per l’impostazione del lavoro in commissione, e grande riconoscenza per l’apporto degli uffici di Consiglio e Giunta – commenta il consigliere Francesco Gazzetti (Pd) – Ho fatto un po’ di conti e la Commissione ha dedicato 32 sedute per analizzare il Piano, che ha preso il via dal 23 febbraio 2022, con la comunicazione in Aula dell’assessore in questi 1050 giorni abbiamo lavorato per intervenire su un settore strategico, ancorandolo alla economia circolare, scrivendo insieme una pagina della quale dobbiamo andare fieri; oggi consegniamo al Consiglio regionale un grandissimo lavoro».

Il Prec si concentra prevalentemente sulla gestione dei rifiuti urbani – gli speciali sono il quintuplo ma, come noto, per legge ricadono all’interno delle dinamiche di mercato –, ma puntando comunque a “la “teorica” autosufficienza regionale di trattamento dei rifiuti, ovverosia il conseguimento di condizioni che consentano il rispetto del principio di prossimità, annullando pertanto le quote di rifiuto esportato” per quanto riguarda gli speciali, oltre a perseguire il criterio di “tendenziale autosufficienza a livello di Ato per la gestione dei rifiuti urbani”.

La differenza tra la presenza o meno di nuovi impianti è resa plasticamente dalla distanza tra scenario inerziale (senza l’introduzione di specifiche nuove azioni) e programmatico. Nell’anno a regime del piano (2028), lo scenario programmatico propone raccolta differenziata al 75% (contro il 65% dello scenario inerziale), riciclo dei rifiuti urbani al 65% (contro 44%) che sale al 71% nel 2035 (vs 48%), smaltimento in discarica per gli urbani inferiore all’1% (vs 36%). Ampliando le osservazioni anche ai rifiuti speciali, spicca il dato sul fabbisogno agli smaltimenti in discarica per il periodo 2022-2028: 8,30 mln ton (tra urbani e speciali) nello scenario programmatico contro i 10,78 di quello inerziale.

Ma come si pensa di poter arrivare all’autosufficienza degli Ato entro il 2028? Il vicepresidente della Commissione, Alessandro Capecchi (FdI), pur riconoscendo che il Piano è «frutto di un lavoro enorme» ne sottolinea quelli che ritiene essere gli aspetti negativi: «Questo è un Piano parziale perché non è localizzativo, né prescrittivo, tanto che sugli impianti si fanno scelte di fondo senza mettere dei termini e delle regole precise».

La questione è annosa ma sostanziale. In punta di diritto compete ai Piani d'Ambito, e non alla Regione, l'individuazione degli impianti di riferimento atti ad assicurare che la gestione avvenga in luoghi prossimi a quelli di produzione. In altre parole, per localizzare davvero gli impianti servirà superare le sindromi Nimby (non nel mio giardino) e soprattutto Nimto (non nel mio mandato elettorale) che ne frenano da sempre la realizzazione: necessità e timore sottolineati anche da Legambiente Toscana nel corso dell’ultimo Forum regionale dell’economia circolare.

Il bicchiere mezzo pieno parla di un Prec che, sebbene non ancora approvato, sta già avanzando sui territori. A dicembre 2024 la tabella di marcia mostra 11 impianti realizzati o in fase di realizzazione; 8 per i quali sono in corso le procedure; 14 per i quali l’azienda proponente ha previsto una data diversa per la presentazione dell’istanza (tra i quali rientrano le ipotesi impiantistiche di Alia per Pontedera e Rosignano, mentre sul gassificatore empolese è già stata comunicata la rinuncia); in 4 casi non è stata presentata né è prevista un’istanza (spicca il caso del riciclo chimico un tempo in ipotesi all’Eni di Livorno); altri 4 infine sono i casi esclusi.

Se il profilo quantitativo mostra un buon andamento, i timori si concentrano sul tipo d’impianti che stanno avanzando: sappiamo che la più rilevante urgenza per chiudere il cerchio della gestione rifiuti in Toscana è quella di ridurre l’impiego della discarica per far spazio, oltre a un maggior riciclo meccanico, anche al recupero energetico o al riciclo chimico. Ma un solo impianto di questo tipo rientra tra quelli con procedure in corso: l’ossicombustore di Peccioli, con l’auspicio che possa offrire nei prossimi anni un’alternativa impiantistica alla Toscana costiera, che ha appena visto chiudere prematuramente il termovalorizzatore di Livorno. Se l’Ato sud è già sostanzialmente autosufficiente per la gestione dei rifiuti di derivazione urbana, il centro della Toscana resta sguarnito.

Dopo l’approvazione definitiva del Prec, la legge prevede che siano i singoli Ato e dunque i Comuni che li compongono ad aggiornare – entro 180 giorni – i propri piani d’ambito, localizzando gli impianti. Ma se tali impianti non avranno neanche iniziato il proprio iter autorizzativo, né perverranno nuove proposte da parte dei gestori, la soluzione non potrà essere continuare a incrementare i flussi a discarica, perché l’Ue impone di ridurne progressivamente l’impiego: l’unica via, a quel punto, sarebbe bandire gare per esportare i rifiuti toscani verso lontani termovalorizzatori. Presumibilmente all’estero, peggiorando di molto il bilancio ambientale rispetto all’uso di impianti di prossimità.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.